Le vendite online di vino e alcolici fanno ancora, generalmente, fatica e, pure crescendo in maniera costante, non hanno ancora il peso di altre categorie, la moda su tutte. Eppure, come racconta Mark Meek, ceo di Iwsr, dalla conferenza “E-commerce: what it takes to sell wine online?” di scena oggi a Vinexpo di Bordeaux, insieme a Mike Hu (Tmall - Alibaba), Chris Tsakalakis (ceo Vivino), Marco Magnocavallo (Tannico) e Martin Ohannessian (Le Petit Ballon), “ci sono mercati più reattivi, anche se per motivi diversi, in cui cresce l’abitudine ad acquistare online anche il vino da portare a cena: in Cina, così come in Gran Bretagna, l’abitudine ad acquistare bottiglie attraverso un e-commerce almeno una volta al mese supera il 50%, con l’11% dei cinesi che sceglie l’online più di una volta a settimana, una percentuale ed una frequenza pareggiate solo dal Giappone, anche se in nessuno dei due l’alcolico più venduto è il vino”.
Sul web, inoltre, le dinamiche sono diverse da quelle a cui siamo abituati, per cui, ad esempio, “i grandi brand - riprende Mark Meek - escono piuttosto ridimensionati sul canale e-commerce, con i piccoli produttori che, invece, si affermano anche su Amazon. Inoltre, tra gli sparkling a tirare il mercato è lo Champagne, mentre il Prosecco non riesce a replicare il successo raggiunto sul canale offline. E ancora, la fedeltà online va più alla piattaforma utilizzata che al prodotto, mentre i tre fattori che determinano l’acquisto sono convenienza, prezzo e disponibilità immediata”.
Tra i protagonisti della conferenza, Chris Tsakalakis, ceo di Vivino, app che conta più di 30 milioni di utenti nel mondo e che da tempo ha puntato forte sulle vendite online. “La forza di un marketplace (ossia di un sito di internet di intermediazione per la compravendita, come Amazon e Alibaba, ndr) come il nostro è quella di mettere insieme la esigenze di supplier e compratori e farli incontrare. Non è difficile convincere le aziende a lavorare con noi, alla fine non facciamo altro che aggiungere una commissione al prezzo di vendita. La domanda - chiede invece Tsakalakis - è: voglio competere io produttore con la vendita al dettaglio?”. A proposito delle dinamiche che guidano gli acquisti online, il giudizio del Ceo di Vivino è alquanto tranchant: “l’etichetta è irrilevante, la private label anche, il territorio di provenienza conta molto poco, ciò che pesa, alla fine, sono punteggi e prezzo, ma anche il gusto personale, che cambia spesso in base alle mode. Per noi, i big data sono fondamentali, abbiamo 800 milioni di scansioni che danno un’idea piuttosto precisa di quello che beve la gente, e ci servono soprattutto per la personalizzazione dell’offerta, attraverso il “matching taste profile”: se hai bevuto un Cabernet Sauvignon, e ti è piaciuto, ti consiglieremo altri Cabernet Sauvignon, magari a prezzi migliori”, conclude il ceo di Vivino.
Diversa la storia di Marco Manocavallo, fondatore di Tannico, che oggi oltre a vendere in Italia spedisce in 20 Paesi diversi, e rientra però nella categoria dei wine specific marketplace: un vero e proprio negozio online, che ha “nella gestione del vino, dalla sua conservazione alla spedizione - spiega Magnocavallo - uno dei suoi punti di forza. L’altro, sono i big data, analizzati da Tannico Intelligence, che non usiamo tanto per scopi commerciali quanto per metterli al servizio, gratuitamente, delle aziende, così da rinsaldare il legame tra noi ed i nostri clienti, che hanno comunque sempre la libertà di decidere quali vini vendere ed a che prezzi, su cui noi aggiungiamo il prezzo del nostro servizio. Negli anni scorsi abbiamo cercato accordi con player di altri Paesi, senza mai trovarne, è un settore in questo senso molto competitivo e duro, difficile trovare una quadra in questo senso”.
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