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Dopo le misure di austerity imposte da Pechino, la Cina è pronta a ripartire. Parola di Guillaume Déglise, direttore generale Vinexpo che, citando l’ultimo studio dell’Iwsr, scommette su una crescita dei consumi del 24,8% per il 2018

La Cina è pronta a ripartire. Dopo le misure di austerity imposte dal Governo di Pechino, che hanno colpito soprattutto il consumo ed il commercio di spirits e fine wines, portando ad una caduta dei consumi enoici del 3,1% nel corso del 2013 (in attesa dei dati, sicuramente negativi, del 2014, ndr), il Dragone sta già tornando in carreggiata, trovando una nuova dinamicità. Ci scommette il direttore generale di Vinexpo, Guillaume Déglise, che proprio ieri, a Pechino, ha presentato alla stampa cinese le tendenze del settore, che emergono dall’ultimo studio dell’Iwsr - International Wine and Spirit Research (www.theiwsr.com).
“A partire dal 2015 - ha detto Déglise - assisteremo ad una nuova evoluzione positiva sul mercato cinese. Secondo gli studi dell’Iwsr, infatti, tra il 2014 ed il 2018 il consumo di vino in Cina crescerà del 24,8%, mentre, nello stesso periodo, in Francia continuerà a cadere, di un’ulteriore 2,8%. In termini quantitativi, tra Cina ed Hong Kong verranno consumate 180,7 milioni di casse di vino (pari a 1,626 miliardi di litri di vino), contro le 288,2 milioni di casse della Francia (2,6 miliardi di litri). Numeri - continua Déglise - che faranno della Cina il quinto consumatore mondiale di vino”.
Tra le ragioni su cui si fonda tanto ottimismo c’è l’ancora fragile consumo pro capite del gigante asiatico, dove attualmente si beve appena 1,2 litri di vino all’anno, il che presuppone una grande possibilità di crescita, specie se si pensa che in Usa il consumo annuo per abitante è di 12 litri, ed in Francia, almeno per ora, supera i 45 litri. Un altro motivo di ottimismo è rappresentato da un fattore demografico importante: nei prossimi 5 anni, infatti, ben 37 milioni di giovani cinesi avranno l’età legale per bere alcolici, e la crescita della classe media, molto probabilmente, contribuirà alla crescita del target dei wine lover.
In Cina, è bene ricordarlo, il vino rosso rappresenta il 91% del mercato, e la tendenza difficilmente cambierà: un aspetto che ha sicuramente agevolato la presenza e la crescita dei vini francesi, visti spesso come status symbol, che rappresentano ancora il 46% delle importazioni complessive. Ma non basterà il nome in futuro, perché il wine lover cinese è sempre più attento, si informa, studia, assaggia, diventando così un consumatore maturo.
“L’export francese - conclude Déglise - è stato dominato per anni dai crus classés di Bordeaux, i cui prezzi sono aumentati enormemente proprio grazie alla domanda cinese, ma adesso tutto sta cambiando, e se Bordeaux tira ancora certo non è per i vini di fascia alta, ma per quelli da 5 euro a bottiglia, che sullo scaffale cinese arrivano a 20 euro”.

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