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INNOVAZIONE

Crescono in Italia le startup dell’agrifood-tech: sempre più gli investimenti, anche stranieri 

L’indagine Leonardo dell’Osservatorio Sonda indaga le aziende innovative che uniscono a prodotti e servizi un uso adeguato della tecnologia
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Un legame stretto tra food & beverage e tecnologia (ph: Pexels) 

Cresce nel nostro Paese l’interesse per le startup dell’agrifood-tech: secondo Leonardo, la nuova indagine dell’Osservatorio Sonda, nel 2022, a fronte di una contrazione del numero di nuove imprese legate al food rispetto all’anno precedente, sono aumentati considerevolmente gli investimenti di capitali, anche stranieri (+68,4%) per le nuove società; in particolare, il settore agrifood-tech si piazza al terzo posto per investimenti ricevuti, con una quota del 3,7%, dopo immobiliare 5,8% ed e-commerce/energia 4,2%.
Gli investimenti che l’agrifood-tech (termine ombrello riferito a tutte le realtà del comparto agroalimentare con alto contenuto tecnologico) ha raccolto, in generale, negli ultimi due anni - 261 milioni di euro nel 2021 e 119 milioni di euro nel 2022 - raccontano di un settore su cui gli investitori sono pronti a scommettere. L’obiettivo dell’indagine svolta dall’Osservatorio - che si occupa di startup nel settore agroalimentare, in particolare di quelle aziende innovative nel mondo del food & beverage e hospitality che sanno unire, a prodotti e servizi, un uso adeguato della tecnologia - è duplice: verificare lo stato dell’arte di un comparto in grande sviluppo e fornire gli strumenti di base per diventarne protagonisti. Il food da solo non è sufficiente per perseguire il successo di una startup, ma si deve parlare soprattutto di Agrifood-tech, in cui la tecnologia è protagonista: per fare gli esempi più semplici, seppure i servizi di consegna spesa e cibo siano sempre esistiti, oggi a gestirli sono piattaforme online tecnicamente sempre più sofisticate. Non è un caso che le operazioni di maggior successo del 2022 siano state quella di Everli (aumento di capitale di 22 milioni di euro), aggregatore di insegne della Gdo per consegnare la spesa quotidiana a domicilio; di Cortilia (20 milioni di euro), e-commerce che ha reso digitale una filiera di produttori artigiani; di Deliveristo (7 milioni di euro) che ha introdotto il delivery nel b2b rifornendo in tempi rapidi le cucine dei ristoranti.
I temi sui quali soprattutto giovani imprenditori, che godono di agevolazioni specifiche per avviare startup innovative (definizione stabilita dalle norme), si cimentano sono: benessere, cibi sani, diete, ma anche sostenibilità e riduzione degli sprechi e nuovi concetti di servizio o prodotto. Temi declinati con servizi (spesso app) di delivery, agricoli, informativi, esperienziali, per promuovere nuovi formati o nuovi prodotti. La risposta dei consumatori è incoraggiante, con il 26% di pasti a domicilio almeno una volta a settimana e il 21% di spesa online nello stesso intervallo di tempo. Stesso ottimismo per prodotti di uso meno quotidiano, come vini e piatti di gastronomia di qualità e più costosi, con percentuali di tutto rispetto, ordinati dal 20% due, tre volte al mese e dal 18% una volta a settimana. Interessanti, per chi investe in questi settori, le motivazioni che spingono all’uso delle piattaforme, che si possono riassumere in comodità, praticità e risparmio di tempo. Bisogna però fare attenzione alle critiche dovute ai costi più alti, alla qualità inferiore di un pasto consumato sul posto, alla preferenza per il toccare con mano quando si fa la spesa personalmente. Esperienze fisiche che nessuna app potrà mai sostituire, ma forse affiancare nelle ricerche e nelle scelte.

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