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CRITICA E VINO SENZA CONFINI: IL GURU ROBERT PARKER SI METTE A NUDO, DALL’INCONTRO CON IL NETTARE DI BACCO NEL 1967 A PARIGI, FINO A DIVENTARE IL NUMERO 1 DELLA CRITICA ENOLOGICA. E DICE NO ALLA TECNOLOGIA PER ABBASSARE IL GRADO ALCOLICO

Italia
A Hong Kong Winenews ha raccolto la dichiarazione di Robert Parker

Iniziare a bere vino nel 1967 a Parigi da studente, e solo perché costava meno della Coca Cola (ipse dixit), e diventare il n. 1 della critica enologica mondiale: ecco “The Wine Advocate” Robert Parker Jr., che abbiamo incontrato a WineFuture ad Hong Kong, e del quale iniziamo a riportavi pensieri e parole. Partiamo dalla critica. Anzi, dall’auto-critica: colui che ha “inventato” il sistema dei punteggi ai vini in centesimi dice: “non tutto quello che ho fatto è stato buono, certo: ad esempio l’ossessione per i punteggi ha portato in su i prezzi, in un processo non naturale e non sano”. Ma l’intento non era questo, perché, spiega Parker, “il vino per me è una delle cose che appagano i sensi, come musica e arte, ma i vini veramente grandi sono quelli che soddisfano anche la curiosità intellettuale. E se sono convinto che quel vino è uno dei migliori di quel tipo della mia vita, gli darò un punteggio perfetto. Do a tutti le stesse possibilità: degusto vino cinese, ad esempio, con lo stesso spirito degli altri vini, con mente aperta e cercando sempre di imparare e di mantenere un solo punto cardinale: sono buoni? Lo dirò. Non lo sono? Lo dirò ugualmente. E non credo di aver mai avuto quel livello di influenza che mi hanno attribuito, è solo che quando sono arrivato sulla scena è stata la “tempesta perfetta”, perché non c’era Internet. Il numero di persone che sanno scrivere bene di vino, oggi, è cresciuto tantissimo, ma nessuno diventerà la voce assoluta sul tema, per via anche di questo processo di globalizzazione che Internet ha portato con sé”. E che, per Parker, riguarda non solo la comunicazione, ma anche la produzione del vino: “rispetto a quando ho iniziato, ci sono tante aree interessanti nel mondo, oggi. Penso alla Spagna, che è uno dei “giganti che si stanno svegliando”, non solo con i rossi ma anche con i bianchi. Ci sono Argentina, Cile, Sud Italia, Sud della Francia, Nuova Zelanda, Australia, e anche in Usa, oltre alla California, ci sono altre zone nella costa centrale e del nord-ovest che stanno facendo ottime cose, come lo stato di Washington. Dovunque uno guarda, si trova del potenziale qualitativo straordinario”. Quindi la concorrenza è tutti contro tutti. Parola di Robert Parker.


Focus - Utilizzare la tecnologia per abbassare il grado alcolico? Robert Parker dice no

“Global warming” in primis, ma anche lo stesso Robert Parker, che con il suo “The Wine Advocate”, riferimento della critica enologica mondiale, ha spinto non poco i produttori a fare vini sempre più potenti, fatto sta che il problema dell’aumento del grado alcolico nei vini di tutto il mondo c’è. “Se il vino fosse completamente sbilanciato sull’alcol non avrei obiezioni ad utilizzare osmosi e simili - dice Parker - ma sono un “purista”, preferisco che si lasci fare a Madre Natura, perché ci sono altri metodi, più naturali, per contenere il livello di alcol, come fare un blend da uve meno “potenti”, mentre escludo la soluzione delle vendemmie precoci, perché si ottengono sapori troppo verdi”. Ma quand’è che il livello di alcool si può definire troppo alto? “Dipende dal tipo di vino - prosegue il critico americano - non credo che nessuno voglia Champagne con 15 gradi, ma allo stesso tempo ci sono degli Shiraz australiani che possono certamente tollerare un livello simile, ma continuo a credere che la soluzione tecnologica, non sia la via da seguire”.

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