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DALLA FRANCIA ALLA MONGOLIA: LE BOLLICINE MOET CHANDON IN BOTTIGLIE CINESI. UNA DELLE PIU’ FAMOSE GRIFFE DI CHAMPAGNE PRODURRA’ NELLA REMOTA REGIONE DI NINGXIA HUI ... LE CIFRE DEL VINO IN CINA

Italia
Moet Chandon, una delle griffe di Champagne più amate dalle grandi star di Hollywood (qui Scarlett Johansson), investe in Cina

Moet Chandon mette le sue bollicine nei vini cinesi. Dai vigneti della Champagne francese alla Mongolia profonda, la storica casa che detiene marchi celebri come Veuve Cliquot, Dom Perignon e Krug, produrrà vino frizzante nella remota regione asiatica di Ningxia Hui, in partnership con una società pubblica cinese. A 900 km ad ovest di Pechino, attraversata dal fiume Giallo, Ningxia gode di condizioni climatiche favorevoli alla produzione vitivinicola. La joint venture includerà la proprietà di 66 ettari di vigneti ed il controllo di un’azienda vinicola. Il vino, che non avrà chiaramente il nome “champagne” (riservato esclusivamente alla produzione dell’omonima regione a nord-est della Francia, ndr) sarà, comunque, commercializzato con l’etichetta “Chandon”, una sottomarca già utilizzata dal gruppo per la produzione dei vigneti della California, del Brasile, Argentina e Australia. Una mossa quella di Moet Chandon che risponde alla crescente domanda di “bollicine” nel mercato cinese, in linea con la richiesta di beni di lusso del colosso asiatico.
E le cifre parlano chiaro: la Cina, nel 2010, ha superato la Gran Bretagna diventando primo importatore di vini Bordeaux, secondo i dati del Consiglio interprofessionale francese dei vini Bordeaux, citati dal “Financial Times”. Tra il 2005-09, il consumo annuo di vino in Cina è raddoppiato, salendo a 867 milioni di litri, circa un miliardo di bottiglie
Ma Moet Chandon non è la prima azienda che volge lo sguardo a Est, a fronte del costante declino delle vendite nelle economie avanzate. Il boom della domanda nei mercati emergenti, ma anche l’offerta di terreni a prezzi stracciati rispetto all’Europa, hanno spinto diversi produttori a impiantare vigneti in Cina e anche in India. E’ il caso del famoso marchio Chateau Lafite-Rothschild che dal 2009, in partnership con Citic, la prima società pubblica cinese di investimenti, è impegnato in un progetto nella Cina orientale su un territorio di oltre 24 ettari. Già attivo, invece, nella regione di Ningxia, il gruppo d’Oltralpe Pernod Ricard.
Ma il polo del lusso Lvmh, di cui fa parte Moet Chandon, aveva già messo le mani nel mercato cinese degli alcolici, con l’acquisto nel 2007 del 55% di Wenjun, una marca di bajiu, bevanda estratto dal grano molto popolare nel paese.
Che il mercato cinese batta quello europeo in materia di vino lo dicono anche i risultati delle aste: quelle organizzate a Hong Kong incassano molto più denaro rispetto a quello che viene di solito raccolto a Londra o a New York (e come ha più volte riportato Winenews, ndr). Il tutto a fronte di prospettive di crescita incoraggianti, che vedono la Cina, entro il 2013, al settimo posto al mondo per consumo di vino. Anche l’Italia sta cogliendo le opportunità del mercato cinese. Secondo una recente analisi della Coldiretti, l’esportazione di vino, nel 2010, ha registrato un aumento del 108% in Cina e del 65% in India.

Focus - Si rafforza l’asse di ferro tra Parigi e Pechino, ma l’Italia non resta a guardare ...
Che la Cina sia la nuova frontiera per il mondo del vino lo dicono i numeri: il consumo annuo è raddoppiato tra il 2005 e il 2009, salendo a 867 milioni di litri, quasi un miliardo di bottiglie, e si prevede che il gigante asiatico entro il 2013 sarà il settimo mercato al mondo per consumi. E che i francesi siano stati i veri pionieri di un mercato in cui 20 anni fa era difficile credere, lo raccontano le cronache: la scommessa di Moët Chandon, che produrrà vino bianco frizzante in partnership con una società pubblica cinese, nella remota regione asiatica di Ningxia Hui, 900 km ad ovest di Pechino, arriva 2 anni dopo Château Lafite - Rothschild, che dal 2009, in partnership con Citic, la prima società pubblica cinese di investimenti, è impegnato in un progetto su un territorio di oltre 24 ettari.
Ci sono poi capitali che fanno il tragitto inverso, ed è così che 5 Châteaux di Bordeaux, tra il 2008 ed il 2011 sono passati in mano cinese: da Laulan Ducos, a Latour-Laguens, da Richelieu a Chenu Lafitte, fino a De Viaud. Non è il semplice rapporto tra un Paese produttore ed un mercato emergente, ma la nascita di un nuovo asse del vino mondiale, che si allontana dalla Vecchia Europa e dagli Stati Uniti, e raccorda Parigi a Pechino. La Cina, infatti, nel 2010 ha scavalcato la Gran Bretagna alla testa dei Paesi importatori di Bordeaux, e le aste di Hong Kong hanno ormai surclassato quelle di Londra, Parigi e New York.
E l’Italia? Non sta certo con le mani in mano, ed anche se in Cina siamo arrivati dopo la Francia, oggi le aziende tricolore puntano forte sulla presenza diretta sul territorio, perché i soli rapporti con importatori e distributori non bastano a scalfire il primato francese, e a far crescere la quota di vino italiano in Cina, raddoppiata tra il 2009 ed il 2010, ma pari ancora al 6%.

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