Aumenta la qualità dei vini, aumenta l’imprevedibilità di un clima al netto del cambiamento climatico, aumentano le sfide in un mercato sempre più affollato, aumentano i followers sui social network, ma la domanda è sempre quella: perché l’Italia non può essere competitiva, in particolare sui prezzi, con la vicina Francia? Insomma niente di nuovo, ma nella tavola rotonda condotta dal neo produttore, nonché giornalista simbolo dell’approfondimento politico italiano, Bruno Vespa, arrivano diversi spunti, che si legano al ricordo di uno dei personaggi che ha segnato di più il “Rinascimento” del vino italiano, Giacomo Tachis. A fare gli onori di casa, è proprio il Marchese Piero Antinori, nella cantina Antinori nel Chianti Classico: “il Rinascimento del vino italiano, negli ultimi 45 anni ha rivoluzionato il commercio del vino. Privilegiando la qualità rispetto alla quantità. E Giacomo Tachis è stato il protagonista. Insieme abbiamo condiviso tante speranze e qualche delusione. Ma lui aveva capito che la Toscana aveva un potenziale straordinario, implementando il sogno di migliorare la qualità. Affermando il vino italiano sui mercati internazionali. Lui aveva capito, studiando la Francia, il percorso che portava alla qualità. Il periodo della nostra collaborazione è stato bellissimo, lo ricordo come uno dei più belli ed anche con un po’ di nostalgia. Poiché si parla di un periodo di grande innovazione, di ricerca di nuove strade”.
A tracciare il solco del ricordo di questo enologo è anche Marco Pallanti del Castello di Ama: “Tachis ha sempre dubitato sulle cose ed è sempre voluto andare a fondo nella conoscenza delle cose. Con un occhio sempre verso l’esterno, verso i più bravi. Ho iniziato a lavorare al Castello di Ama, nei primi anni ‘80, ed il vitigno complementare al Sangiovese era solo il Cabernet, ma non si sposava bene con il territorio. Guardando all’estero, specialmente nella zona di Bordeaux, iniziamo a pensare al Merlot. La prima vendemmia è del 1985, e da lì che nasce l’Apparita. In quegli anni era difficile catturare l’attenzione della critica e del pubblico internazionale. Siamo da lì arrivati a far conoscere il Chianti Classico e grazie a questo riusciamo a fare bella figura”.
Messa da parte la nostalgia dei tempi che sono stati, il presente si ripropone prepotentemente con la domanda da giornalista d’esperienza di Vespa, che con tempi televisivi spiazza platea d’ospiti e di pubblico, chiedendo: “come si alza il prezzo del vino?”
Domanda da un milione di dollari, o meglio da 6 miliardi di euro, valore dell’export del vino italiano, alla quale risponde con chiarezza Stefano Cordero di Montezemolo dell’Università di Firenze: “i francesi hanno un prezzo medio quattro volte superiore al nostro. Ci sono delle logiche economiche e competitive che funzionano al di là del fatto che la tecnologia e le competenze enologiche abbiano fatto crescere la competenza. Poi bisogna scontrarsi col mercato. E quindi la competenza tecnica, abbinata alla pratica, degli enologi è riuscita a produrre valore. Il prezzo concorre a posizionare un vino. L’esempio dell’Australia: hanno iniziato ad aggredire il mercato con un prezzo sempre al ribasso, creando l’impossibilità di alzare il prezzo in un futuro. Per quando riguarda l’Italia non è utile inseguire il mercato francese che è di un’altra fascia. Noi dobbiamo guardare alla fascia di medio livello ed affermarsi su questa. Il vino ha bisogno di raggiungere l’identità. Coerente tra l’identità dell’azienda e dei vini che produce. La grandezza di Tachis è stata quella di essere l’enologo all’interno di un’azienda. Mettendosi a servizio di un progetto, poco personale ma a livello di azienda”.
Parola quindi all’enologo di casa Antinori, e direttore generale, Renzo Cotarella, che ha raccolto il testimone proprio da Tachis: “tirare su i prezzi è qualcosa di difficile, ma necessario. Dobbiamo riuscire a capire a che punto siamo. Ma l’aumento dei prezzi deriva da fare prodotti di estrema qualità, non può essere la nicchia a giustificare l’aumento. Bisogna che ci sia personalità, profondità e che sappiano resistere alla prova del tempo. Non devono essere meteore. Bisogna creare fascino di un singolo vino. Il Chianti Classico ne è un esempio per la sua duplice anima tra il maschile e femminile. Bisogna che ci sia un percorso che riguarda tutta la produzione che richiede unione tra tutta la filiera e tanta pazienza. Bisogna anche saper distribuire i vini”.
Continua Piero Antinori: “siamo sulla buona strada per far crescere il prezzo. L’opportunità deriva dai giovani che, nonostante le stime dicano che c’è un allontanamento dal consumo di vino, hanno una grande curiosità nell’esplorare cose diverse. Il mondo del vino è comunque un mercato competitivo che si è aperto su più canali e mondi, come la California, il Cile e l’Asia. Noi dobbiamo rispondere generando valore con la cultura che abbiamo, dal paesaggio alla nostra storia”.
Sul palco anche “mister Amarone” Sandro Boscaini, che aggiunge: “in Italia esiste una grande cultura, radicata del vino. Non esiste però la cultura di impresa. È un problema che nasce dal sistema fiscale. Bisogna dare un valore al vino, passando anche da un sistema tributario migliore. Questo può essere la chiave per rilanciare l’impresa”.
Insomma, “le risposte ci sono, anzi sono dentro di noi. Ma sono sbagliate”, per citare Corrado Guzzanti nel famosissimo “Quelo”. Patrimonio vinicolo, artistico, paesaggistico, capitale umano. Le sfide dell’Italia per il futuro sono quindi tante, quale sarà dunque la strada migliore? Passaparola.
Copyright © 2000/2024
Contatti: info@winenews.it
Seguici anche su Twitter: @WineNewsIt
Seguici anche su Facebook: @winenewsit
Questo articolo è tratto dall'archivio di WineNews - Tutti i diritti riservati - Copyright © 2000/2024