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DAL VERMOUTH NE “LA LUNA E I FALÒ” AI RICORDI D’INFANZIA TRA VIGNETI E BOTTI PROFUMATE COLME DI BUON VINO: IL MONDO DELLE COLLINE “PAVESIANE”, LUOGO PER ECCELLENZA DELLA VITICOLTURA PIEMONTESE, NEI RACCONTI DI PAVESE, L’ULTIMO DEI CLASSICI DEL ’900

“Una vigna che sale sul dorso di un colle fino a incidersi nel cielo, è una vista familiare, eppure le cortine dei filari semplici e profonde appaiono una porta magica. Sotto le viti è terra rossa dissodata, le foglie nascondono tesori, e di là dalle foglie sta il cielo. E’ un cielo sempre tenero e maturo, dove non mancano - tesoro e vigna anch’esse - le nubi di settembre. Tutto ciò è familiare e remoto - infantile, a dirla breve, ma scuote ogni volta, quasi fosse un mondo” (da La vigna, in “Racconti”, frammenti di racconti e racconti inediti, raccolta postuma, Einaudi, Torino,1960). Dai ricordi d’infanzia alla vista dei filari dei vigneti e le botti aperte nell’aia colme di buon vino sullo sfondo dei tanti racconti, fino al Vermouth di Gancia ne “La luna e i falò”, così Cesare Pavese, piemontese doc, ci racconta e ci descrive con immagini intense e appassionate, tutta la bellezza della sua terra natale, le Langhe, le colline “pavesiane” per definizione, che oggi rappresentano l’eccellenza agricola piemontese: il 2008 è stato l’anno delle rievocazioni in suo onore, a cento anni dalla nascita dell’ultimo dei classici del ’900.
“Io sono un uomo molto ambizioso e lasciai da giovane il mio paese, con l’idea fissa di diventare qualcuno. Il mio paese sono quattro baracche e un gran fango, ma lo attraversa lo stradone provinciale dove giocavo da bambino. Siccome - ripeto - sono ambizioso, volevo girar tutto il mondo e, giunto nei siti più lontani, voltarmi e dire in presenza di tutti: “Non avete mai sentito nominare quei quattro tetti? Ebbene io vengo di là!”. Certi giorni studiavo con più attenzione del solito il profilo della collina, poi chiudevo gli occhi e mi fingevo di essere già per il mondo a ripensare per filo e per segno al noto paesaggio” (da La Langa, in “Racconti”, frammenti di racconti e racconti inediti, raccolta postuma, Einaudi, Torino,1960). A cent’anni dalla nascita e a quasi sessanta dalla morte, Cesare Pavese parla ai lettori della sua terra natale, descrivendola come un grande “classico”, con i suoi miti ed i suoi riti, ma fuori dalle righe, come un compagno di avventure e tante storie, che ha saputo dare la poesia agli uomini dopo averne condiviso le pene.
La sua vita, in stretto legame con tutta la sua opera, si consumò in pochi anni: nato nel 1908 a Santo Stefano Belbo, nel cuore delle Langhe piemontesi in provincia di Cuneo, morì suicida a Torino nel 1950: prima poeta e mente pensante della casa editrice dell’amico Giulio Einaudi, poi autore di racconti, romanzi e saggi ispirati e ambientati nella sua terra, contribuendo a far scoprire e conoscere la gente, la campagna, il mondo contadino e quei luoghi, soprattutto le Langhe, che oggi rappresentano, con i vini pregiati e gli altri famosi prodotti, l’eccellenza agricola del Piemonte.
I vini delle colline “pavesiane” sono spesso citati nei suoi romanzi, come il famoso Vermouth Gancia, della nota cantina piemontese di Canelli (Asti) a pochi passi dalla casa natale di Pavese, ne “La luna e i falò” - da molti considerato un testo autobiografico, che conclude la sua carriera di narratore - dove il protagonista si rende conto che il proprio paese è in fondo la propria famiglia e sente il bisogno di tornare perchè quegli stessi vigneti, alberi da fichi e valli non li ha trovati da nessun altra parte: “un paese vuol dire non essere mai soli, sapere che nella gente, nelle piante, nella terra c’è qualcosa di tuo che anche quando non ci sei resta ad aspettarti”.
