Nello scenario decisamente “fluido” che la querelle dazi Usa-Ue sta disegnando in questi mesi, i cambiamenti sono all’ordine del giorno. E così, in attesa di capire se il vino e altri prodotti dell’agroalimentare europeo si vedranno imposto un dazio del 15%, o se (e quali) saranno salvati ed inclusi della lista “zero-per-zero” sui cui c’è grande attesa (rumors da Bruxelles danno più chance agli spirits che al vino, che comunque spera fino all’ultimo), secondo il Ministro dall’Agricoltura Francesco Lollobrigida, quello enoico, da settore messo meno peggio degli altri, come aveva detto in un’intervista a WineNews dell’11 luglio, oggi “è quello che preoccupa di più. Ma su questo sembra che ci sia ancora la possibilità di rivedere la trattativa. Più facile quella sugli spiriti prodotti anche dagli Usa che potrebbe finire con zero a zero. Ma vedremo alla luce dei prossimi giorni se ci sarà davvero una riduzione dell’export. Lunedì 4 agosto a Palazzo Chigi abbiamo convocato una riunione del sistema produttivo per affrontare la questione vino, non solo legata ai dazi, ma anche ad una strategia complessiva”, ha dichiarato lo stesso Lollobrigida oggi, in una intervista al quotidiano “Corriere della Sera”, in cui affronta il tema dei dazi (ma non solo), sottolineando come per alcune filiere l’impatto potrebbe essere minore che per altre, in attesa dei documenti ufficiali prima, e delle valutazioni reali che arriveranno dal mercato poi, visto che ancora sono solo speculazioni teoriche. Intanto, però, mentre tutte le associazioni di categoria, del vino, dal Ceev a Federvini, ad Unione Italiana Vini - Uiv, bocciano l’accordo tra Usa e Ue, tra Trump e Von der Leyen, così come fatto dalle organizzazioni agricole come Coldiretti e Fedagripesca Confcooperative (e c’è chi tra loro, come la Cia-Agricoltori, oltre al rischio di un calo diretto delle importazioni di vino italiano, sottolinea anche quello dell’effetto sostituzioni con i prodotti di altri Paesi con dazi più bassi o prezzi più bassi e quindi più vantaggiosi), dal mercato c’è anche chi sostiene che un dazio al 15% sia un “ostacolo superabile”, ma solo con un piano straordinario di sostegno e con un “fronte comune” tra produttori, istituzioni ed importatori. “L’accordo sui dazi al 15% tra Ue e Usa rappresenta una sfida importante, ma non insormontabile. Servono però misure concrete e immediate. Perché non destinare parte dei fondi del Pnrr o dell’Ocm Vino a un piano straordinario di sostegno alle esportazioni verso gli Usa? Sarebbe un segnale forte di responsabilità e visione”, ha dichiarato Edoardo Freddi, ceo di Edoardo Freddi International, una delle più avanzate realtà italiane dedicate all’export. “In questo momento serve uno sforzo corale: produttori, istituzioni e importatori devono fare fronte comune. Dobbiamo supportare chi è sul mercato, chi ogni giorno promuove e vende il vino italiano oltreoceano, perché senza di loro non esistiamo nemmeno noi. Nel frattempo, dobbiamo stare vicini ai clienti americani, più che mai. Un dazio del 15% è pesante, certamente. Ma non è la fine del mondo. È un ostacolo superabile, se ci presentiamo uniti, flessibili, pronti ad adattarci. Il vero nodo oggi è il cambio, che penalizza fortemente le nostre esportazioni. Ma passerà. La tempesta si placherà, e dobbiamo farci trovare pronti, solidi, presenti. Non possiamo fermarci. È il momento di raddoppiare gli sforzi e andare avanti, con intelligenza e determinazione”, conclude Freddi.
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