Per vincere la sfida con la concorrenza internazionale la parola d'ordine è ancora una volta la qualità: è il leitmotiv emerso dal convegno "Sicilia Madre Mediterranea", secondo incontro internazionale sull'universo alimentare in Europa e nel Mediterraneo, tenuto nei giorni scorsi a Milano.
"L'Italia, come la Sicilia, non possono competere sulla quantità, sia per la mancanza di strutture produttive e distributive adeguate, sia per i condizionamenti della globalizzazione e delle leggi del mercato" ha detto Franco Iseppi, coordinatore del comitato scientifico.
"La domanda dei prodotti di qualità sta crescendo senza sosta – ha affermato il Presidente del Touring Club Italiano, Roberto Ruozi. L'agroalimentare, insieme al turismo, è un comparto forte dell'economia italiana, ancora sottovalutato, che merita di essere valorizzato al massimo". Enogastronomia e turismo, dunque, ambasciatori della cultura e della tradizione italiana nel mondo.
Il legame tra prodotto e territorio ha bisogno, però, di essere tutelato a livello internazionale: "senza una vera efficace tutela – ha confermato Paolo De Castro, presidente della Fondazione Qualivita – quel legame fondamentale che unisce produzione e tipicità del territorio non può essere garantito soprattutto al di fuori dell'Europa". Se all'interno dell'Unione Europea, infatti, la protezione è garantita dalle normative comunitarie e dai marchi dop, nel resto del mondo le maglie del controllo sono più larghe. "Tante, troppe, sono le imitazioni dei prodotti italiani nel mondo, che tentano di recuperare il sapore e l'immagine dell'originale made in italy" ha detto Igino Morino del Consorzio Parmigiano Reggiano.
La collaborazione sembra essere l'unica strategia vincente per difendere l'agroalimentare italiano stretto tra lo spettro contraffazione e il rischio della globalizzazione. Lo hanno sottolineato, da entrambe le parti, i testimoni della produzione locale di qualità e i protagonisti della grande distribuzione, parlando della necessità di un lavoro sinergico di informazione e tutela. "Il mondo della grande distribuzione non è in antitesi con quello della produzione di qualità – ha detto Roberta Silva di Kraft Italia. Anche la multinazionale dà importanza alle produzioni territoriali regionali. Il punto di fondo è comunque la marca del prodotto italiano di qualità". D'accordo anche David Biltchick, che ormai vent'anni orsono, ha dato il passaporto americano al Prosciutto di Parma.
"La parola d'ordine per i produttori italiani che vogliono far conoscere il loro prodotto nel mondo è sinergia, come nel caso del consorzio di Parma che ha messo insieme diversi produttori per commercializzare il più famoso ham del mondo". Di collaborazione ha parlato anche Luigi Soini, direttore generale della Cantina produttori Cormons e Molnar Peter, operatore vitivinicolo ungherese, proponendo un accordo tra Tocai friulano e Tocaji ungherese, che possa essere di esempio alle altre nazioni.
Pensare locale per agire globale, dunque. Anche se non mancano, nell'attuale panorama politico ed economico europeo, le zone d'ombra. "Nessuno credeva che le transizioni potessero essere così difficili nei paesi dell'ex blocco comunista – ha raccontato Predrag Matvejevic, professore all'Università La Sapienza di Roma ed esperto di cultura mediterranea. L'allargamento non è un processo facile. Non necessariamente ogni transizione dà una scontata trasformazione".
L'Europa dei cittadini, anche nel settore agroalimentare, ancora una volta si è detto, non è l'Europa delle patrie e degli accordi governativi. "E' un Europa che sta cercando faticosamente di uniformare i concetti ma non i cibi" ha concluso Matvejevic.
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