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LA CURIOSITÀ

Dal sakè in Giappone al sidro delle Asturie, viaggio tra i cibi riconosciuti Patrimonio dell’Umanità

I verdetti espressi dall’Unesco, nei giorni scorsi, aspettando nel 2025 il parere attesissimo dall’Italia sulla candidatura della cucina italiana

Ci sono le “Conoscenze e abilità tradizionali nella produzione del sakè con la muffa koji in Giappone”, la bevanda alcolica a base di cereali e acqua profondamente radicata nella cultura giapponese, i cui artigiani usano la muffa per convertire l’amido presente negli ingredienti in zucchero, supervisionando il processo per assicurarsi che cresca in condizioni ottimali, regolando la temperatura e l’umidità secondo necessità, perché questo determina la qualità del sakè, considerato un dono sacro delle divinità, immancabile nelle feste, nei matrimoni, nei riti di passaggio e in altre occasioni socio-culturali. Ma c’è anche la “Cultura del sidro asturiano”, simbolo dell’identità della regione delle Asturie, in Spagna, dove nasce dalla fermentazione del mosto di varietà autoctone di mele, ed il cui sapore simboleggia l’incarnazione del rapporto tra le comunità rurali e il loro ambiente perché i meleti sono un elemento caratteristico del paesaggio e il sidro occupa un posto di rilievo nelle pratiche culturali e nel vocabolario popolare asturiano. Sono solo alcuni dei cibi del mondo riconosciuti dall’Unesco Patrimonio Culturale Immateriale dell’Umanità, nei giorni scorsi, nella riunione del Comitato Intergovernativo ad Asunción, in Paraguay, mentre in Italia, dopo la pubblicazione del Dossier da parte dell’Organizzazione delle Nazioni Unite, cresce l’attesa di sapere se anche la candidatura della “Cucina italiana tra sostenibilità e biodiversità” sarà valutata positivamente nel 2025.
E tra le tradizioni enogastronomiche Patrimonio dell’Umanità ora ci sono anche le “Conoscenze, credenze e pratiche legate alla produzione del jang nella Repubblica di Corea”, le salse fermentate, come pasta di soia, salsa di soia e pasta di peperoncino rosso, che costituiscono la base della dieta coreana, le cui ricette variano da una famiglia all’altra e si ritiene che incarnino la storia e le tradizioni di ogni famiglia, e la “Tom Yum Kung”, la coloratissima zuppa di gamberi piccante tradizionale thailandese che infonde energia e benessere, in particolare durante la stagione dei monsoni, incarnando la saggezza culinaria delle comunità buddiste lungo il fiume nelle pianure centrali della Thailandia e la loro conoscenza tradizionale dell’ambiente e delle erbe medicinali; il “Caffè arabico, simbolo di generosità” in Emirati Arabi Uniti, Oman, Qatar, Arabia Saudita e Giordania, dove rappresenta un rito quotidiano apprezzato da tutti i segmenti della società, espressione di generosità, ospitalità e rispetto, spesso accompagnato dalla recitazione di poesie, discussioni e scambio di ricordi; l’“Agricoltura estiva nei fäbod e seter: saperi, tradizioni e pratiche legate al pascolo delle terre periferiche e alla produzione alimentare artigianale” della Svezia e della Norvegia, che ha ispirato la letteratura, lo spettacolo e le arti visive, ed è motivo di orgoglio, continuità e identità per molte società scandinave, e la “Pysanka”, la tradizione di decorare le uova tipica dell’Ucraina e dell’Estonia, in occasione della Pasqua e come dono per celebrare eventi importanti della vita come una nascita; e ancora, l’“Artigianato Tandir e cottura del pane in Azerbaigian”, nei forni in ceramica, considerato elisir di longevità, e che, oltre ad essere una fonte di sostentamento, è un rituale che rafforza i legami sociali, familiari e di vicinato; le “Pratiche tradizionali di produzione del formaggio artigianale Minas nel Minas Gerais” in Brasile, dove i casari locali utilizzano latte crudo e il “pingo”, un lievito naturale composto da batteri specifici della regione, ed i cui prodotti sono associati all’ospitalità; le “Competenze legate alla produzione di Attiéké in Costa d’Avorio”, un piatto a base di tuberi di manioca cotti al vapore, accessibile e conveniente, e che contribuisce all’autonomia finanziaria e all’integrazione sociale delle donne che lo producono; le “Conoscenze e pratiche tradizionali per la preparazione e il consumo del pane di manioca” a Cuba, nella Repubblica Dominicana, ad Haiti, in Honduras e in Venezuela, fondamentale nella dieta quotidiana e collegamento con il patrimonio indigeno e africano delle comunità; la pratica di “Cucinare e mangiare Mulgi puder, tradizionale purè di patate con orzo nella regione di Mulgimaa” in Estonia, che ogni famiglia prepara secondo la sua ricetta, ma che viene cucinato anche con gli amici, al lavoro e a scuola, e durante le riunioni e le celebrazioni; quindi, la “Cultura della colazione in Malesia: esperienza culinaria in una società multietnica”, capace di riunire gruppi etnici diversi, e la “Migrazione dei nomadi mongoli e pratiche associate”, in Mongolia, dove i pastori si spostano con tutta la famiglia tra i pascoli per dare alla terra il tempo di ringiovanire, con le mogli vestite degli abiti più belli ad aprire la strada durante la migrazione per mostrare gratitudine e rispetto per una Madre Natura che ci ha donato tutto questo.

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