“Il raggiungimento delle stelle Michelin non deve essere un punto d’arrivo per uno chef: è necessario che i giovani cuochi tornino a sentire come prioritaria la ricerca della qualità del proprio lavoro al di là dei riconoscimenti delle guide.” Parla Gualtiero Marchesi, il primo chef italiano ad aver conquistato in patria le “tre stelle” Michelin, a metà degli anni Ottanta, e ad averle mantenute fino al 1997, quando sono diventate due.
Settantotto anni da poco compiuti, il grande Marchesi, che ha sempre sostenuto di voler cucinare almeno fino agli Ottanta, non sente più l’esigenza di passare gli esami imposti da una guida gastronomica che, ormai è risaputo, in Italia si cala nel ruolo di giudice severo, intransigente e strettissimo di maniche come un professore di greco e latino di liceo classico di trent’anni fa. Cucinare, in particolar modo agli elevati livelli in cui si trova Marchesi, deve essere un puro piacere e deve avere come motore primo la passione; allo stesso modo, la ricompensa per il proprio lavoro viene, non tanto da maggiori introiti economici dovuti ai punteggi assegnati dalle guide, bensì dalla soddisfazione di regalare al cliente vere e proprie emozioni.
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