02-Planeta_manchette_175x100
Consorzio Collio 2024 (175x100)

DA UMBERTO I DI SAVOIA A EINAUDI, DA VITTORIO EMANUELE III A PERTINI, ECCO COSA AMAVANO MANGIARE I NOSTRI CAPI DI STATO NE: “I MENU DEL QUIRINALE”, VOLUME PROMOSSO ACCADEMIA ITALIANA DELLA CUCINA CHE FOTOGRAFA IL POTERE ITALIANO A TAVOLA

Da Umberto I di Savoia a Einaudi, da Vittorio Emanuele III a Pertini, da Saragat a Gronchi, ecco cosa amavano mangiare i nostri capi di stato ne: “i menu del quirinale”, un’ampia testimonianza, presentata dall’Accademia Italiana della Cucina, su usi e costumi dei Capi di Stato da 250 menu inediti dei 4 Re e degli 11 Presidenti della Repubblica. Per scoprire cosa, dove e con chi hanno mangiato. Il volume, che sarà presentato in anteprima a Milano il 28 aprile, si inserisce nelle celebrazioni per i 150 anni dell’Unità d’Italia (info: www.accademiaitalianacucina.it).
L’Accademia Italiana della Cucina interviene sul tema dell’identità culturale del Paese mettendo in luce il ruolo unificante svolto dalla tradizione gastronomica. Attraverso la pubblicazione del volume e 3 convegni, racconta lo status della cucina nelle Capitali del Regno d’Italia durante il periodo unitario. Tra aneddoti, curiosità, ricette e storie legate ai personaggi del tempo. Dalla “bagna caoda” alla “ribollita”, dagli “agnolotti al plin” fino ai “saltimbocca alla romana”. In ogni angolo d’Italia, anche il più nascosto, c’è almeno una ricetta, tramandata di generazione in generazione, che racconta l’amore degli italiani verso la convivialità e i piaceri della buona tavola. Un mondo fatto di sapori e profumi entrati con pieno merito nel patrimonio culturale italiano: vero e proprio elemento distintivo per il quale siamo universalmente riconosciuti ed apprezzati. Una miriade di tradizioni gastronomiche consolidate nel tempo che hanno contribuito a fare della cucina italiana uno dei fattori chiave per la costruzione di un’identità nazionale.
Ed è proprio partendo dal profondo significato unificatore incarnato dal cibo e da i suoi valori, che l’Accademia Italiana della Cucina - Istituzione Culturale della Repubblica italiana, da quasi 60 anni impegnata in difesa della civiltà della tavola, ha voluto dare il suo autorevole contributo alle celebrazioni per i 150 anni dell’Unita d’Italia. Lo ha fatto in primo luogo organizzando 3 convegni che, da marzo a maggio, vedranno protagoniste le città Capitali d’Italia. Al centro del dibattito - al quale parteciperanno storici, accademici, opinion leader e giornalisti del settore - lo stato della cucina italiana durante il periodo unitario con un focus dedicato all’apporto gastronomico dato da Torino, Firenze e Roma alla nascita della cucina nazionale.

Focus - Iconvegni delle “3 Capitali d’Italia”

