Dall’inizio della crisi, nel 2008, l’obesità non ha mai smesso di crescere nei Paesi dell’Ocse e, anche se si intravedano segnali di miglioramento e il sovrappeso sia rimasto stabile in alcune nazioni, dove ci sono meno soldi per la spesa il sovrappeso è in aumento, e anche quando gli adulti non risultano aumentati di peso, la crisi si ripercuote sul peso dei bambini, alimentati con cibi e bevande spazzatura, che costano meno. Così l’ultima edizione del report sull’obesità dell’Ocse, l’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico, presentato al congresso europeo sull’obesità, in Bulgaria.
Andando nel dettaglio, l’obesità negli adulti cresce del 3% all’anno in Australia, Francia, Messico e Svizzera, mentre resta stabile negli Stati Uniti, nel Canada, in Corea ed in Italia. Nella classifica degli adulti obesi di 41 paesi, i primi 10 posti spettano a Stati Uniti, Messico, Nuova Zelanda, Ungheria, Australia, Canada, Cile, Regno Unito, Irlanda, Lussemburgo. Se l’Italia è alla posizione n. 44, al disotto della media Ocse, con l’11,3% di adulti uomini obesi e il 9,5% delle donne, il sovrappeso cresce nel nostro Paese fra i più giovani. Nella classifica dei bambini obesi dei 41 paesi, infatti, l’Italia sale al secondo posto, dietro solo alla Grecia. Dopo di noi, ci sono i giovani neozelandesi, gli sloveni e poi gli adolescenti negli Stati Uniti. Seguono il Messico, l’Ungheria, il Portogallo, il Cile, la Spagna. “Il peso dei bambini italiani è stabile - spiega Giovanni Corsello, presidente della Società italiana di pediatria - ma il nuovo report ci segnala che la crisi fa tendere a comprare più alimenti spazzatura, ricchi di grassi e zuccheri, che costano meno. Questo fenomeno incide sulle prime età della vita Il primato della Grecia si spiega proprio alla luce del fenomeno della crisi economica e delle disparità sociali. Da noi infatti persiste una differenza fra le regioni. I tassi più alti di bimbi obesi riguardano il Sud con un incremento del peso del’1% all’anno. Nel Nord il peso è invece sceso del 2% nell’ultimo anno. È urgente - conclude Corsello - definire progetti e strategie di prevenzione comuni, col contributo di istituzioni, scuole, media, medici, società scientifiche per avviare un progetto condiviso. Fino ad oggi non si è riusciti a farlo”.
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