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COMMERCIO INTERNAZIONALE

Dazi Usa, la dura posizione di OriGin Italia: “le Indicazioni Geografiche non si toccano”

L’Associazione dei Consorzi si schiera contro la politica ritorsiva americana e chiede misure di compensazione all’Unione Europea
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Il valore delle Dop e Igp italiane nel rapporto Qualivita Ismea

Una dura critica della politica Usa, più ritorsiva che protezionista, perché vengono mirati prodotti di riferimento dei singoli Paesi europei (in Italia soprattutto il formaggio, ma anche i liquori e i salumi), e un appello all’Ue affinchè disponga una serie di misure di compensazione. È questo, in sintesi, il messaggio lanciato ieri, a Roma, da OriGin Italia, associazione che rappresenta il 95% delle produzioni italiane ad indicazione geografica, nel corso di una conferenza dedicata ai dazi Usa, entrati in vigore il 18 ottobre, che colpiranno ben 93 indicazioni geografiche europee e 40 prodotti Dop e Igp italiani.
Ad essere colpiti, manifestando un’evidente politica ritorsiva, sono i prodotti di riferimento dei singoli Paesi membri: l’olio per la Spagna, il vino per la Francia, il formaggio per l’Italia, il whisky per la Scozia. Per l’Italia ad accusare il colpo più duro potrebbe essere il Parmigiano Reggiano, che vedrà aumentare i propri dazi da 2,15 a 6 dollari al chilo e sulla cui realtà ricadrà il 25% dell’impatto complessivo (30 milioni di euro) che la misura avrà sul sistema delle Ig italiane. Fortemente interessato anche il Grana Padano, che in Usa esporta 75 milioni di euro di prodotto (l’8% del totale esportazioni) e che vede passare il dazio da 2 a 5,25 euro al chilo, per una perdita annuale stimata in 270 milioni di euro.
L’operazione del governo americano, sottolinea OriGin Italia, sarebbe un segnale per migliorare le condizioni economiche dei produttori statunitensi di latte, oggi sottopagati a meno di 30 centesimi di dollaro al litro e colpiti dalle contromisure cinesi per i dazi Usa su acciaio e alluminio, che hanno fatto crollare della metà l’export di latte e derivati verso il Paese asiatico. È preoccupante, quindi, il fatto che i dazi, da strumenti di regolazione del mercato insieme a sussidi e norme, vengano impiegati in modo chirurgico per alimentare un contrasto fra i produttori dei due lati dell’Atlantico.
I prodotti americani lamentano poi un più difficile accesso dei loro prodotti al mercato Eu rispetto a quelli europei verso gli Usa e affermano che l’uso di termini come Asiago, Fontina, Gorgonzola, Grana, Parmesan, ma anche Feta Munster e Havarti, siano di uso comune e dunque vorrebbero essere liberi di usarli anche per i loro formaggi da esportare nell’Unione Europea, cosa vietata dalla nostra normativa. In realtà l’importazione di formaggi negli Usa rappresenta il 3% della loro produzione, di cui il 2,2% arriva dalla Ue e lo 0,7% dall’Italia.
“Ciò che chiede in cambio l’amministrazione americana è irragionevole - commenta il presidente di OriGin Italia e numero uno del Consorzio Grana Padano Cesare Baldrighi -perché si pretende che con la stessa facilità con cui i prodotti italiani entrano nel mercato americano, i prodotti evocativi fatti negli Stati Uniti entrino in Europa. Un conto è la tutela, cioè l’uso delle denominazioni geografiche, un altro è il mercato, cioè i dazi e tali aspetti devono essere tenuti distinti. È una condizione che non possiamo accettare, le Ig meritano rispetto e non si toccano, come ha ribadito anche il Ministro per le Politiche Agricole Teresa Bellanova, che ha lanciato il guanto di sfida ai dazi americani e al contempo invitato le istituzioni europee a condannare un attacco di simili proporzioni al sistema delle nostre indicazioni geografiche”.
La strada da battere, quindi, sarà chiedere misure di compensazione all’Unione Europea, insistendo in particolare sul potenziamento delle attività di promozione dei prodotti Dop fuori dai confini comunitari e la migliore risposta dell’Unione Europea e del Governo italiano, dal canto loro, sarebbe proprio quella di attuare corsie preferenziali nei programmi promozionali dell’agroalimentare negli Usa, per i progetti a favore dei prodotti colpiti dai dazi. Inoltre sarebbe utile poter ottenere anche aiuti alle imprese.
“L’impatto dei dazi sulle nostre Ig dipenderà molto dalla tempistica con cui si svilupperanno - sottolina il direttore di OriGin Italia, Leo Bertozzi - avremo quattro mesi di tempo per cercare di risolvere politicamente il problema. Qualora si risolvesse in tempi brevi, le ripercussioni non saranno così rilevanti, ma se i dazi entrati in vigore il 18 ottobre dovessero protrarsi anche per tutto il 2020 ed oltre, potrebbero determinare serie ripercussione nel comparto di Dop e Igp”. Se la politica dei dazi dovesse perdurar, un riflesso si avvertirà inevitabilmente anche sul mercato italiano. Nel breve periodo i prezzi potrebbero diminuire per smaltire le scorte, ma i mancati ricavi da uno dei principali mercati mondiali di esportazione dovranno essere compensati in qualche modo e ciò potrebbe voler dire aumentare i prezzi anche in Italia.

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