Un disastro. Ecologico ed economico. In Italia, la produzione di miele rischia quest’anno di dimezzarsi: 40 mila, forse 50 mila quintali meno del solito, il livello più basso mai raggiunto. «Bisognerebbe aspettare la fine dell’estate per azzardare cifre precise - confessa Francesco Panella, presidente dell’Unione nazionale apicoltori, - ma già oggi la tendenza è chiara, ed è pessima». Le «cifre precise» arriveranno probabilmente con i primi di settembre, quando a Montalcino si terrà (dal 6 all’8) la consueta settimana del miele. Proprio da Montalcino, l’anno scorso, suonò il primo allarme: «Un calo di produzione del 20% - ricorda Panella -. Adesso ancora un segno meno». E pensare che il blocco delle importazioni dalla Cina, deciso in marzo dalla Ue (nel miele è stata scoperta la presenza di antibiotici), aveva illuso su una rapida ripresa del «made in Italy». Le cause del calo produttivo? La prima è dovuta allo sconvolgimento climatico del pianeta (quest’anno la siccità ha notevolmente ridotto la raccolta del polline). Ma è l’inquinamento il principale responsabile. Un ecosistema ormai alle corde sta sterminando le api, da sempre considerate sensibili «termometri ambientali». Complici, in molti casi, gli stessi agricoltori. Il quotidiano francese «Le Monde» ha pubblicato un’intera pagina per denunciare gli effetti negativi provocati da un insetticida: il suo principio attivo, inglobato nelle sementi (girasole, mais, grano) e rilasciato lentamente dalla pianta durante la crescita, sarebbe fatale per gli insetti che ne vengono a contatto attraverso il polline e il nettare dei fiori. Pericoli? Assolutamente no: il miele non rischia contaminazioni, perché le api muoiono prima di produrlo. Ma la moria sta facendo lievitare i prezzi. In alcuni casi gli aumenti all’ingrosso già superano il 30%: per esempio, il miele d’acacia (quello più richiesto) costa fino a 4,65 euro il chilo, contro i 3,87 di un anno fa; quello millefiori è salito a 2,58 euro da 1,86. Gli esperti però continuano ad avvertire di andarci piano con i numeri, i listini infatti vengono di solito fissati a metà settembre. Solo allora vedremo se i ricarichi si saranno trasferiti al consumo. Già adesso costa meno il miele d’importazione. Arriva da Argentina e Messico, ma anche (e in questo caso spesso la qualità lascia a desiderare) dalla Cina e dall’Estremo Oriente. I nostri produttori vorrebbero un marchio di qualità per distinguere quello che è realmente fatto come una volta, «vergine e integrale». Ma Bruxelles non si decide a dare il via libera. Intanto, per il made in Italy, la situazione è vicina al punto di non ritorno. Molti apicoltori potrebbero decidere di abbandonare l’attività. Con conseguenze gravi: economiche per la perdita di un prodotto alimentare tipico, molto di più per la mancata opera di impollinazione. «Se l’ape scomparisse dalla faccia della terra, all’uomo non resterebbero che quattro anni di vita», diceva Albert Einstein.
Fonte: Corriere della Sera - Autore: Renzo Ruffelli
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