Suona un pericoloso campanello di allarme per il made in Italy agroalimentare. Ammonta a 100 miliardi di euro il valore dei falsi diffusi in tutto il mondo, un fenomeno, spinto dall’emergenza Covid e dalla frenata del commercio internazionale, che sottrae risorse e opportunità di lavoro all’Italia. Il paradosso, sottolinea Coldiretti, è che i più attivi “taroccatori” del cibo made in Italy nel mondo sono i paesi ricchi ed emergenti del G20 che approfittano della pandemia per sostituire i prodotti tricolori con imitazioni di bassa qualità. Una panoramica di quanto accade, ormai da tempo, si è vista in Piazza Santa Croce a Firenze, città che ha ospitato il G20 dell’Agricoltura (dove è stata allestita una grande mostra sulle più incredibili imitazioni dei veri prodotti italiani scovati nei 20 Paesi partecipanti al summit di scena nella culla del Rinascimento). Il falso made in Italy ha più che raddoppiato le esportazioni agroalimentari e sembra non risparmiare nessuna nostra eccellenza. In Argentina si produce il “Reggianito” o il “Grana Pampeana” e si beve il Bordolino Vino Tinto. In Australia va forte il “Perfect Italiano Parmesan”, in Brasile si va dalla “Mortadela” al “Parmesao” fino al “Caccio Cavalo”; i canadesi propongono il kit di polveri per fare il Chianti. Sono solo esempi visti in mostra a Firenze (ma, dalla Cina alla Corea del Sud, dalla Francia alla Germania, dalla Russia agli Stati Uniti, il “trend” coinvolge molti Paesi): per il cosiddetto “Italian sounding” nel mondo oltre due prodotti agroalimentari tricolori su tre sono falsi senza alcun legame produttivo ed occupazionale con il nostro Paese. Una sfida da affrontare e che non deve passare sottotraccia perché, per Coldiretti, con la lotta al falso made in Italy a tavola si possono creare ben 300.000 posti di lavoro. Un danno anche di immagine con le ricette dei più famosi piatti della tradizione culinaria che vengono, a più riprese, storpiate. Qualche esempio? Dall’abitudine belga di usare la panna al posto del pecorino nella carbonara a quella tedesca di impiegare l’olio di semi nella cotoletta alla milanese concludendo con gli americani che utilizzano il parmesan al posto di Parmigiano Reggiano e Grana Padano. Ma tra le specialità più “tradite” vanno citate anche la tipica caprese servita con formaggio industriale al posto della mozzarella di bufala o del fiordilatte, mentre non mancano i casi di pasta al pesto proposta con mandorle, noci o pistacchi al posto dei pinoli. Immancabile la pizza, proposta nelle versioni più inimmaginabili: da quella hawaiana con l’ananas a quella di pollo.
Secondo il presidente Coldiretti Ettore Prandini, “il contributo della produzione agroalimentare made in Italy a denominazione di origine alle esportazioni e alla crescita del Paese potrebbe essere nettamente superiore se dagli accordi venisse un chiaro stop alla contraffazione alimentare internazionale che utilizza impropriamente parole, colori, località, immagini, denominazioni e ricette che si richiamano all’Italia per alimenti taroccati che non hanno nulla a che fare con il sistema produttivo nazionale. A far esplodere il falso è stata paradossalmente la “fame” di Italia all’estero con la proliferazione di imitazioni low cost”. I prodotti italiani fanno gola ma, paradosso, si devono difendere dal discusso sistema di etichettatura che rischia di penalizzarli. “Sistemi di etichettatura ingannevoli - continua Prandini - che, sotto il pressing delle multinazionali, sostengono modelli alimentari sbagliati che mettono in pericolo la salute dei cittadini ma anche il sistema produttivo di qualità del made in Italy”. Sul tema si attendono novità immediate. Il 21 settembre è il giorno di inizio dell’incontro del gruppo di lavoro del Codex Alimentarius, l’organismo della Fao che dovrà prendere una decisione potenzialmente definitiva sull’adozione di linee guida sul Front of Pack Nutritional Labelling (Fopnl).
