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EMERGENZA COVID-19

Ermete Realacci: unire l’innovazione e la cultura antica dei territori per il futuro dell’Italia

Il presidente Fondazione Symbola: il ruolo dell’agricoltura di qualità, base dell’Italia più innovativa, dove il futuro è già iniziato, è fondamentale
AGRICOLTURA, ERMETE REALACCI, FONDAZIONE SYMBOLA, FUTURO, INNOVAZIONE, Non Solo Vino
Ermete Realacci, presidente della Fondazione Symbola

“Dobbiamo costruire un’economia, e di conseguenza una società, più fondata sulle ragioni dell’uomo, che è quella che conviene di più al nostro Paese, perché l’Italia è forte quando fa l’Italia, quando, cioè, unisce le sfide del futuro e dell’innovazione con la sua cultura antica fondata su quel tessuto di comunità locali, territori, storie e paesaggi che l’agricoltura ha segnato in modo unico, motivo per cui il prestigio del brand Italia nel mondo è fortissimo, e lo è molto più di quanto pensiamo. Ma dobbiamo farlo rapidamente”. È un “ritorno al futuro la risposta all’epidemia che l’Italia sta vivendo per Ermete Realacci, presidente della Fondazione Symbola e politico italiano, nell’analisi a WineNews sull’emergenza Covid-19 che sta rivoluzionando la vita del Paese, e dell’impatto che ha sulle tematiche ambientali e la sostenibilità, l’agricoltura e la produzione enogastronomica di qualità, pioniere di tanti temi e best practices oggi più che mai al centro del dibattito. Che ruolo avranno? “Molto forte. Tante cose oggi stanno cambiando pelle e verso le quali facciamo passi avanti, costretti a compiere un’accelerazione che non avremmo mai fatto se non in tempi più lunghi. Chi avrebbe mai guardato con tanta attenzione all’organizzazione del sistema sanitario, all’utilizzo dello smart working e alla formazione a distanza? Lo stesso vale per l’agroalimentare: la gente ha capito quanto è importante, e quanto lo è la distribuzione per garantire la qualità della vita. Nel campo dell’agricoltura il futuro era già iniziato, la sua costruzione ora deve andare avanti”.

In questa partita, sostiene Realacci, l’agricoltura di qualità legata ai territori gioca un ruolo fondamentale:
“in questa vicenda abbiamo visto come la tenuta delle comunità e delle istituzioni locali grazie all’azione dei sindaci soprattutto dei piccoli Comuni, siano determinanti per la forza dell’Italia tutta. E di come nell’economia che dobbiamo costruire ci vuole un’alleanza tra tecnologia ed empatia: bisogna essere i più innovativi possibili dove serve, ma anche proiettare nel futuro ciò che ci rende unici, quell’intreccio tra qualità, bellezza, storia, natura, cultura, coesione sociale e saper vivere, che in agricoltura vuol dire recuperare il meglio di ciò che siamo stati e di ciò che siamo”. Una vicenda, dalla quale potrebbe ripartire proprio anche la rinascita delle comunità locali e dei piccoli borghi che sono la spina dorsale dell’Italia, ma che negli anni hanno sofferto molto a partire dal fenomeno dello spopolamento. “È la via più intelligente per il nostro Paese - dice Realacci - e vuol dire banda larga da portate dappertutto, difesa delle produzioni di qualità e della nostra unicità”.

“Nella lettera che i promotori del Manifesto di Assisi della Fondazione Symbola hanno in questi giorni inviato agli oltre 3.000 firmatari si insiste molto sul fatto che la ripresa deve partire da un’Italia che fa l’Italia, e che, per permettere a tutti di partecipare a questo sforzo, deve compiere una massiccia azione di semplificazione e sburocratizzazione. E questo vale per settori che sono una risposta economica ed in termini di lavoro come la qualificazione dell’edilizia e delle città, o le fonti rinnovabili, bloccati da troppi lacci, o ovunque vi siano enormi investimenti pubblici fermi, come nell’area del cratere dell’Italia centrale, per l’incapacità di fare delle scelte. Non possiamo permetterci di dividere il Paese e far prevalere gli interessi propagandistici e di parte su quelli dell’Italia. Allo stesso tempo dobbiamo aiutare tutti, non lasciando indietro nessuno, dalle persone alle imprese, ma guardando al futuro. C’è una bellissima frase di Seneca che dice “non esistono venti favorevoli per il marinaio che non sa dove andare”. E noi ce la faremo se metteremo le enormi risorse che il nostro Paese ha a disposizione con un’idea di futuro che include tutti e che sia all’altezza del nostro orgoglio, perché, come recita una frase nel Manifesto, “non c’è nulla di sbagliato in Italia che non possa essere corretto con quanto di giusto c’è in Italia”. E in questo, la forza dei territori, delle comunità e delle produzioni tradizionali è determinante, che sono anche la base delle cose più innovative che l’Italia può dare al mondo”.

“Se riusciremo ad imparare la lezione, non tutto sarà vano: tutto dipende da noi. Ora siamo tutti impegnati a combattere la pandemia e questo implica anche una certa disciplina, dobbiamo avere rispetto delle istituzioni e delle comunità, promuovere la sanità e la ricerca, e ragionare su un’economia a misura d’uomo che può essere una risposta all’emergenza, ma anche alla crisi climatica e finanziaria”, sottolinea Realacci, invitando a rileggere l’Enciclica Laudato Sì’ di Papa Francesco, dove “c’è un paragrafo molto bello e coraggioso in cui il Pontefice sottolinea come non abbiamo imparato la lezione della crisi finanziaria del 2008 e fatichiamo a fare i conti con quella climatica. Aggiungerei dobbiamo imparare la lezione anche di questa epidemia terribile”.

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