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DIMINUISCE LA PRODUZIONE COMPLESSIVA, MA CRESCE QUELLA D’OLIO CERTIFICATO: ECCO LA FOTOGRAFIA DELL’OLIVICOLTURA ITALIANA, SCATTATA A “LE DOP ITALIANE DELL’EXTRAVERGINE D’OLIVA A CONFRONTO”, RAMPA DI LANCIO DI “OLIO CAPITALE EXPO”, DI SCENA A TRIESTE

Diminuisce la produzione complessiva, ma cresce quella d’olio certificato: ecco la fotografia dell’olivicoltura italiana, scattata al convegno “Le Dop italiane dell’extravergine d’oliva a confronto”, di scena a Trieste, vera e propria rampa di lancio per l’edizione n. 6 di “Olio Capitale Expo”, la più importante fiera in Italia interamente dedicata all’olio, che sarà di scena nel capoluogo giuliano dal 2 al 5 marzo 2012, grazie alla regia organizzativa di Aries (info: www.oliocapitale.it).
Le cifre Istat sul panorama dell’olivicoltura italiana delineano un quadro variegato, in cui ad un calo della produzione ed a una diminuzione del numero delle aziende, fa da contraltare un valore dell’olio del Belpaese che va all’estero nettamente superiore a quello dell’olio importato, oltre ad un andamento dell’olio di qualità che offre ampi margini di crescita. “Cala - come ribadisce Mario Adua (Servizio Agricoltura Istat) - la produzione d’olive e olio, e una parte, il 7%, non viene nemmeno raccolta a causa di costi troppo elevati, che inducono anche a comprare sempre meno spesso nuovi impianti. Anche il numero di aziende è diminuito: tra il 2000 e il 2007 si è registrato un crollo di ben 342.000 unità - continua Adua - e il profilo dell’olivicoltore invecchia, dal momento che il 45,7% ha almeno 65 anni. Un dato particolarmente rilevante riguarda il commercio estero: in Italia si importa più olio di quanto se ne esporta. Nel 2010, infatti, sono state importate 610.000 tonnellate, mentre ne sono state esportate solo 380.000. Tuttavia il valore dell’olio italiano è molto maggiore rispetto a quello importato (valore import 2010: 1,20 miliardi di euro a fronte di 1,17 miliardi dell’export).
Ben diverso il trend degli oli certificati, come spiega ancora Mario Adua: “la Dop attesta un patrimonio unico. È un riconoscimento intellettuale come il diritto d’autore che viene assegnato dall’Unione Europea non tanto per il valore commerciale del prodotto, quanto per quello intellettuale di storia, tradizione e cultura che possiede il prodotto. Ed è proprio sulle produzioni di qualità - continua Adua - che si gioca il futuro dell’agricoltura: il Mezzogiorno, che vanta l’80% della produzione italiana, si sta muovendo ora sulle Dop, mentre al Centro e Nord Italia, con il 20% e il 2,4% della produzione totale italiana, le certificazioni sono già ben radicate”. Dop che, tra il 2004 e il 2010 sono cresciute molto: la produzione è passata dalle 5.000 alle 10.400 tonnellate, il consumo interno da 3.000 a 5.000 tonnellate e l’export da 1.500 a 5.400 tonnellate.
E a proposito di export, per Massimo Occhinegro, esperto di marketing internazionale, la leva su cui giocare la sfida dei mercati esteri è l’“education”: “l’export degli oli Dop è in crescita, ma ad essere privilegiate sono le Dop appartenenti a territori-traino del turismo, in primis la Toscana, mentre c’è una forte e diffusa ignoranza su quali siano le caratteristiche organolettiche proprie degli oli. Erroneamente molti operatori hanno sempre pensato che gli sviluppi fossero dovuti alla qualità. Lo sforzo maggiore che si deve compiere, pertanto, è far riconoscere gli oli migliori sia dal punto di vista nutrizionale che dall’aspetto del gusto e passare attraverso l’“education” di chef e operatori”.
E la situazione in Italia? Molteplici le difficoltà che i consorzi si trovano ad affrontare quotidianamente a partire dalla questione, già emersa, di scarsa conoscenza del prodotto. “Una delle nostre linee d’intervento - spiega Giorgio Lazzaretti, direttore Consorzio Dop Riviera Ligure - riguarda il “sapere dell’olio” e prevede visite guidate in oliveto e frantoio, assaggi guidati e la diffusione del prodotto in contesti sempre più ampi, fra cui le mense scolastiche”. Ma l’ostacolo che il più delle volte blocca il consumatore è il prezzo, ecco perché “è importante lavorare sempre più per istruire il consumatore sulle caratteristiche dell’olio, motivando le differenze di prezzo e illustrando le garanzie che ne derivano, dando elementi chiari e la possibilità di una scelta serena e consapevole” come spiega Laura Turri, vicepresidente Dop Garda. Ed anche la coesione entro il consorzio è un ulteriore fattore determinante: “siamo partiti nel 2002 con poco più di 30 associati - racconta Salvatore Martorana, direttore Dop Val di Mazara - e oggi siamo più di 860, di cui il 95% iscritto all’organismo di controllo. Le nostre direttive sono state di far aggregare quanto più possibile gli olivicoltori per evitare la frammentazione dell’offerta e smontando l’individualismo che contraddistingue la nostra terra”. Infine, un altro concetto sottolineato da Paolo Starec, presidente Consorzio Dop Tergeste, è quello che riguarda il rapporto tra tradizione ed innovazione: “il nostro lavoro ha radici in quello dei nostri antenati che faticavano duramente per lavorare questa terra e ottenere un prodotto di limitata qualità. Abbiamo fatto un lungo e difficile percorso che però oggi ci dà la gratificazione di un prodotto di grande livello qualitativo”.

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