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DOPO I VINI CHE METTONO D’ACCORDO LE GUIDE ECCO I RISTORANTI EMERSI DAGLI INCROCI DELLE “BIBBIE GASTRONOMICHE ITALIANE”. LE CALANDRE, ENOTECA PINCHIORRI E GAMBERO ROSSO IN CIMA ALL’OLIMPO DELLA RISTORAZIONE ITALIANA

Scegliere un ristorante, oggi, non è cosa da poco: prima di tutto, infatti, bisogna decidere a quale guida affidarsi. Ci sono gli irrinunciabili della rossa Michelin: marchio prestigioso, esperienza di moltissimi anni e internazionalità; per gli enoappassionati, invece, niente è meglio della Guida dei Ristoranti d’Italia del Gambero Rosso, una sicurezza enogastronomica che dura da oltre dieci anni. Nutrito gruppo di aficionados anche per le altre tre guide più autorevoli del Paese: I Ristoranti d’Italia de L’Espresso, I Ristoranti di Veronelli e Alberghi e Ristoranti d’Italia del Touring Club Italiano. Per quanto sacrosanta sia la massima “de gustibus non disputandum est”, in questo mare magnum di guide scegliere un ristorante non è affatto facile in quanto i punteggi difficilmente coincidono.

Prendendo in prestito un espediente impiegato con le guide enologiche, il periodico “Italia a Tavola Network”, nel numero Dicembre/Gennaio, ha stilato una classifica della ristorazione italiana, incrociando le cinque principali guide del nostro paese. Dai centesimi alle stelle passando per i ventesimi tre sono i nomi assunti nell’Olimpo dei cuochi italiani: Massimiliano Alajmo de Le Calandre, Annie Feolde dell’Enoteca Pinchiorri e Fulvio Pierangelini del Gambero Rosso.

Vicinissimi nei punteggi in tutte e cinque le Super-guide, questi tre locali storici, famosi anche oltre confine, sono sorprendentemente gli unici a mettere d’accordo gli esperti. Nonostante nemmeno quest’anno la “Rossa” francese abbia voluto concedere la “terza stella” a Fulvio Pierangelini, lo chef di San Vincenzo affianca perfettamente i colleghi di Firenze e Rubano (Pd) mantenendo i 19,5 punti de L’Espresso e i mitici 96 de la Guida del Gambero Rosso.

Tuttavia, dopo questa triade di eccellenze sembra che la ristorazione italiana generi discordia nella critica: a parte il caso Gianfranco Vissani, che rientrerebbe sicuramente nell’Olimpo sopracitato se non fosse penalizzato dalla sua esclusione dalla Guida Veronelli, la situazione diventa estremamente disomogenea. Tornando alla massima latina sui “gusti” con la quale abbiamo esordito, non credo ci sia da stupirsi più di tanto di questa situazione: i critici gastronomici che scrivono le schede per le guide, per quanto obiettivi possano essere, devono comunque esprimere un giudizio, impiegando, quindi, necessariamente una parte della loro soggettività che sarà, per natura, diversa dalla soggettività di un altro.

In aggiunta non si può trascurare un altro elemento: è altamente probabile che nel giudizio di alcune guide influiscano in modo sensibile altri fattori oltre alla qualità della cucina. La polemica suscitata dall’uscita delle rosse Michelin 2008 ne è una spia: l’Italia, con la sua antichissima e indiscutibile cultura e tradizione gastronomica non riesce ad elevare il numero dei ristoranti con le tre stelle (Le Calandre a Rubano - Pd; Al Sorriso a Soriso - No; Dal Pescatore a Canneto sull’Oglio - Mn; Enoteca Pinchiorri - Fi; La Pergola de l’Hotel Hilton a Roma), mentre paesi con tradizioni culinarie nettamente minori come la Germania, il Giappone o il Portagallo, la superano di gran lunga. Tra le varie e maliziose spiegazioni date al fenomeno potrebbe essere decisiva la rilevanza attribuita dai francesi ai fini del punteggio al servizio e alla presentazione del locale. Come dire: la sostanza va bene ma non dimentichiamoci della forma ...

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