Gli stessi riferimenti al territirio collinare delle Langhe e ai prodotti prelibati della terra, si ritrovano in numerose poesie, come nella raccolta “Lavorare stanca”, e in tanti racconti, come quelli di un’altra famosa raccolta, “Feria d’Agosto”, o in quelli contenuti nelle diverse raccolte postume. Ne “La Langa”, l’autore tornato al suo paese, racconta come tutti, contadini e borghesi, concordassero sul fatto “ch’era una bella cosa ricordarsi del paese e ritornarci come facevo io, ne vantavano i terreni, ne vantavano i raccolti e la bontà della gente e del vino”. L’amore per la terra dell’infanzia appare evidente in un breve racconto come “La vigna”, interamente dedicato alla descrizione dei filari lungo le colline, alla cui vista Pavese collega tanti ricordi di quando era bambino, intrecciandoli con l’intensa attività che durante l’anno anima i vigneti. In “Notte di festa” descrive così lo scenario di una casa contadina, mentre sale il fresco della sera: “C’era un’altra botte aperta sull’aia, e anche da questa usciva un tanfo estuoso e gagliardo che s’ammorbidiva salendo nel crepuscolo”.
E proprio i vini piemontesi sono stati tra i protagonisti delle numerose iniziative promosse dalla Fondazione Cesare Pavese in occasione del centenario della nascita dell’autore, a partire dall’etichetta speciale del Barbera d’Asti, realizzata dalla pittrice Roberta Viarengo per la cantina Terre da Vino, la prestigiosa azienda vinicola di Barolo che da sempre dedica alcune delle proprie etichette ai romanzi dello scrittore: dal Barolo Docg “Paesi tuoi” al Barbaresco Docg “La casa in collina”, dal Barbera d’Asti Doc superiore “La luna e i falò” al Piemonte Moscato Passito Doc “La bella estate”, dal Monferrato Bianco Doc “Tra donne sole” al Barolo Chinato “Il diavolo sulle colline” fino alla selezione di grappe di Nebbiolo da Barolo “Paesi tuoi”, di Barbera “La luna e i falò”e di Moscato “La bella estate”. La Fondazione Cesare Pavese e la cantina Terre da Vino sono state partner anche nella mostra “Cesare Pavese. Le colline e il sole”: un’esposizione itinerante delle opere giunte da ogni parte del mondo e nate dall’interpretazione dei libri di Cesare Pavese, che ha utilizzato la Mail Art - una nuova forma di arte diffusa in tutto il mondo che si avvale dei mezzi postali per la circolazione delle opere - e ha fatto tappa a Barolo, Roma, Firenze, Milano e Torino.
In questo 2008 sono stati tantissimi gli eventi con cui il mondo agricolo piemontese, ma non solo, ha voluto ricordare il grande scrittore a partire dall’edizione 2008 di Vinitaly, come lo spettacolo itinerante “PPP Passeggiando per Pavese” attraverso i luoghi pavesiani, le iniziative “Dipingi un manifesto per Pavese” che si è svolta in molte città italiane, e “Prestaci un tuo libro di Pavese” grazie alla quale tanti lettori “pavesiani” sparsi per il mondo hanno inviato una copia del loro libro preferito, e l’emissione da parte delle Poste Italiane di un francobollo dedicato all’opera dell’autore. All’intensa attività editoriale di Pavese presso la casa editrice Einaudi è stata dedicata la mostra “Cesare Pavese. I libri”, mentre i ragazzi del Teatro delle Forme hanno allestito il percorso teatrale ed enogastronomico “Sentiero diVino” tra le ricchezze culturali e i prodotti piemontesi. Bucarest, Madrid, Guadalajara e Tel Aviv sono state le sedi dei convegni internazionali sull’autore, al quale sono stati dedicati anche “La quinta donna. Amore e morte di Cesare Pavese” opera teatrale per attore, attrice e cinque cantanti liriche, ensemble strumentale di Luciano Sampaoli e Sergio Zavoli con Luigi Lo Cascio nel ruolo di Cesare Pavese, e un’interessante serie di proiezioni di film, tra cui “Un paese ci vuole” di Vanni Vallino, e documentari (“Sulle colline libere. Viaggio nel mondo di Cesare Pavese” di Claudio Dezani, “Cesare Pavese. Gli amici” e “Il mondo contadino nell’opera di Cesare Pavese” di Andrea Icardi).

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