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LA FESTIVITÀ A TAVOLA

Ferragosto con meno tataki e più parmigiane, che hanno fatto grande la cucina italiana

Il più allegro e conviviale dei banchetti secondo Marino Niola ed Elisabetta Moro. “Il vino la farà da padrone, in barba a tutte le prediche”
CONVIVIALITA', CUCINA ITALIANA, ELISABETTA MORO, FERRAGOSTO, MARINO NIOLA, PRANZO DI FERRAGOSTO, Non Solo Vino
Fernando Botero, Picnic, 1982

“Sarà gioioso, e all’insegna della buona tavola e della compagnia, più che delle abbuffate di una volta, e, allo stesso tempo, sarà secondo la tradizione: con meno tataki e più parmigiane di melanzane”. O se preferite, gnocchi al sugo di papera, pollo con i peperoni o le classiche grigliate, e gelo di melone per finire, tra i piatti regionali più tipici del 15 agosto. “Perché stiamo riscoprendo i cibi di una volta, quelli che hanno fatto grande la cucina italiana”, la cui candidatura a Patrimonio Immateriale dell’Unesco “è la presa d’atto di come il cibo è cultura” e “lo specchio della società”, capace di raccontarci anche ai nostri giorni e soprattutto in queste occasioni. Il vino? Dalle bollicine ai bianchi, dai rosati ai vini rossi pronti per l’occasione, “la farà da padrone, per fortuna, in barba a tutte le prediche che parlano continuamente degli effetti sulla salute, e che dimenticano che per noi è l’essenza della festa. Non a caso, la nostra religione ha un Dio che si trasforma in vino”. Ecco come sarà il nostro Ferragosto a tavola secondo Marino Niola, professore di Antropologia dei Simboli, Antropologia delle Arti e della Performance e di Miti e Riti della Gastronomia Contemporanea all’Università Suor Orsola Benincasa di Napoli, scrittore e giornalista che, a WineNews, ricorda il ruolo che il cibo ed il vino hanno in una delle festività più attese ed amate, sinonimo di relax e di vacanza, buon cibo e sano divertimento, in famiglia o con gli amici, nel giardino di casa o nelle tante mete delle gite fuori porta.
Una festività che più di ogni altra è sacra e profana, e che ha origini molto antiche, risalenti all’epoca romana, quando l’Imperatore Ottaviano Augusto istituì, nel 18 a.C. le Feriae Augusti (riposo di Augusto), da cui prende il nome, per festeggiare il periodo di riposo dopo la fine dei lavori agricoli nei campi, che aveva origine dalla tradizione dei Consualia, le feste dedicate a Conso, dio della terra e della fertilità, con corse di cavalli e pali, come ricorda il “Palio dell’Assunta” che si corre a Siena il 16 agosto. La data del 15 agosto si deve alla Chiesa Cattolica, che volle far coincidere la ricorrenza laica con la festa religiosa dell’Assunzione di Maria.
A fare il resto, ci hanno pensato il cinema - “Il sorpasso”, film-capolavoro del 1962 di Dino Risi con Vittorio Gassman, Catherine Spaak e Jean-Louis Trintignant inizia “nella Roma deserta di un Ferragosto qualunque …”, sullo sfondo della quale è ambientato anche “Un sacco bello” diretto e interpretato nel 1980 da Carlo Verdone, o il “Pranzo di ferragosto” di Gianni Di Gregorio, acclamato alla Mostra del Cinema di Venezia, nel 2008, e diventato un cult - la letteratura, dai “cartocci e le bottiglie” degli “Scherzi di Ferragosto” di Alberto Moravia al “Ferragosto” nelle Langhe di Beppe Fenoglio, la musica, con le immancabili hit dell’estate, e la cucina.
Perché “cibo e vino sono veramente gli elementi fondamentali del Ferragosto. Lo sono sempre stati perché le feste cristiane, come l’Assunta il 15 agosto, sono sempre state contrassegnate dai banchetti, così come i matrimoni o i battesimi - spiega, a WineNews, Elisabetta Moro, professoressa di Antropologia Culturale all’Università di Napoli Suor Orsola Benincasa, scrittrice e giornalista - e tutte le feste cristiane sono dei banchetti perché sono il ricordo di fondo del banchetto dei banchetti: l’Ultima Cena. E Ferragosto è anche un po’ l’“ultima cena dell’estate”, l’occasione per salutarci con gli amici, per cui si finisce sempre per fare delle lunghe tavolate, dove cibo, vino e dolci hanno un grande ruolo. Che è quello di tenere insieme le persone in allegria e di consentire una certa rilassatezza dei costumi, per cui si è meno timidi ed impacciati, e più affettivi. Viene fuori, cioè, quella parte di noi che le buone maniere tengono un po’ contratta e ingabbiata, mentre in questa occasione finalmente ci liberiamo di tante inibizioni”.
Un’occasione che ci ricorda come il valore più importante che distingue da sempre l’italianità, anche in epoche in cui bastava poco, è la convivialità. Buona festa.

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