Il diritto al cibo, per tutti, la sicurezza alimentare, le produzioni biologiche, le azioni, tecniche e commerciali, da intraprendere in tema di innovazione, ricerca, promozione e valorizzazione delle filiere e dei prodotti di qualità certificata, lo sviluppo sostenibile. Sono tanti i temi al centro del G7 Agricoltura, su cui domani e domenica, a Bergamo, si confronteranno i Ministri dell’Agricoltura delle principali economie del mondo, ma di certo la lotta per il diritto al cibo avrà una centralità enorme, specie perché la fame, nonostante un drastico calo dei prezzi dei prodotti agricoli compresi nell’Indice Fao, negli ultimi 5 anni, è tornata a crescere, coinvolgendo ormai 815 milioni di persone, 38 milioni in più del 2015. Una dinamiche che riguarda da vicino il rapporto tra produzione e distribuzione, da ripensare nel segno della sostenibilità, perché nonostante il forte calo dei prezzi alla produzione agricola, quelli al consumo rimangono alti, con l’insicurezza alimentare che continuerà a colpire i ceti più poveri.
Nel frattempo c’è stato tempo e modo di affrontare altre questioni importanti, con il padrone di casa, ossia il Ministro delle Politiche Agricole Maurizio Martina, che oggi ha incontrato il Commissario Ue all’Agricoltura, Phil Hogan. Sul tavolo, la riforma della Politica Agricola Comune post 2020, e quindi le linee di azione della futura comunicazione sulla Pac, che la Commissione presenterà a novembre, puntando su politiche più ambiziose in materia di ambiente e clima, anche attraverso l’introduzione di innovazioni per aumentare la sostenibilità dei vari processi produttivi come l’agricoltura di precisione. La nuova Pac sarà inoltre caratterizzata da maggiore semplificazione e più sussidiarietà tra Commissione e Stati membri e dedicherà ampio spazio agli strumenti di gestione del rischio, linee guida sposate dal Ministro Martina, che ha chiesto ad Hogan scelte coraggiose anche sulla tracciabilità della materia prima degli alimenti, in modo da rendere concretamente percepibile agli occhi dei consumatori il valore aggiunto del modello agricolo e agroalimentare europeo, senza retrocedere sul livello di aiuti dell’Ocm.
Ieri, invece, è stata la giornata de “Il biologico come modello di sistemi agricoli sostenibili”, l’occasione giusta, a due anni dalla condivisione della Carta del biologico di Expo Milano 2015, per presentare “La Carta del biologico di Bergamo”, una dichiarazione comune per dare rilievo all’agricoltura biologica come strumento di trasformazione dei sistemi agricoli mondiali per il contrasto ai cambiamenti climatici e per la lotta alla fame. La Carta mira anche a riconoscere il ruolo svolto dagli agricoltori nella tutela e salvaguardia all’ambiente, della biodiversità e del paesaggio rurale. L’agricoltura biologica rappresenta un’innovazione in campo agricolo e alimentare dell’ultimo secolo basata su un modello socialmente inclusivo e sostenibile dal punto di vista economico e ambientale. Il suo successo globale è dimostrato dagli oltre 2 milioni di operatori in 164 Paesi che partecipano alla produzione di alimenti impiegando risorse locali, riducendo la dipendenza da fattori di produzione esterni e aumentando la propria resilienza nonostante i cambiamenti climatici.
Di grande importanza, inoltre, il G7 delle Indicazioni Geografiche, che ha riunito, sempre a Bergamo, 30 tra le più importanti organizzazioni ed associazioni internazionali di prodotti enogastronomici, che hanno discusso e approvato, insieme, un documento strategico in quattro punti chiave: la “Dichiarazione di Bergamo”. Gli obiettivi sono chiari: la creazione di un sistema multilaterale di protezione delle Indicazioni Geografiche efficace, semplice e trasparente per i produttori e i consumatori, sostenendo anche l’applicazione dell’Accordo di Lisbona del 1958 - rivisto con l’Atto di Ginevra del 2015 - per garantire una tutela multilivello alle IG; il miglioramento della trasparenza della “Internet governance” con il coinvolgimento degli stakeholders per una efficace protezione delle IG quale diritto di proprietà intellettuale, in particolare nella gestione da parte di ICANN del sistema assegnazione dei nomi di dominio di primo e di secondo livello; nell’utilizzo dei nomi delle IG nei portali di commercio elettronico e nei motori di ricerca; l’approfondimento delle ricerche e degli studi riguardo il positivo contributo delle Indicazioni Geografiche alla sostenibilità economica e ambientale e al cambiamento climatico; l’incremento delle risorse finanziarie per la cooperazione internazionale destinate al rafforzamento delle IG attraverso modelli e sistemi di governance efficaci, nelle aree caratterizzate da sottosviluppo e conflitti, con il coinvolgimento diretto delle organizzazioni dei produttori dei Paesi più sviluppati.
