Dalle mozzarelle ai terreni agricoli, dai ristoranti all’autotrasporto, il business dell’agromafia fattura in Italia circa 14 miliardi di euro nel 2013, con un aumento record del 12% su due anni fa, in netta controtendenza sulla fase recessiva del Paese, perché la criminalità organizzata trova terreno fertile proprio nel tessuto economico indebolito dalla crisi. Lo afferma la Coldiretti in riferimento all’arresto dell’imprenditore caseario Giuseppe Mandara, da parte della Dia di Napoli in esecuzione di un’ordinanza di custodia cautelare emessa dal gip su richiesta dei pm Milita e Maresca della Dda con l’accusa di aver costruito il suo “impero” economico grazie anche alle collusioni con il clan La Torre.
“Un grave episodio che - sottolinea la Coldiretti - rischia di compromettere ulteriormente l’immagine di un prodotto come la mozzarella di bufala campana Dop che sviluppa un fatturato di oltre 435 milioni di euro dei quali 71 milioni realizzati grazie alle esportazioni in tutto il mondo e garantisce lavoro a 1.500 allevamenti”.
L’agricoltura e l’alimentare sono considerate aree prioritarie di investimento dalla malavita che ne comprende la strategicità in tempo di crisi perché del cibo, anche in tempi di difficoltà, nessuno potrà fare a meno, ma soprattutto perché consente di infiltrarsi in modo capillare la società civile e condizionare la via quotidiana della persone in termini economici e salutistici. Proprio per contrastare questi fenomeni la Coldiretti ha promosso la Fondazione “Osservatorio sulla criminalità nell’agricoltura e sul sistema agroalimentare” con il procuratore Giancarlo Caselli.
“Le mafie - sottolinea Coldiretti - controllano in molti territori la distribuzione e talvolta anche la produzione del latte, della carne, della mozzarella, del caffè, dello zucchero, dell’acqua minerale, della farina, del pane clandestino, del burro e della frutta e della verdura. Potendo contare costantemente su una larghissima ed immediata disponibilità di capitale e sulla possibilità di condizionare parte degli organi preposti alle autorizzazioni ed ai controlli, si muovono con maggiore facilità rispetto all’imprenditoria legale. Con i classici strumenti dell’estorsione e dell’intimidazione impongono la vendita di determinate marche e determinati prodotti agli esercizi commerciali, che a volte, approfittando della crisi economica, arrivano a rilevare direttamente”. Su 12.181 beni immobili confiscati alla criminalità organizzata, ricorda Coldiretti, oltre il 23% (2.919) sono rappresentati da terreni agricoli.
“Ma le mani della “Mafia Spa” - aggiunge la Coldiretti - si allungano lungo tutta la filiera e, su un totale di 1.674 aziende confiscate, ben 89 (5,3%) operano nei settori “Agricoltura, caccia e silvicoltura” e 15 (l’1%) nei settori “Pesca, piscicoltura e servizi connessi”, 173 (10%) nella ristorazione ed alloggio e 471 (28%) nel commercio all’ingrosso e al dettaglio, anche nell’agroalimentare. Le organizzazioni mafiose sono consapevoli che, pur non trattandosi del settore che garantisce i guadagni più consistenti e nel più breve tempo, il cibo costituisce la necessità primaria, di cui nessuno potrà mai fare a meno. Mettendo le mani sul comparto alimentare le mafie hanno inoltre la possibilità di affermare il proprio controllo sul territorio. Non solo si appropriano di vasti comparti dell’agroalimentare e dei guadagni che ne derivano, distruggendo la concorrenza ed il libero mercato legale e soffocando l’imprenditoria onesta, ma - conclude la Coldiretti - compromettono in modo gravissimo la qualità e la sicurezza dei prodotti, con l’effetto indiretto di minare profondamente l’immagine dei prodotti italiani ed il valore del marchio made in Italy”.
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