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IL MESSAGGIO

Federalimentare: “quota export a 50 miliardi di euro è possibile, se il Governo ci aiuta”

L’appello dagli “Stati Generali” dell’industria alimentare made in Italy. “Con i consumi interni fermi, sostenere l’internazionalizzazione è priorità”
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Federalimentare: “quota export a 50 miliardi di euro è possibile, se il Governo ci aiuta”

L’export agroalimentare tricolore vince, con un passo costante di crescita dal 2013, ma non convince, risultando ancora inferiore al suo potenziale, tanto che dei 140 miliardi del fatturato totalizzato nel 2018 dall’industria del settore solo 34 vengono dai mercati esteri. Con una politica economica di sostegno si potrebbe però allungare il passo e raggiungere l’agognato obiettivo di settore di arrivare, nel biennio, a 50 miliardi di quota export. L’appello a “non essere lasciati soli dalla politica” e a ”costruire più interazione tra le istituzioni e il mondo delle imprese” è stato lanciato dal presidente di Federalimentare Ivano Vacondio negli “Stati Generali” del settore convocati a Roma al Tempio di Adriano alla presenza, tra l’altro, del Ministro delle politiche agricole alimentari forestali e turismo Gian Marco Centinaio, del presidente di Confindustria Vincenzo Boccia e di Paolo De Castro, vice presidente della Commissione Agricoltura del Parlamento europeo.
Una politica economica di sostegno sui mercati esteri - è la considerazione di Federalimentare - si rende quantomai urgente in ragione della competizione sempre più agguerrita che si registra a livello internazionale e di scenari globali che si profilano non favorevoli all’industria agroalimentare nazionale. Secondo il rapporto sull’industria alimentare in Italia redatto dalla Luiss Business School e presentato agli Stati generali, gli scenari non favorevoli all’industria agroalimentare nazionale sono in particolare l’esplosione della domanda di alimenti che sempre meno potrà essere completamente soddisfatta solo con gli attuali modelli produttivi; le gravi alterazioni causate dal cambiamento climatico e dall’inquinamento che, a parità di intensità, causano danni proporzionalmente maggiori a coltivazioni come quelle che caratterizzano il Bel Paese, più “delicate e meno intensive”; la riduzione di rilievo quantitativo del mercato interno che riduce il potenziale per le imprese italiane di apprendere a sviluppare innovazioni; infine, il ritorno a tendenze protezionistiche, almeno in alcuni grandi Paesi.
“Per fare fronte a questi fenomeni - è la conclusione della ricerca - è assolutamente necessario che gli organi di governo, le forze produttive, quelle politiche e gli attori sociali trovino coesione e promuovano un’azione unitaria presso gli organismi internazionali, finalizzata a promuovere soluzioni a tali grandi nodi che favoriscano o quanto meno non danneggino la nostra produzione agroalimentare”.
“Alla politica chiediamo di mettere in atto azioni volte a valorizzare i nostri prodotti e di contrastare chi squalifica l’industria” - ha osservato il presidente di Federalimentare, non nascondendo tra l’altro la sua preoccupazione per l’impatto negativo sull’industria alimentare nazionale derivato dall’introduzione in alcuni Paesi di sistemi nutrizionali come l’etichetta a semaforo in Gran Bretagna o il Nutri-score in Francia e Belgio che risultano penalizzanti per i prodotti Made in Italy.
Secondo la ricerca Luiss, comunque, la necessità di fare sistema non riguarda solo una alleanza più stretta tra il settore e la politica ma anche maggiore sinergia e coordinamento tra le imprese del settore, per lo più piccole e medie, che troppo spesso vanno in ordine sparso nella loro strategia commerciale e nella ricerca di sbocchi sui mercati esteri. È invece necessario, secondo il rapporto Luiss, che le singole aziende siano molto disciplinate dell’adottare strategie di marketing coerenti con il posizionamento del brand collettivo, evitando assolutamente comportamenti eterogenei
La crescita dimensionale delle imprese - sottolinea il rapporto - è dunque cruciale per poter mantenere le posizioni di leadership, soprattutto nei mercati internazionali. Si tratta di far evolvere le imprese leader di nicchia verso fatturati nell’ordine dei 150-250 milioni e portare quelle già su queste dimensioni sui valori intorno al miliardo. Altrettanto importante è l’espansione delle medio-piccole aziende con un fatturato intorno ai 10-20 milioni verso i valori propri delle medie aziende.
Secondo Federalimentare è urgente una politica organica per sostenere tutta l’industria agroalimentare, una politica che sia centrata sull’azione sistematica e di medio-lungo termine a favore delle categorie di prodotti nei mercati internazionali, il supporto tecnico istituzionale nei consessi internazionali di decisione tecnico-normativa, la stabilità normativa e semplificazione amministrativa per facilitare gli investimenti, il miglioramento della percezione di affidabilità del Paese.
Cercare di fare il meglio possibile sui mercati esteri è del resto fondamentale, come ha osservato il presidente di Federalimentare in un’intervista a Winenews, in una situazione ormai prolungata di costumi stagnanti. “ I consumi non crescono - ci ha detto Vacondio - e non vediamo neanche la possibilità di un’inversione di tendenza. Se poi ci fosse un aumento dell’Iva sarebbe un fatto terribile. Con una situazione interna più stabile e un aiuto sull’estero l’industria alimentare diventerà un player finalmente in grado di guadagnarsi il ruolo di leader internazionale della qualità”.
Il Ministro delle Politiche Agricole Gian Marco Centinaio ha assicurato il suo impegno a supporto delle imprese alimentare, sia favorendo il dialogo e la collaborazione, attraverso i tavoli di filiera, con il mondo agricolo e distributivo, sia promuovendo i rapporti commerciali con i Paesi emergenti. “L’accordo con la Cina, per esempio - ha osservato Centinaio - è stato da più parti irriso e deriso, soprattutto sui social network, e invece offre tante opportunità di cui, per esempio, i produttori di arance e di carne suina si sono sicuramente già accorti. E’ un accordo che sicuramente aiuta la promozione delle nostre imprese su quel mercato, come hanno fatto in precedenza altri Paesi. Sono già stato in Cina a parlare per una settimana dell’agroalimentare italiano e a giorni sarò in Giappone a parlare ugualmente dell’agroalimentare made in Italy in occasione del G20 agricolo. E’ questo il modo per farci conoscere, per far conoscere i nostri prodotti e i nostri imprenditori”.
Anche il presidente di Confindustria Vincenzo Boccia ha rimarcato, a Winenews che, l’industria alimentare è un’ importante protagonista del mondo economico italiano e può fare ancora di più con le dovute strategie. “Mi riferisco - ha detto ai nostri microfoni - a quello che faranno gli imprenditori nelle loro aziende, in questo settore e non solo ,e occorre inoltre una politica economica che accompagni questo percorso e definisca priorità e azioni avendo attenzione al lavoro e al mondo delle imprese”.
Anche dalle istituzioni europee, secondo Paolo De Castro, deve giungere il dovuto sostegno all’agroalimentare made in Italy: “Il futuro Parlamento europeo - ha detto il vicepresidente della Commissione agricoltura dell’Europarlamento - dovrà battersi per fornire all’industria alimentare italiana gli strumenti necessari per generare valore aggiunto ai livelli dei suoi concorrenti Ue. I produttori, dal canto loro, dovranno essere capaci di fondare un patto fiduciario con i consumatori all’insegna della qualità del prodotto e del processo di produzione. Agricoltura, industria e cittadini europei devono muoversi insieme, consci di essere necessari gli uni agli altri”.

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