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DIFFICILE REPERIRE RISORSE, E L’AUMENTO DELL’IVA, PREVISTO PER IL 1 LUGLIO, NON E’ PIU’ RIMANDABILE. A PAGARE I CONSUMATORI, I COMMERCIANTI, MA ANCHE IL SETTORE AGRO-ALIMENTARE. LEVATA DI SCUDI VA DAL MINISTRO DE GIROLAMO AD ASSOCIAZIONI

Visto come il fumo negli occhi da consumatori e commercianti (e relative categorie), l’aumento dell’Iva appare sempre più come un’opzione irrimandabile per rimpinguare le sempre più stremate casse statali. Lo scatto, che dall’1 luglio porterà l’imposta sulla stragrande maggioranza dei prodotti al 22%, colpirà anche diverse produzioni agroalimentari, a partire dal vino (che, come ricorda Coldiretti, deve fare i conti con un trend negativo che nei primi 3 mesi 2013 ha fatto segnare un calo dei consumi del 7% sullo stesso periodo 2012), suscitando un’alzata di scudi generale, dettata soprattutto dal timore di un crollo dei consumi che molti considerano inevitabile. Anche il Ministro delle Politiche Agricole, Nunzia De Girolamo si dice “contraria all’aumento dell’Iva, perché penso che abbassi i consumi e che in questo momento non sia assolutamente la soluzione per fare cassa. Dopo il segnale dell’Imu - aggiunge la De Girolamo - l’altra battaglia che mi auguro di poter condividere con gli altri alleati è questa dell’Iva, ma in effetti è uno dei punti che ci vede divisi all’interno della maggioranza”.

Anche secondo la Cia - Confederazione Italiana Agricoltori, “questa misura avrà un effetto devastante sui portafogli in una situazione già critica per le famiglie. Anche se la maggior parte degli alimentari è esclusa dal rialzo dell’imposta dal 21 al 22%, le conseguenze si sentiranno comunque. I rincari sulla voce carburanti non faranno che aumentare le spese di trasporto dei prodotti dal campo alla tavola. Spingendo in alto i listini al bancone del supermercato. Il previsto aumento dell’Iva a partire dal primo luglio allontanerà sempre di più la ripresa “gelando” i consumi già in crisi. C’è il serio rischio che questo rialzo possa tradursi a fine anno in un calo ulteriore di un punto e mezzo percentuale dei consumi alimentari, il cui trend appare già oggi molto negativo con un crollo del 3% circa in quantità nel primo bimestre del 2013. Lo afferma la Cia - Confederazione Italiana Agricoltori”. È vero che l’aumento dell’Iva - ricorda la Cia - dal 21 al 22% non riguarda beni di prima necessità come pasta o pane, ma coinvolge tuttavia prodotti di largo consumo come acqua minerale, vino e spumanti, birra, succhi di frutta, caffè e bevande gassate. Senza contare che il rialzo sulla voce carburante avrà comunque effetti sul settore, visto che in Italia, per arrivare dal campo alla tavola, i prodotti alimentari viaggiano su gomma nell’85% dei casi: l’aumento delle spese di trasporto, quindi, andrà a “pesare” sui listini al supermercato, spingendoli verso l’alto.

Anche per la Coldiretti, come ha spiegato il presidente Sergio Marini, “occorre scongiurare l’aumento dell’aliquota Iva previsto per il primo di luglio 2013 per evitare ulteriori effetti depressivi sulle vendite che al dettaglio sono già crollate del 3,8% nel primo bimestre 2013, con un calo del 2,9% per gli alimentari e del 4,3% per i non alimentari. Siamo di fronte ad un mese complicato per trovare le risorse che consentano di evitare l’aumento dell’Imposta di valore aggiunto, che dal primo luglio passera dal 21 al 22% per alcuni prodotti di base come il vino che - conclude la Coldiretti - deve già fronteggiare un drammatico calo degli acquisti familiari che sono scesi del 7% nel primo trimestre del 2013 dove aver raggiunto nel 2012 il livello di consumi interni più basso dall’Unità d’Italia a 22,6 milioni gli ettolitri nel 2012”.

Al coro dei “no”, si unisce l’industria alimentare, che chiede a gran voce la sua cancellazione. Filippo Ferrua Magliani, presidente di Federalimentare, rivela che “il passaggio dell’Iva dal 21 al 22% coinvolgerebbe oltre il 30% del carrello della spesa alimentare, pari a circa 70 miliardi di euro. E ad essere colpite sarebbero soprattutto le famiglie a basso reddito dove il peso dell’alimentare sulla spesa complessiva sale dal 17% fino al 25-30%”.

Una stima, questa, estremamente prudente, perché non tiene conto degli effetti moltiplicatori dell’aumento dell’Iva lungo la filiera alimentare, destinati certamente a gonfiare in modo significativo l’effetto cumulato della misura fiscale. In particolare, passando al 22%, sarebbero colpite alcune fasce di prodotti alimentari di uso quotidiano, certo non di lusso, da parte delle famiglie italiane: acque minerali, caffè e tè, vino, birra, succhi di frutta, limonate, cole e altre bevande gassate, fino al cibo per cani e gatti. Inoltre, dovendo spendere di più per prodotti comunque necessari, ai quali i consumatori non rinuncerebbero certamente, si spenderà di meno per altri, rinviando la tanto attesa fase di rilancio dei consumi.

“Questa zavorra - conclude Ferrua - non è sopportabile né per le tasche dei consumatori ne’ per l’industria alimentare, che sta vivendo una congiuntura difficile, con prospettive di ripresa lenta e sofferta rimandate, nella migliore delle ipotesi, al 2014. Inoltre l’impatto di questo provvedimento sarebbe tanto più grave in quanto accelererebbe e rafforzerebbe la tendenza alla flessione dei consumi alimentari delle famiglie, che da inizio 2013 stanno subendo il calo più marcato dall’inizio della crisi: -4,5% in valori costanti, quasi la metà del calo accumulato nell’ultimo quinquennio”.

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