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FONTE: AGENZIA “IL VELINO” - ZAIA ANNUNCIA IL SEQUESTRO DI 10 MILIONI DI LITRI DI FALSO CHIANTI DOCG ALL’APERTURA DI VINITALY. MA IL FATTO RISALE AL 9 DICEMBRE 2009. “SI RISCHIA TANTO RUMORE PER NULLA”

“Tanto rumore per nulla”: così l’agenzia “Il Velino” scrive del presunto caso “Chianti Docg”, sollevato dalle dichiarazione dell’ormai ex Ministro dell’Agricoltura e Presidente del Veneto Luca Zaia, che ha annunciato il sequestro di 10 milioni di litri di falso Chianti Docg destinato all’export. “Sembra una maledizione: ogni volta, in occasione dell’evento internazionale del vino alla Fiera di Verona, Vinitaly, scoppia una “bomba mediatica” inaspettata - scrive “Il Velino” - che, alla fin fine, rischia di danneggiare direttamente o indirettamente VeronaFiere e tutto il mondo dei produttori. E sembra un’ironia della sorte il fatto che sia stato il “caso” Brunello di Montalcino tagliato con uva cabernet a segnare a livello mediatico il debutto del ministro Luca Zaia al dicastero di Via XX Settembre, e che sia ora il Chianti, con 10 milioni di litri sequestrati, a siglare l’uscita del ministro per andare a governare la Regione Veneto”.

Da quanto ha appreso “Il Velino” sembrerebbe che il vino toscano Igt e il Chianti siano stati miscelati e tagliati con uve, sempre Igt, provenienti da aree non di appartenenza. Una notizia che risale a dicembre e che, per una cosa e per un’altra, ha avuto una eco rinnovata a Verona. Per il vino toscano Igt è possibile utilizzare, per una percentuale che non supera il 15%, l’uva cosiddetta “da tavola”. Vale a dire uva di provenienza diversa dal luogo di origine del vino, ma sempre Igt. Si tratta, quindi, di mosto qualsiasi fuori regione. Diversa la questione per il Chianti Docg, che per regola devono essere prodotti con uva Sangiovese per l’80% e con uva proveniente da altri vitigni iscritti all’albo e derivanti dalla stessa zona di appartenenza per una percentuale che non può superare il 20%. Per il Chianti non può quindi essere usata in alcun caso uva proveniente da altre zone regionali o italiane. Sembrerebbe che qualcuno abbia voluto fare il “furbo” ripetendo a grandi linee quanto accaduto per il Brunello di Montalcino due anni fa.

Una bolla di sapone quella del Brunello, che nonostante la grande eco mediatica ha riguardato alla fine dei conti solo il 3,7% delle bottiglie. Le Fiamme Gialle, di concerto con l’Ispettorato di controllo del Ministero delle Politiche Agricole, stanno indagando da mesi sulla vicenda. Un caso esplosivo con tanto di indagine alla Procura di Siena, indagati e intercettazioni telefoniche. Praticamente si tratterebbe di aziende che hanno comprato Chianti da alcuni commercianti senza scrupoli che acquistano vini sfusi e preparano le masse per rivendere ad altre aziende. Le aziende si affidano agli enologi per valutarne il gusto, e poi sta alle aziende, in base alle certificazioni fornite dai commercianti, procedere con le analisi chimiche.

“In questo momento di crisi mondiale generale vorrei evitare di fare allarmismi per aspettare le conclusioni della Procura di Siena”, spiega a “Il Velino” Carlo Ferrini enologo dell’anno 2007 e detentore e vincitore di tutti i premi che possono essere vinti. “Io sono il primo a voler fare chiarezza sulla vicenda per evitare chiacchiericci che danneggiano il comparto”. “Questo tipo di vicende danneggiano tutta la filiera e tutte le denominazioni e i prezzi medi scendono”, dice Marco Toti, direttore generale del Chianti Geografico.

Fuori dalla storia rimarrebbe invece il prestigioso Consorzio del Gallo Nero, ovvero Chianti Classico che, oltre 600 soci iscritti, di cui 350 imbottigliatori, rappresenta oggi il 95% dell’intera denominazione. “Da quanto mi risulta la questione riguarda esclusivamente l’Igt toscano e il Chianti Docg”, precisa il direttore generale del Consorzio Gallo Nero Giuseppe Liberatore. “Il Chianti Classico è assolutamente estraneo alla vicenda”. Il caso riguarderebbe così una quarantina di aziende “colpevoli” di aver tagliato Igt con altro Igt con percentuali maggiori al consentito, mentre un numero ancora più ristretto di aziende avrebbe usato uva di altre regioni per produrre il Chianti Docg. Il che, se così fosse, vorrebbe dire sofisticazione. “L’unico provvedimento che adotteremo sarà la tolleranza zero nei confronti di questi signori che pensano sempre di essere più furbi degli altri”, spiega Zaia.

“Questi non sono imprenditori seri, avranno diritto alla difesa per dimostrare la propria innocenza ma da parte nostra abbiamo dimostrato piena collaborazione con la Procura di Siena e la Guardia di Finanza per bloccare questi 10 milioni di litri sequestrati”. Ma soprattutto, insiste il ministro-governatore, “abbiamo scongiurato il blocco alle esportazioni rispetto agli Stati Uniti”. Come già successe per il Brunello di Montalcino per cui gli americani sembrerebbe stiano ancora aspettando le “garanzie da parte dell’Italia”. Ma Zaia assicura: “non c’è una bottiglia di vino di questo genere sul mercato Usa. Le aziende implicate sono numerose, fenomeno di malcostume che nulla ha a che vedere con la sicurezza alimentare ma con la frode in commercio sì”. La colpa, per Zaia, “è di tutti coloro che vogliono arricchirsi senza lavorare. Annacquando un vino con il bollino di Stato come il Chianti Docg”.

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