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Fare sistema nel comparto dell’olio, puntando sulla sostenibilità come leva competitiva

Confagricoltura e Costa d’Oro insieme per il “Manifesto della Produzione Olivicola”. L'Italia produce il 15% dell’olio di oliva mondiale

L’Italia è il secondo produttore di olio di oliva al mondo, con una quota che raggiunge il 15% della produzione su base mondiale. Ma il nostro Paese è anche il secondo esportatore e il primo consumatore, con 8,2 litri a testa all’anno. Deteniamo anche il primato mondiale per varietà, con oltre 500 genotipi di olive da olio, dai quali proviene il maggior numero di olii extravergine a denominazione in Europa (42 Dop e 8 Igp). Ed è la sostenibilità la leva competitiva e strategica su cui la nostra filiera dovrebbe puntare per raggiungere obiettivi di produttività e qualità: è questo il principio su cui si basa il “Manifesto della Produzione Olivicola” lanciato da Confagricoltura e Costa d’Oro, azienda umbra tra i principali attori in Italia nella produzione di olio di qualità. Intanto Ismea traccia una prima previsione della stagione 2024-2025, che prefigura un raccolto scarso e prezzi alti.
“La campagna appena iniziata si prospetta tutt’altro che abbondante - ha spiegato Tiziana Sarnari di Ismea - nonostante quasi tutti i principali competitor mostrino segni positivi. Diversa la situazione dell’Italia, per la quale il calo stimato è la combinazione della naturale alternanza e delle svariate avversità climatiche che si sono susseguite anche quest’anno. La situazione produttiva eccezionale di questi ultimi due anni ha “sparigliato” il mercato con incrementi di prezzo eccezionali. Il prodotto italiano ha superato per mesi la soglia dei 9 euro al chilo”.
Il consumo mondiale è in lenta ma costante crescita, tuttavia i cambiamenti climatici e gli eventi estremi, quali inondazioni e siccità, hanno impattato sulla produzione. In uno scenario di questo tipo, produttività economica e sostenibilità diventano i due driver per la crescita del comparto, facendo leva sia sulla millenaria tradizione olivicola italiana, sia sulle moderne tecnologie agricole. Il comparto italiano ha infatti bisogno di innovazione, investimento e collaborazione tra gli attori della filiera, superando l’eccessiva frammentazione della struttura produttiva (l’oliveto medio italiano ha un’estensione di appena 2 ettari).
Occorre essere competitivi sul mercato globale e, al tempo stesso, concreti nell’affrontare le varie problematiche, come gli effetti del cambiamento climatico, le difficoltà nell’ammodernamento degli impianti, il ritardo nel recepimento delle innovazioni e l’abbandono degli oliveti in zone dove l’olivo rappresenta una preziosa risorsa paesaggistica, fondamentale anche per prevenire il dissesto idrogeologico.
“Di qui la necessità di fare sistema, imparando l’uno dall’altro - afferma Pascal Pinson, dg Costa d’Oro, azienda che produce 29 milioni di litri di olio annui, il cui 50% è esportato in oltre 60 Paesi, per un fatturato che nel 2023 è stato di 172 milioni di euro - conoscenza, condivisione e crescita sono le parole chiave del “Manifesto della Produzione Olivicola Sostenibile” che oggi presentiamo: un documento attraverso il quale diamo la nostra visione e il nostro piano di azione per costruire il futuro della filiera olivicola”.
“La missione del Manifesto - continua Pinson - è fare in modo che oltre un milione di alberi siano recuperati, gestiti o piantati in modo più sostenibile entro il 2030, con un impatto positivo anche sull’occupazione agricola. Con la Planet O-live Academy fanno sistema vari mondi: le università, le associazioni di settore, agricoltori e frantoiani. Insieme per codificare tutte le migliori pratiche di produzione sostenibile in un Manifesto da divulgare al maggior numero possibile di olivicoltori”.
Il  documento si rivolge a tutti gli imprenditori agricoli che credono nello sviluppo sostenibile dal punto di vista ambientale, sociale ed economico e che intendono seguire le indicazioni dell’Academy, basate su un solido fondamento scientifico.
Valorizzare la filiera è anche al centro del gruppo di lavoro guidato da Maurizio Servili, docente del Dipartimento di Scienze Agrarie, Alimentari e Ambientali dell’Università di Perugia, secondo cui “soltanto il 15% dell’oliva che si trasforma in olio viene opportunamente utilizzato. Il resto del frutto ha attualmente una valorizzazione molto bassa o nulla. A volte l’inefficace gestione dei sottoprodotti diventa addirittura un costo, rendendo la coltivazione a rischio dal punto di vista economico. Da anni siamo impegnati a valorizzare il processo di estrazione meccanica degli oli vergini di oliva con progetti di recupero e utilizzo degli scarti in un’ottica di economia circolare. Siamo convinti che collaborazioni con aziende organizzate come Costa d’Oro possano dare la spinta decisiva necessaria al cambiamento.”
“Far dialogare gli attori della filiera, condividere esperienze e soluzioni. Questa è la missione che anima la Planet O-live Academy – dice Luca Sebastiani, docente della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa - un progetto molto stimolante, perché mette in contatto i protagonisti della produzione olivicolo-olearia. Apprendere come un agricoltore vede la produzione e vive i problemi che affronta quotidianamente è per noi tutti un incentivo in più per focalizzare l’attenzione sugli aspetti che vanno approfonditi. Questo rende la ricerca scientifica più vicina alle necessità degli olivicoltori”.

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