Sempre in tema di tutele, fondamentale si è rivelato il lavoro dell’Icqrf - l’Ispettorato centrale repressione frodi, che negli ultimi tre anni ha operato oltre 2.100 interventi su inserzioni irregolari sul web e fuori dei confini nazionali, di prodotti a Indicazione geografica falsificati, con una percentuale di successo sulle grandi piattaforme che sfiora il 99%, come emerso al convegno “Food, web e tutela del consumatore” promosso dal Ministero delle Politiche Agricole.
Un mondo, quello del web, che coinvolge da vicino le giovani generazioni, i consumatori di oggi e di domani che, negli acquisti alimentari, traggono ispirazione soprattutto da Instagram e Youtube (il 58%, seguito da Facebook e Twitter col 49%), preferiscono ancora i negozi (anche se le piattaforme online guadagnano spazio), e guardano soprattutto alla sostenibilità, per cui pagano volentieri anche un sovrapprezzo (fino al 20% in più), come rivela lo studio “Millennials vs Generazione Z” di PricewaterhouseCoopers, presentato proprio in vista del G7 dell’Agricoltura, che ha messo a confronto le scelte d’acquisto nel settore alimentare dei Millennials con la più giovane generazione Z, i nati tra il 1995 ed il 2010.
Il sondaggio, a cui hanno partecipato 3.150 ragazzi italiani ha evidenziato come l’ispirazione all’acquisto provenga principalmente, per entrambe le generazioni, dai social network, a dispetto dei siti web. In particolare, i più giovani per trovare ispirazione all’acquisto consultano innanzitutto social network visivi come Instagram e YouTube (il 58% per la generazione Z contro il 40% per i Millennials) e altri social network come Facebook e Twitter (49% contro 50%), seguiti con un notevole distacco dai siti web dei rivenditori individuali (34% contro 36%), dai siti web multimarca (30% contro 28%) e dai comparatori di prezzo (20% contro 26%).
Ciò che rende l’acquisto online interessate è innanzitutto la maggiore praticità in termini di accessibilità ad ogni ora e di varietà offerta (indicato dal 34% della Generazione Z e dal 29% dei Millennials), in secondo luogo per le maggiori promozioni disponibili rispetto al canale tradizionale (24% per entrambi i gruppi) ed infine dalla disponibilità esclusivamente online dei prodotti desiderati (rispettivamente 19% e 16%). Tuttavia, il negozio fisico rimane il canale preferito da tutte le generazioni, in particolare per gli acquisti più frequenti come i generi alimentari: gli acquisti online avvengono su base quotidiana per una minima parte dei rispondenti, mentre l’acquisto giornaliero nel negozio fisico è indicato dal 7% della Generazione Z e dal 9% dei Millenials.
Dall’altra parte, lo smartphone assume un ruolo sempre più importante durante l’esperienza d’acquisto: il 60% dei rispondenti vi cerca informazioni sui prodotti, il 52% lo utilizza per il pagamento, il 59% confronta il prezzo con i concorrenti, il 36% legge recensioni ed il 33% accede a buoni sconto e codici promozionali. Emerge fortemente come la tracciabilità e la consegna in giornata siano tra i servizi più interessanti per le nuove generazioni, e oltre il 40% degli intervistati è disposto a pagare una tariffa aggiuntiva per una consegna entro 3 ore dall’ordine.
Per le nuove generazioni la sostenibilità è un driver chiave, e ricerca informazioni sull’approccio alla sostenibilità di un brand o di un retailer direttamente in negozio (32% della Generazione Z), sul sito web ufficiale (27%), sui social media (32%) su altri siti web (19%) o attraverso il passaparola (18%). Questa attenzione si traduce anche nella disponibilità a pagare un sovrapprezzo fino al +10% (indicato dal 25% dei rispondenti) o anche del +20% (20% dei rispondenti) per un prodotto a minor impatto sociale e ambientale. Dal lato dei retailer e dei brand, diviene fondamentale comunicare in modo chiaro e trasparente la sostenibilità dei propri prodotti, attraverso i diversi canali possibili: dall’etichetta, alla pubblicità ai social media.
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