02-Planeta_manchette_175x100
Consorzio Collio 2024 (175x100)

DALLE “SBARRETTE” DI CIOCCOLATA AL VINO “SETTE MANDATE”, È BOOM PER I PRODOTTI ENO-GASTRONOMICI (E NON SOLO) CREATI DAI DETENUTI NEI CARCERI DI TUTTA ITALIA: VIAGGIO TRA IRONIA E QUALITÁ TRA DOLCI, MARMELLATE E BIRRA

Dal caffè alle “sbarrette” di cioccolato, dalle borse fatte a mano a vini che mixano gusto e ironia, mostrando sull’etichetta la scritta “Sette Mandate”, “Il Fuggiasco” o “Fresco di galera”: sono i prodotti “Made in Carcere”, realizzati dai detenuti in diverse case circondariali dal nord al sud del Paese, mettendo a segno piccoli primati di qualità grazie al lavoro tenace di cooperative e imprese. Ma soprattutto dei detenuti che, insieme ai prodotti, fabbricano con il lavoro un futuro diverso. Nelle carceri italiane sono 14.174 i detenuti che lavorano, il 20,8% della popolazione carceraria. Molti di loro sono impegnati nella realizzazione di questi prodotti di eccellenza nel campo agroalimentare o manifatturiero, con tanto di vetrina sul sito del Ministero della Giustizia (www.giustizia.it).
Vasta in particolare l’offerta delle specialità enogastronomiche: si parte con il formaggio fuso “Galeghiotto”, per passare agli amaretti “Dolci evasioni”, con mandorle di Avola e zucchero di canna equo solidale. E ancora in tema di biscotti, i baci di Dama “Banda biscotti”, realizzati con mandorle e cioccolato al latte. Una vera chicca i taralli al peperoncino, ai semi di finocchio, alla cipolla, al pepe e alla pizza, prodotti all’interno della Casa circondariale di Trani (venduti, da qualche tempo, anche all’Ipercoop Barletta). Nel carcere di Busto Arsizio, il trattamento e il reinserimento sociale hanno il sapore dolce della cioccolata: il laboratorio produce quotidianamente 700 chili di cioccolato e 300 di pasticceria. Nell’Istituto Sant’Angelo dei Lombardi, in Irpinia, si produce il liquore “Papillon”, a base di grappa e miele di sulla o millefiori. Una menzione speciale merita “Birra Tosta”, con il suo colore ebano e la schiuma compatta dai toni nocciola: è una specialità della cooperativa Pausa Cafè. Un posto sul podio anche a “Il Recluso Rosso”, vino Igt Lazio prodotto da Lazzaria, Cooperativa Sociale Onlus a Velletri.
Ma il più delle volte è l’inventiva il segreto del successo di questi prodotti. Come dimostrano i “Veri avanzi di galera”, oggetti inutilizzati degli istituti penitenziari italiani che, grazie alla creatività e al lavoro dei detenuti, hanno guadagnato una seconda vita. Si va dalle borse nate da vecchie coperte strappate ai lampadari realizzati con fari dei muri di cinta, comodini, librerie, plafoniere e opere d’arte rinati dalle lavatrici e dai computer smaltiti. Tra le ultime proposte, le scatole ricordo “Altracittà”, realizzate in cartone su richiesta del cliente a seconda delle sue esigenze. I coperchi delle scatole vengono personalizzati con una carta realizzata con un collage composto dalle foto fornite dal cliente. E’ posso ci sono prodotti curiosi, utili e soprattutto particolari, come la stufa in ferro o il Profumo “Fumne” . E non poteva mancare lo “Svuotatasche”, pratiche ciotole realizzate con ritagli di ferro. O il portamonete quadrato che non a caso si chiama “Ora d’Aria”. Poi ecco il “Quaderno 150 anni Unità d’Italia”, realizzato a mano nel laboratorio di legatoria nella Casa di reclusione di Padova, che riproduce un acquerello dedicato al monumento ai caduti di San Giorgio in Bosco, a Padova. Mentre per le donne è da segnalare l’abito all'americana Sartoria San Vittore, in jersey di lana blu. Ma ci sono anche borse viaggio “Rebibbia fashion”, realizzate interamente a mano, in pelle o cuoio. Unisex, invece, le magliette “i’Dado libera il galeotto”.
“Il lavoro e la cultura - sottolinea Franco Ionta, Capo del Dipartimento amministrazione penitenziaria (Dap) - sono due componenti fondamentali per rendere la detenzione finalizzabile a un recupero sociale. Un segno concreto che dimostra come l’amministrazione penitenziaria non significhi solo apertura e chiusura di porte. Questo del “made in carcere” è un mondo abbastanza nascosto all’opinione pubblica, che considera il carcere un posto dove le persone soggiornano per un certo numero di mesi o di anni. Il carcere produce invece molte altre cose e tante eccellenze in campo agroalimentare. Abbiamo ad esempio aziende agricole e un progetto importante in Sardegna, chiamato “Colonia” (Convertire Organizzare Lavoro Ottimale Negli Istituti Aperti). Ultimamente al Salone della Giustizia, a Rimini, abbiamo fatto uno stand con tutti i prodotti fatti in carcere”.
“Il 20% della popolazione detenuta riesce a lavorare - spiega Ionta - ovvero più di 14.000 persone. Dobbiamo superare questa soglia e avvicinarci al 100%. Questo l’impegno dell'amministrazione penitenziaria”. Ma perché i progetti si consolidino, servono iniziative di sistema e risorse, ma anche persone che vogliano intraprendere queste iniziative che sono proficue anche sotto il profilo fiscale, perché chi fa lavorare un detenuto ha degli sgravi. “E anche il contratto di lavoro - fa notare il Capo del Dap - è di due terzi rispetto a quello nazionale per tutte le altre categorie omologhe. Perciò il carcere oltre a promuovere il reinserimento del detenuto può essere conveniente per le imprese”. “La struttura penitenziaria - conclude Ionta - si muove in questa direzione: far conoscere i prodotti d'eccellenza, divulgarli il più possibile e fare in modo che il detenuto sia occupato. Perché il lavoro sicuramente esclude il delitto”.

Copyright © 2000/2024


Contatti: info@winenews.it
Seguici anche su Twitter: @WineNewsIt
Seguici anche su Facebook: @winenewsit


Questo articolo è tratto dall'archivio di WineNews - Tutti i diritti riservati - Copyright © 2000/2024

Altri articoli