Il contributo di Torino capitale allo sviluppo della cucina nazionale

Il primo dei tre convegni avrà luogo il 26 marzo a Torino, sotto la regia della Delegazione locale dell’Accademia Italiana della Cucina. Gli interventi spazieranno dalla pasticceria nell’opera di Giovanni Vialardi - vice capo cuoco di Vittorio Emanuele II - alla cucina dei diversi ceti sociali dal Risorgimento all’Unità nazionale fino ad affrontare il significativo contributo fornito della città piemontese allo sviluppo della cucina nazionale.
Torino è la capitale dell’industria dolciaria: l’idea di trasformare il cacao da bevanda a cioccolato solido in tavolette nasce proprio lì. Come non ricordare i tipici gianduiotti oppure i celebre biscotti Krumiri a forma ripiegata come i baffi di Vittorio Emanuele II. Ma la tradizione gastronomica di questa città ha “sfornato” anche i celebri grissini - noti in Italia al pari della pizza di Napoli - e prodotti oggi in ogni angolo della penisola. Senza dimenticare il riso - la cui produzione venne incentivato da Camillo Benso conte di Cavour - che rappresenta una risorsa per l’Italia intera, in tutte le sue varianti gastronomiche.
Accanto a questi fiori all’occhiello dell’alimentare italiano vanno evidenziate poi le ricette della cucina piemontese che trionfano nelle tavola degli italiani, a casa come al ristorante: dalla “bagna caoda” al “vitello tonnato” al “bollito misto” al “bonet” agli “agnolotti” al “fritto misto”. Terminiamo questa golosa carrellata con i celebri vini. Dal Barolo, re dei vini italiani al Moscato d’Asti, insostituibile per gustare i dolci di tutte le regioni della Penisola. Fino al Vermut, tornato di moda nei bar dello Stivale grazie alla rinomata attenzione verso l’aperitivo all’Italiana.
Quando Firenze era capitale: dai pranzi di corte francesi all’unita d’Italia a tavola
Dal binomio lingua e gastronomia alle curiosità dei consumi alimentari nella Toscana di fine Ottocento: Il prossimo 29 aprile Firenze sarà il teatro delle celebrazioni dell’Unità d’Italia viste da un angolazione storica e culinaria. Al centro del dibattito, ideato dalla delegazione locale dell’Accademia della Cucina Italiana, nella splendida cornice del Museo Stibbert, il passaggio di consegne dalla cucina tradizionale, radicata a Firenze da secoli, a quella sabauda di ispirazione francese. Una situazione venuta alla luce dopo la designazione, nel 1865, di Firenze quale capitale del Regno dell’Italia Unita.
In quel preciso momento storico il re, la sua corte e ben 30.000 persone tra senatori, burocrati e tanti impiegati con i loro familiari si riversarono nella città. Questo cambiamento sociale portò ad una francesizzazione della cucina e gli influssi modificarono il vocabolario gastronomico nazionale. Il ristorante divenne restaurant, la lista delle vivande menu, la credenza buffet, il brodo consommé, il pranzo déjeuner, il dolce dessert, il ricevimento soirée. Si arrivò persino a chiamare il fiorentinissimo “cibreo” come “foies et crêtes de volaille en fricassée”.
Insomma un vero e proprio smacco per l’orgoglioso popolo fiorentino. Servì tutto l’ingegno di Pellegrino Artusi con un libro di cucina nazionale per riportare ordine in una cucina contaminata da francesismi e dalla contrapposizione tra cucina di palazzo e cucina di famiglia.
Roma capitale dello stato italiano: il ruolo unificatore della cucina di rappresentanza
Il contributo di Roma alla costruzione e allo sviluppo della cucina nazionale trova riferimento soprattutto nella cucina di rappresentanza del Quirinale, sia in Italia che all’Estero. Come documenta del resto l’ultimo originale libro dell’Accademia che vedrà la luce in aprile - intitolato “I menu del Quirinale”: 150 anni di storia italiana” raccontati attraverso l’inedita collezione dei menu dei 4 re d’Italia e degli 11 Presidenti della Repubblica. Da Vittorio Emanuele III a Giorgio Napolitano, il momento conviviale diventa espressione dell’identità culturale del Paese, vero e proprio filo conduttore dei valori culturali e gastronomici della nostra storia.
Di questo, ma non solo, si discuterà nel terzo ed ultimo convegno dedicato alla cucina nell’Unità d’Italia che avrà luogo a Roma il prossimo 28 maggio, proprio in occasione del XXII Convegno Internazionale sulla Civiltà della tavola, organizzato dall’ Accademia Italiana della Cucina. Al centro del dibattito anche il ruolo svolto dall’Esercito Italiano, in guerra ed in pace, nella promozione e diffusione delle varie cucine regionali. Ci sarà inoltre un approfondimento sulla funzione svolta dalle donne italiane nella costruzione della cucina italiana degli ultimi centocinquanta anni: non solo per gli aspetti sociali e tecnici, ma soprattutto per quanto concerne l’evoluzione del gusto e la formazione di uno stile culinario.

Copyright © 2000/2024


Contatti: info@winenews.it
Seguici anche su Twitter: @WineNewsIt
Seguici anche su Facebook: @winenewsit


Questo articolo è tratto dall'archivio di WineNews - Tutti i diritti riservati - Copyright © 2000/2024

Altri articoli