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Cresce la giungla dell’agropirateria: olio, pesce, carne e vino made in Italy sempre più “taroccati”. Come difendersi da questo fenomeno in espansione? Lo spiega Elga Baviera, biologa ed esperta in sicurezza degli alimenti (fonte: AdnKronos Salute)

Cresce la giungla dell’agropirateria: olio, pesce, carne e vino made in Italy sempre più “taroccati”. Come difendersi da questo fenomeno in espansione? Lo spiega Elga Baviera, biologa ed esperta in sicurezza degli alimenti. “La giungla dell’agroalimentare è piena di inganni - avverte Baviera - e nonostante l’impegno profuso da parte degli organi di controllo per arginare il fenomeno, è giusto che noi consumatori impariamo a difenderci da soli attraverso un uso e un acquisto consapevoli. Spesso si sentono termini come Italian sounding, Italian laundering e Money dirtying. Non si tratta di titoli di famose canzoni, ma di veri e propri attacchi alla salute e alla sicurezza alimentare. Con un giro d’affari di svariati miliardi di euro l’anno”.
“L’Italian sounding - spiega l’esperta in sicurezza degli alimenti - consiste nell’imitare un prodotto italiano spesso un Dop, Igp o Stg (come il Parmigiano Reggiano, la mozzarella di bufala Campana, il pomodoro San Marzano) utilizzando scarse materie prime che vengono poi confezionate con immagini e colori tipici della nostra terra. L’Italian laundering, invece, è un fenomeno ancora più subdolo e sofisticato, attraverso cui organizzazioni criminali acquisiscono marchi prestigiosi svuotandoli di anni di tradizione, esperienze, qualità e trasformandoli in gusci vuoti sede di riciclaggio di denaro sporco. Con il Money dirtying soldi puliti vengono indirizzati verso settori come l’export considerato particolarmente remunerativo, consentendo alle associazioni criminali di relazionarsi sia sul piano nazionale che internazionale con organismi e imprenditori del tutto rispettabili. In entrambi i casi i capitali si mescolano, si intrecciano, sfumando i contorni tra legalità e illegalità”.
“La maggior parte delle frodi che riguardano l’olio extravergine d’oliva comportano manipolazioni illecite - prosegue la biologa - che ne alterano la genuinità e l’esatta classificazione. Ad esempio, l’aggiunta di oli raffinati o di sansa, di oli di semi a oli extravergini, con formazione di composti che normalmente non sarebbero presenti e che solo i metodi analitici sono in grado di rilevare”. “È importante verificare che in etichetta sia scritto “ottenuto solo con procedimenti meccanici”. C’è poi l’assaggio. Tra le caratteristiche negative: il sapore di rancido dovuto a processi di ossidazione e quindi di degradazione, quello metallico dovuto a un prolungato contatto con superfici metalliche, quello di terra da olive raccolte da terra e non lavate, di legno umido tipico di olive che hanno subito una gelata. Il colore non è invece indicativo della qualità: gli oli buoni vanno dal verde vivace al giallo paglierino”. “Per tutelarci - spiega Baviera - occorre acquistare da aziende serie con marchi riconoscibili e controllare sempre il rapporto qualità/prezzo”. “Bisogna diffidiamo delle super offerte - consiglia Baviera - potrebbero nasconde tecniche illegali di lavorazione. È importante leggere attentamente le etichette: la dicitura confezionato in Italia o imbottigliato in Italia non è sinonimo di un olio prodotto in Italia per cui verifichiamo sempre il luogo di produzione”.
“ Per quanto riguarda il vino - continua l’esperta- è una delle frodi più diffuse, seguita da prodotti di provenienza comunitaria venduti come italiani. Un trattamento illegale è ad esempio l’uso di bromoacetati sia nel vino che nella birra a scopo antifermentativo, e di cui si perdono ben presto le tracce dopo qualche giorno”. “Altri recenti fatti di cronaca - spiega - portano alla ribalta il fenomeno del wine-kit venduto online con la falsa promessa di produrre famosi vini italiani, dal Barolo alla Valpolicella, con l’ulteriore aggravio che associazioni a delinquere li etichettavano poi come prodotti Dop e Igp. Cosa possiamo fare per tutelarci? Il marchio di per sé dovrebbe rappresentare una garanzia a tutela del consumatore, l’etichetta rappresenta il primo elemento utile a raccogliere una serie di informazioni. Anche in questo caso è opportuno instaurare un rapporto di fiducia con il fornitore che ci aiuterà nella scelta”.
“Passando al settore ittico - prosegue Elga Baviera - è di per sé molto complesso, proprio per la difficoltà di riconoscere la specie e la provenienza. La maggior parte delle frodi - dice l’esperta - riguarda la vendita di prodotti diversi rispetto a quello che è indicato nel cartellino o in etichetta: il filetto di pesce congelato è il più difficile da riconoscere, avendo perso tutte le caratteristiche che consentono di classificarlo. In molti casi si tratta di specie di minor valore vendute come se fossero pregiate, in altri si verificano dei veri e propri attacchi alla salute come la vendita di specie pericolose, ad esempio il pesce palla, spacciato per code di rana pescatrice. Tra le specie più frodate ci sono il merluzzo e il dentice”. “Occorre conoscere la stagionalità dei prodotti ittici specialmente quando acquistiamo il fresco - raccomanda la biologa - Le valutazioni organolettiche sono essenziali quando acquistiamo il prodotto in pescheria. Impariamo a valutare il colore del corpo che deve essere lucido e brillante, la pelle tesa, il profumo deve essere di mare, l’occhio gonfio e vivido, le branchie di un rosso vivo”.
“Per concludere c’è il fenomeno delle frodi sulla carne. Il più noto - evidenzia l’esperta - è la produzione di conserve di carne ottenute da animali diversi da ciò che è dichiarato, carni ringiovanite attraverso l’uso sostanze chimiche (nitrati, solfiti) che ridanno colore e freschezza alla carne”. “Discorso a parte - puntualizza la biologa - è l’acquisto della carne macinata: è buona norma farsela macinare sempre al momento, per evitare l’aggiunta di additivi come i nitrati (E251, E252 con funzione antibatterica) che accentuano il colore rosso vivo della carne rendendola più invitante. Come consumatori possiamo stare attenti ad alcuni aspetti visibili a occhio nudo, che denotano il progredire di fenomeni alterativi: la formazione di mucillagini superficiali dovute a microrganismi, lieviti o muffe; la formazione di colori anomali come l’inverdimento dovuto a batteri appartenenti a Lactobacillus. Inoltre l’odore e il sapore di una carne deteriorata sono inconfondibili”. “Infine - conclude Baviera - è buona norma rivolgerci a un rivenditore di fiducia, sfruttare la filiera corta per favorire i prodotti locali che magari privilegiano un rapporto sano con l’ambiente sia nella produzione che nella trasformazione e nella distribuzione”.

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