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MERCATI MONDIALI

Dazi Usa, “l’Ue attivi subito gli aiuti compensativi”. Da Cernobbio la richiesta di Coldiretti

Intanto è corsa alle scorte: in una settimana acquisti di Parmigiano e Grana a +220%, in vista dell’entrata in vigore dei dazi, il 18 ottobre
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Il made in Italy agroalimentare alla prova dei dazi Usa

I dazi Usa che, ormai pare scontato, entreranno in vigore dal 18 ottobre, colpendo anche tanti prodotti del made in Italy, formaggi su tutti, hanno tenuto banco nel Forum Internazionale dell’Agroalimentare di Coldiretti a Cernobbio. Dazi che, oltre a dare una mano al “falso made in Italy” e all’“Italian Sounding”, sostiene l’organizzazione agricola, che solo sui formaggi, in Usa, vale 24 miliardi di dollari, ha scatenato una corsa alle scorte “pre dazio”, tanto che solo nell’ultima settimana gli acquisti di Parmigiano e Grana Padano sono cresciute del 220%. Ma è sul medio-lungo termine che si deve ragionare, e l’obiettivo primario è che l’Unione Europea attivi subito (magari potenziandone il budget) gli aiuti compensativi per azzerare l’effetto dazi su produttori ed agricoltori. Proposta già accolta dal Governo italiano, e che sarà al centro della prossima riunione del Consiglio Europeo Agricoltura e Pesca, in programma il 14 ottobre.
“Siamo stati i primi a chiedere un intervento immediato con risorse adeguate per sostenere le imprese colpite dai dazi ed evitare la perdita di competitività sul mercato a vantaggio dei Paesi concorrenti” ha affermato il presidente Coldiretti, Ettore Prandini, nel sottolineare che “occorre rafforzare i programmi di promozione dei prodotti agricoli nei paesi terzi e concedere aiuti nazionali agli agricoltori che rischiano di subire gli effetti di una tempesta perfetta tra dazi Usa e Brexit, dopo aver subito fino ad ora una perdita di un miliardo di euro negli ultimi cinque anni a causa dell’embargo totale della Russia”.
Una prima risposta positiva in questo senso è venuta dal nuovo Commissario Europeo all’Agricoltura Janusz Wojciechowski, che nel suo primo intervento ha avanzato la proposta di una riserva di crisi contro gli aumenti tariffari sulle importazioni di prodotti europei negli Stati Uniti. “Lo stesso Donald Trump, nella guerra commerciale con la Cina - ha continuato Prandini - ha varato un piano da 16 miliardi di dollari per sostenere i farmers, gli agricoltori americani colpiti dagli effetti dei dazi. È quindi importante che la risposta dell’Unione Europea non si faccia attendere dopo la pubblicazione della black list del Dipartimento del Commercio statunitense (Ustr) sul Registro Federale che entrerà in vigore il 18 ottobre colpendo con dazi del 25% il made in Italy sulle tavole statunitensi, dal Parmigiano Reggiano al Grana Padano fino al Gorgonzola ma anche altri prodotti lattiero caseari, salumi, agrumi, succhi e liquori”.
L’azione dell’Italia è supportata da analoghe richieste da parte della Spagna colpita su olio di oliva, vino e formaggi, e dalla Francia che stima in 1 miliardo il danno economico totale causato dai dazi Usa, anche se più della metà (530 milioni) riguarderà il settore aerospaziale mentre nell’alimentare sono interessati i vini ed i formaggi tranne il Roquefort. La Grecia grazie ai negoziati portati avanti dal governo, sarebbe riuscita ad escludere l’olio d’oliva e le olive da tavola (più del 50% dell’export agricolo Greco negli Usa) dall’elenco dei prodotti colpiti mentre per l’Irlanda i settori maggiormente colpiti sono quello lattiero caseario, quello delle carni suine e dei liquori (Whisky e Baileys) ma le preoccupazioni si sommano a quelle per la Brexit.
Preoccupazioni che, intanto, spingono gli americani a fare scorte, tanto che nell’ultima settimana sono più che triplicati (+220%) gli acquisti di Parmigiano Reggiano e Grana Padano negli Stati Uniti. “Dal 4 ottobre giorno in cui è stata pubblicata la black list dei prodotti colpiti da dazi in Usa, consumatori e ristoratori statunitensi - rivela la Coldiretti - stanno facendo man bassa di formaggio italiano in vista del 18 ottobre, quando il dazio per il Parmigiano reggiano e per il Grana Padano passerà dagli attuali 2,15 dollari al chilo a 6 dollari al chilo. Il risultato è che ogni camion carico di formaggio costerà fino a 80.000 dollari in più secondo l’Associazione statunitense degli importatori di prodotti lattiero caseari, mentre il consumatore americano lo dovrà acquistare sullo scaffale ad un prezzo che passa dagli attuali 40 dollari al chilo ad oltre i 45 dollari, con un probabile effetto di contenimento dei consumi. A rischio c’è la crescita record del 26% dal valore delle vendite di Parmigiano Reggiano fatta registrare sul mercato americano, che è il secondo a livello mondiale per il formaggio italiano più conosciuto, e, con essa, un sistema produttivo unico al mondo dal quale si ottengono 3,7 milioni di forme all’anno, con 330 piccoli caseifici artigianali della zona tipica alimentati dal latte prodotto nelle 3.000 stalle rimaste dove si allevano 25.000 mucche. Ma saranno colpite da dazi Usa - ricorda Coldiretti - esportazioni agroalimentari Made in Italy per un valore di circa mezzo miliardo di euro con la presenza nella black list di prodotti come Grana Padano, Gorgonzola e altri lattiero caseari ma anche su salami, mortadelle, crostacei, molluschi agrumi, succhi e liquori come amari e limoncello. In cima alla lista delle specialità più colpite, secondo un’analisi Coldiretti su dati Nomisma, ci sono i formaggi, per un valore di oltre 220 milioni di euro seguiti dai liquori con 150 milioni di euro, mentre sono stati “risparmiati” vino, olio extravergine d’oliva e pasta”.
Una mossa, quella di Trump, ribadisce la Coldiretti, di dividere l’Unione Europea colpendo settori differenti Paese per Paese, come nel caso dell’agroalimentare. “Se l’Italia ha così pagato caro in termini di formaggi - sottolinea la Coldiretti - la Francia ha visto colpito principalmente i vini fermi per un valore di quasi 1,2 miliardi di euro, un quinto dell’export agroalimentare transalpino, mentre si sono salvati lo Champagne e le specialità lattiero casearie. Nel caso della Spagna l’importo dei prodotti penalizzati supera addirittura il 35% del totale con vino e olio d’oliva “stangati” dal presidente Usa - prosegue Coldiretti - mentre la Gran Bretagna pagherà caro soprattutto in termini di superalcolici, a partire dallo Scotch Whiskey, con un conto finale che colpisce oltre il 60% delle vendite di prodotti britannici. “Spirits” nel mirino anche nel caso della Germania, che si vedrà tassare circa un quinto delle sue esportazioni negli States”.

