“Quando abbiamo scritto il nostro libro sulle ultime scoperte genetiche che confermano come sia stato l’“heunisch” (l’unno), un vitigno creato artificialmente dai romani per poter rifornire tutte le regioni, ad aver rappresentato la coltivazione base in tutto l’Impero Romano, e dunque in tutta l’Europa conquistata, dal Vallo di Adriano fino alla Dacia, è emerso anche il ruolo politico affidato alla viticoltura: Roma occupava nuovi territori anche garantendo vita e sopravvivenza grazie all’agricoltura, e lo faceva piantando la vite, invasiva e longeva, con chiari riferimenti militari e al suo dominio, visto che il “vitis” era il bastone del comando del centurione. E ci siamo detti: una storia così, in Francia, sarebbe andata su tutti i giornali, avrebbe fatto il giro del mondo e magari ci avrebbero fatto un film”. È per raccontare storie come questa, che da “Roma Caput Vini”, il libro scritto da Giovanni Negri ed Elisabetta Petrini - con il contributo di Attilio Scienza, tra i massimi esperti di viticoltura al mondo (Mondadori, 2011) - è nata l’“ispirazione” per la Tenuta Il Piglio, nuova azienda dello scrittore e della moglie, che si aggiunge a Serradenari nelle Langhe. Una piccola realtà su cui “abbiamo deciso di investire”, come spiega Negri a WineNews, e che sta nascendo nel territorio d’elezione del Cesanese del Piglio, il più famoso vino rosso e unica Docg del Lazio, anche per raccontare, pagina dopo pagina come in un romanzo, un vino da un vitigno autoctono antichissimo “con una storia ed un’identità strepitose, ancora poco conosciute”, le cui origini risalgono proprio ai romani, amato dagli Imperatori e dai Papi che avevano la corte papale ad Anagni.
Un investimento “a portata umana - in questo momento non ne avrei fatti in altri settori economici, e neppure in territori celeberrimi come Montalcino, l’Etna o il Sagrantino, forse in Alto Piemonte, perché credo molto nel Nebbiolo - e soprattutto perché il nostro progetto è quello di farne un centro culturale internazionale per raccontare e valorizzare il vino e la gastronomia italiani, anche grazie alla letteratura - racconta Negri, autore, tra gli altri, de “Il mistero del Barolo” e “Il Sangue di Montalcino”, tra i libri sul vino più venduti in Italia - ed un punto di riferimento per il Cesanese del Piglio ed il suo territorio, a partire dal nome stesso della Tenuta e del suo vino più importante”. Il Cesanese, infatti, può essere chiamato anche Piglio, “e noi lo chiameremo Piglio Docg per valorizzare questo piccolo e bellissimo borgo rurale italiano della Ciociaria”, dove la viticoltura ha una storia secolare.
“Con mia moglie ci dividiamo tra il Piemonte e Roma, e volevamo fare qualcosa anche in Italia centrale, nei suoi territori di origine, con l’idea di poterli valorizzare con un progetto nuovo ed originale. C’è molto lavoro da fare, ma la Tenuta si compone di un casale, in ristrutturazione anche per un’accoglienza di alto livello, con sei ettari di terreno, tra olivi per la produzione di olio, una coltivazione di spezie e la cura dell’habitat del fungo porcino, e ovviamente vigneti, in cui produrremo il Cesanese, ma anche un vino bianco particolare, come abbiamo fatto con lo Chardonnay a Serradenari”, l’azienda di famiglia a La Morra, la cui anima è la figlia Giulia Negri, che ne porta il nome e che produce Barolo, Nebbiolo, Barbera e Pinot Nero. “L’obbiettivo - spiega il politico ed imprenditore - è quello di fare “molte poche” bottiglie di ottimi vini, sperimentando quello che il territorio può dare con umiltà e pazienza. Una scommessa, a partire dalla cantina, che in parte ospita una cucina a vista in cui poter fare eventi, dedicati al Cesanese e per i quali vorremmo coinvolgere tutti i produttori della Docg, ma anche ai vini d’Italia e del mondo. Ed ai libri, ovviamente, di vino e di cucina, richiamando l’attenzione di media, buyer ed osservatori anche internazionali, perché si appassionino al territorio del Cesanese e possano venire a visitarlo. Con l’idea di fare anche uno scambio “eno-culturale” tra i produttori barolisti e cesanisti”. Una cantina “letteraria” , ma “in cui si mangia anche, e si degustano ottimi vini”.
Del resto, conclude lo scrittore, “l’Italia della ripartenza non sarà solo quella più nota, ma quella che presenterà tutta se stessa in un mix di territori anche meno turistici, con vini e prodotti, di splendida natura e cultura, magari alle porte delle grandi città d’arte come Roma, del mare del Circeo e delle abbazie medievali del Lazio, che da un luogo come il nostro si potranno andare a visitare”. Nell’attesa, c’è un nuovo libro scritto durante la pandemia? “Tutto il lockdown è stato dedicato a questo progetto”. Ma nella penna di Negri un nuovo giallo c’è davvero, “e il tema saranno i misteri ed i simboli esoterici anche legati al vino presenti nelle cattedrali e nelle chiese d’Italia, lasciati dai grandi maestri dell’arte italiana che con le loro decorazioni celebravano la fede. A partire proprio dalla cripta della cattedrale di Anagni”, la “città dei Papi”, i cui straordinari affreschi del Trecento le conferiscono l’appellativo anche di “Cappella Sistina del Medioevo”.
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