Il vino ha spesso giocato un ruolo fondamentale nella storia del cinema, e non da semplice comprimario, né da comparsa, ma da protagonista. E non solo in pellicole totalmente incentrate sul mondo enoico, come “Sideways”, ma in tanti film da Oscar che, a distanza di anni, se non di decenni, rimandano immediatamente a bottiglie, brindisi ed etichette ben note al grande pubblico. A mettere in fila le più rappresentative, a pochi giorni dall’edizione n. 87 degli Academy Awards, che tornano a Los Angeles il 22 febbraio, ci pensa il magazine Usa “Wine Spectator” (www.winemag.com).
Il più recente, “Il Grande Gatsby”, che nel 2013 divise la critica, portando a casa due statuette, una per i migliori costumi, l’altra per le migliori scenografie: Catherine Martin, la scenografa del film, è stata capace di ricreare alla perfezione l’atmosfera degli anni ’20, anche grazie alla presenza costante di bottiglie e bottiglie di Brut Imperial 1921 di Moët & Chandon. Il 2007, invece, fu l’anno di “Ratatouille”, un cartone animato, ma non certo, o non solo, per bambini: vincitore dell’Oscar come miglior film d’animazione, narra la storia dello chef Alfredo Linguini e del topolino Remy, protagonisti della riscossa di uno storico ristorante stellato di Parigi: i loro piatti sono spesso accompagnati da bottiglie che hanno fatto la storia del vino, come Château Cheval Blanc 1947 e Château Latour 1961.
Più recente il miglior film in lingua straniera del 1987, “Il pranzo di Babette”, che racconta la storia di una governante francese che, scappata da Parigi, finisce a lavorare per 14 anni da due sorelle puritane danesi e, quando vincerà 10.000 franchi alla lotteria, invece che tornare a Parigi, decide di spendere tutto in una “vera cena francese”, a dir poco opulenta. Celebre la scena in cui una delle sorelle chiede a Babette se quello appena consegnato sia vino, e Babette risponde indignata: “no, questo non è vino, è Clos de Vougeot 1845”. Anche la saga di James Bond, con “Goldfinger” (1964) e “Thunderball” (1965), è stata capace di portare a casa due statuette, per gli effetti sonori e per quelli visivi: in entrambi, tra i tanti piaceri di cui il personaggio di Ian Fleming si circondava, spiccava il Dom Pérignon, in particolare le annate 1953 e 1955, capaci di mettere in ombra l’onnipresente Martini. Epica, infine, la scena del thriller di spionaggio diretto da Alfred Hitchcock, “Notorius”, del 1946, in cui Claude Rains (che vinse l’Oscar come miglior attore non protagonista, nel ruolo di Alex Sebastian) bacia Ingrid Bergman (nel film Alicia Huberman) tra scaffali di bottiglie nella sua ricca cantina, scoprendo che sono state avvelenate con minerale di uranio.
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