Dazi (fino anche al 380%), accise e tasse impediscono lo sviluppo dell’e-commerce: “nello Stato di Washington, nel parco tecnologico mondiale per eccellenza (Microsoft e Boeing) un residente è limitato, per legge, ad acquistare on line al massimo 24 bottiglie di vino all’anno, senza passare per le “grinfie” dello Stato”. E’ l’esempio più emblematico e curioso di come le barriere economiche, che tutti dicono di voler abbattere, tarpano le ali allo sviluppo della realtà del commercio business to consumer (in Italia, il giro d’affari globale è di 500 miliardi annui), emerso oggi dal convegno internazionale “New economy e nuova agricoltura: il valore della filiera breve” a Bevagna, patria insieme a Montefalco del famoso “Sagrantino”, vino-griffes ormai da anni sulle tavole di molti big del mondo. “Barriere doganali e burocrazia impediscono - ha detto Marco Caprai, imprenditore e presidente del Centro Agro Alimentare dell’Umbria, che ha organizzato il convegno - ogni sviluppo del business to consumer anche ad aziende che hanno le carte in regole per il mercato virtuale, e cioè qualità, immagine, logistica e nuove tecnologie”. Dal forum di Bevagna (al quale hanno partecipato tra gli altri, il professor Benedetto Benedetti della Scuola Normale Superiore di Pisa, il responsabile MSN Internazionale-Microsoft USA Demetrio D’Ambrosi), già ribattezzata la “Cernobbio del Vino”, comunque, docenti ed esperti di e-commerce hanno anche richiesto per le imprese che decidono di andare in rete per sviluppare il business to consumer “l’abbattimento dei costi, la facilitazione nei collegamenti tra loro per creare un naturale ecosistema, lo sviluppo di azioni di educazione e di formazione, e, più in generale, una rapida armonizzazione delle normative a livello nazionale ed internazionale”. “Ma, per il “wine & food”, lo sviluppo del business to consumer - ha detto il professor Francesco Sacco dell’Università Bocconi di Milano - potrà essere realtà consolidata non prima del 2005; il futuro prossimo è dunque quello del business to business (ovvero le transazioni tra aziende), che già vuol dire, per l’agroalimentare di tutto il mondo, 22 miliardi di dollari (con previsioni di crescita a 211 miliardi di dollari nel 2004). Il fascino della grande rete colpirà dunque gli imprenditori italiani: nel 2004, il 12% delle negoziazioni "wine & food" nel business to business avverrà on line. L’evoluzione dell’e-commerce, insomma, non sarà soltanto accorciare la filiera e disintermediare (che porterebbe anche ad una logica conflittuale): vuol dire, in primis, cercare un nuovo approccio al mercato. Per questo, dunque, occorrerà avviare al più presto un processo di concentrazione dell'offerta per rendere più efficiente la filiera agricola”. “I benefici possibili di Internet in agricoltura - ha continuato il professor Francesco Sacco dell’Università Bocconi di Milano – sono le forniture a prezzi inferiori, l’aumento dell’assortimento, le maggiori informazioni sui tempi di consegna, la maggiore semplicità e flessibilità degli ordini, i nuovi servizi, le nuove tecnologie a costi inferiori, i mercati di sbocco più ampi, le possibilità di vendere in momenti diversi del ciclo produttivo, il ciclo di vendita dei prodotti deperibili più rapido e maggiori informazioni su prezzi e condizioni”. L'e-commerce, inoltre, non vuol dire soltanto nuove tecniche di commercio, ma anche un moderno modello di organizzazione del sistema imprenditoriale ed economico: il mercato si è già trasformato da locale in globale, e quindi le piccole imprese possono arrivare dove prima non sarebbero mai arrivate. E questo, grazie soprattutto ad Internet, strumento fondamentale di lavoro per le aziende in termini anche d’informazione e di conoscenza.
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