È uno dei “padri fondatori” dell’enologia italiana, tra gli uomini che hanno cambiato il corso del vino del Belpaese, sprovincializzandolo e consegnandolo al successo mondiale, tra gli artefici del “rinascimento” enologico italiano, con alcune delle etichette più importanti d’Italia, le sue scelte, a distanza di anni, restano fra i contributi più preziosi al successo dei nostri vini, metodologie ormai “codificate” come la selezione clonale, gli impianti ad alta densità, l’abbassamento delle rese, la fermentazione malolattica, l’invecchiamento in rovere piccolo, capaci di far dialogare la tradizione italiana con quella francese, come lui dialogava con il suo mentore Emile Peynaud. È Giacomo Tachis, considerato, a buon diritto, tra i fondatori dell’enologia italiana, e che il Presidente della Regione Toscana Enrico Rossi, il 24 novembre, insignirà della “Medaglia d’Oro Pegaso”, ennesimo riconoscimento ad una carriera straordinaria.
Nel 1961, la svolta nella sua vita professionale, con l’approdo nella cantina di Antinori, in Toscana, dove lui, di origine piemontese, è rimasto per 32 anni, regalando al mondo vini come Solaia e Tignanello. Ma è stato anche antesignano del “winemaker all’italiana”: tra i suoi grandi committenti, solo per citarne alcuni dei più famosi, Tenuta San Guido (Sassicaia), Tenuta San Leonardo, Argiolas, Umani Ronchi, Cantina di Santadi, Castello di Rampolla ... Enologo prima di tutto, dunque, ma anche consulente strategico, capace di sprovincializzare il comparto e intraprendere operazioni come la riqualificazione del vino siciliano (con l’Istituto Vite Vino), a partire dal Nero d’Avola, e di quello sardo, con il Carignano.
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