Intanto, ad avvantaggiarsi dei dazi sui formaggi italiani, sarà l’industria americana. Dazi che “spingono il fatturato del falso Made in Italy negli Stati Uniti a 24 miliardi di dollari, una risposta del presidente degli Stati Unit Donald Trump alle sollecitazioni dalla lobby dell’industria casearia Usa (Ccfn) che - riferisce la Coldiretti - ha esplicitamente chiesto con una lettera di imporre tasse alle importazioni di formaggi europei al fine di favorire l’industria del falso made in Italy e costringere l’Unione Europea ad aprire le frontiere ai tarocchi a stelle e strisce. A differenza di quanto avviene per altri articoli come la moda o la tecnologia, a taroccare il cibo italiano non sono i Paesi poveri, ma soprattutto quelli emergenti o i più ricchi a partire proprio dagli Stati Uniti. Negli Stati Uniti il 99% dei formaggi di tipo italiano sono “tarocchi” nonostante il nome richiami esplicitamente le specialità casearie più note del Belpaese, dalla Mozzarella alla Ricotta, dal Provolone all’Asiago, dal Pecorino Romano al Grana Padano, fino al Gorgonzola. Le brutte copie dei prodotti caseari nazionali ha avuto una crescita esponenziale negli ultimi 30 anni raggiungendo complessivamente i 2,5 miliardi di chili ed è realizzata per quasi i 2/3 in Wisconsin e California mentre lo Stato di New York si colloca al terzo posto. In termini quantitativi in cima alla classifica - precisa Coldiretti - c’è la mozzarella con 1,97 miliardi di chili all’anno, seguita dal Parmesan con 192 milioni di chili, dal provolone con 181 milioni di chili, dalla ricotta con 113 milioni di chili e dal Romano con 25 milioni di chili realizzato però senza latte di pecora, secondo l’analisi della Coldiretti su dati Usda, il Dipartimento dell’Agricoltura Statunitense”.
Sulla “Tavola del Falso Made in Italy in Usa” esposta a Cernobbio, così, si può dunque trovare assieme al parmesan anche il Romano Cheese, l’Asiago Cheese, la Crescenza Stracchino o il Provolone Cheese Organic. Ma il problema riguarda tutte le categorie merceologiche come il vino Chianti prodotto in California o il Marsala, il San Marzano nella versione “sugo di pomidoro - Arrabbiatta Sauce” o “pomidori pelati”, l’olio Pompeian made in Usa, i salumi più prestigiosi, dalle imitazioni del Parma e del San Daniele al Calabrese Salame, Salame Toscano o addirittura la Finocchiona o la Soppressata.
“La pretesa di chiamare con lo stesso nome prodotti profondamente diversi è inaccettabile e rappresenta un inganno per i consumatori ed una concorrenza sleale nei confronti degli imprenditori” ha affermato il presidente della Coldiretti Ettore Prandini. “Ora è necessario aprire la trattativa a livello comunitario e nazionale dove una buona premessa al confronto sono le importanti relazioni con il presidente degli Stati Uniti Donald Trump che ha saputo costruire il premier Giuseppe Conte” ha concluso Prandini nel sottolineare l’esigenza che “vengano attivate al più presto forme di sostegno ai settori più duramente colpiti e non coinvolti bel settore aerospaziale al centro della disputa sugli aiuti a Airbus e Boeing che ha originato la guerra commerciale in atto”.

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