Coldiretti ha, da subito, criticato l’etichetta nutrizionale sulla quale dovrà presentare una proposta entro il 2022 anche la Commissione Europea. “I bollini allarmistici - fa notare Prandini - basandosi sulla presenza di determinate sostanze calcolate su 100 grammi di prodotto e non sulle effettive quantità utilizzate, favoriscono infatti prodotti artificiali di cui in alcuni casi non è nota neanche la ricetta e finiscono per escludere paradossalmente alimenti sani e naturali”. Un rischio per un patrimonio che vale 538 miliardi di euro dal campo alla tavola, che offre milioni di posti di lavoro e che nel 2021 si avvia a segnare il record storico delle esportazioni a 50 miliardi. Un attacco che parte della Francia con il nutriscore adottato con decreto governativo anche da Belgio e Germania mentre il Lussemburgo, ricorda Coldiretti, è in procinto di adeguarsi e l’Olanda potrebbe farlo dal 2022. In Portogallo, Austria e Slovenia il nutriscore è stato invece adottato da grandi multinazionali alimentari, mentre in Spagna è oggetto di un acceso dibattito. Lo stesso problema presenta in Gran Bretagna il sistema del “traffic light” che misura con i tre colori tipici del semaforo (verde, giallo e rosso) il quantitativo di nutrienti principali contenuti negli alimenti: grassi (di cui saturi), zuccheri e sale. Prodotti come l’olio extravergine d’oliva (e non solo), simbolo della Dieta Mediterranea iscritta nella lista del patrimonio culturale immateriale dell’umanità dell’Unesco ed eletta migliore dieta al mondo del 2020, rischiano di venire penalizzati pesantemente.
Il periodo è certamente delicato perché se la pandemia ha aumentato il fenomeno dei “falsi made in Italy”, lo stesso si può dire della povertà di tante persone. Salgono ad oltre 5,5 milioni di chili il quantitativo di frutta, verdura, formaggi, salumi, pasta, conserve di pomodoro, farina, vino e olio 100% italiani, di alta qualità e a chilometri zero in dono dagli agricoltori di Campagna Amica ai più bisognosi. Lo ha reso noto la Coldiretti nel presentare il bilancio dell’iniziativa di solidarietà la “spesa sospesa” promossa nel grande mercato di Campagna Amica in piazza Santa Croce a Firenze sempre nell’ambito del G20 dell’agricoltura. Nella maxi fattoria, sempre allestita nel capoluogo toscano, è stata promossa, per quattro giorni, l’innovativa forma di solidarietà con la partecipazione congiunta di agricoltori e consumatori per garantire alle famiglie della città messe a dura prova dalla crisi di gustare le migliori specialità enogastronomiche del made in Italy. Iniziativa che si allinea a quelle già promosse da Campagna Amica come, ad esempio, la possibilità da parte dei cittadini di donare cibo e bevande sul modello dell’usanza campana del “caffè sospeso” a cui si aggiunge quello degli agricoltori per donare frutta e verdura, pasta fatta con grano 100% italiano, riso, salumi e legumi, miele e olio extravergine d’oliva a Denominazione di origine protetta (Dop). In Italia sono saliti a 5,6 milioni le persone che si trovano in condizioni di povertà, di questi ben 1,3 milioni è rappresentato da minori (analisi Coldiretti su dati Istat). Le mense dei poveri ed i pacchi alimentari, sono aiuti sempre più richiesti da persone che, prima della crisi scatenata dal Covid, mai avevano sperimentato condizioni di vita così problematiche. Per arginare questa situazione quasi un italiano su tre (30%) ha partecipato quest’anno a iniziative di solidarietà.
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