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FRANCESCO MARONE CINZANO: “BASTA RILANCIARE IL CAMBIO DEL DISCIPLINARE DEL BRUNELLO! LA MAGGIORANZA DEI PRODUTTORI NON LO VUOLE”. SÌ, INVECE, ALLA PROPOSTA DI FRANCO BIONDI SANTI (CAMBIO DEL ROSSO DI MONTALCINO)

Italia
Francesco Marone Cinzano

Per Francesco Marone Cinzano, proprietario di una delle storiche tenute di Montalcino, Col d’Orcia, ed ex presidente del Consorzio del Brunello, è arrivato il momento di dire “basta ad ogni tipo di rilancio di qualunque ipotesi di cambiamento del disciplinare del Brunello di Montalcino, dato che, ogni volta che i soci-produttori del Consorzio ne hanno discusso, a maggioranza hanno sempre respinto ogni tipo di cambiamento”. Altro rilievo, invece, occupa la proposta recentemente promossa da Franco Biondi Santi, alla guida della Tenuta Il Greppo, culla del Brunello, che, per Marone Cinzano, è da appoggiarsi in toto: lo storico vino prodotto a Montalcino deve restare un Sangiovese in purezza, mentre si possono operare variazioni sul disciplinare del Rosso.

“Propongo di appoggiare la proposta Biondi Santi - afferma il patron della Tenuta Col d’Orcia - chiedendo al Presidente del Consorzio di riunire i Soci in Assemblea per affrontare definitivamente la questione e far cessare le attuali speculazioni sul futuro del disciplinare del Brunello di Montalcino”.

“Sono convinto che per assicurare un futuro di successo al Brunello - prosegue Marone Cinzano - il vino prodotto sotto questa denominazione debba continuare ad essere unico, inimitabile, riconoscibile e con un potenziale di invecchiamento lunghissimo. Per assicurare ciò il disciplinare del Brunello di Montalcino deve continuare a prevedere solo sangiovese in purezza. Sono, quindi, decisamente, contrario a qualsiasi tipo di apertura del disciplinare del Brunello all’uso di altre uve”.

Per l’ex presidente del Consorzio del Brunello di Montalcino “nella proposta di ammettere altri vitigni nel Brunello non vi è progettualità, non vi è una vera strategia, non vi è la visione di un posizionamento commerciale a lungo termine. Il 25% della produzione di Brunello viene spedito negli Stati Uniti, ma il restante 75% della produzione resta in Italia e raggiunge mercati storici come quello della Svizzera, della Scandinavia, della Germania, del Giappone … Vogliamo forse deludere i consumatori/appassionati di questi Paesi che hanno creato il mito del Brunello prima che fosse conosciuto in Usa?”.

E proprio sulle questioni legate al mercato e al ruolo di un eventuale Brunello di Montalcino non più Sangiovese al 100%, si appuntano le maggiori perplessità di Marone Cinzano “dove deve andare a posizionarsi sui mercati questo nuovo Brunello che viene proposto? Come farà a sostenere certi livelli di prezzo una volta che non sarà più unico, riconoscibile e che grazie ad un’aggiunta del 15% di altri vitigni, raggiungerà oltre 10.000.000 di bottiglie di produzione annua? Una volta che avrà perso la sua identità, l’inimitabilità, il legame al territorio che lo ha reso unico, riuscirà ad esprimere il medesimo appeal di un tempo?”.

Francesco Marone Cinzano pone la sua attenzione anche sul fatto che a Montalcino “non stiamo scegliendo tra un vino da Sangiovese in purezza ed uno con un po’ di altre uve, ma tra un vino da grande invecchiamento ed uno da bere subito, con meno valore aggiunto e che non può sostenere livelli di prezzo da grande vino”.

“Aprire il disciplinare ad altre uve significa molto di più che il semplice uso di altre uve - prosegue Cinzano - significa cambiare radicalmente il tipo di vino che produciamo, significa accontentarsi di ph più alti propri di vini più dozzinali, significa cercare la surmaturazione delle uve in vendemmia, significa lasciare più spazio all’ossidazione in cantina, significa, infine, fare dei vini simili ad alcuni Brunello di Montalcino 1997, che abbiamo presentato al quarantennale e che molti giornalisti ci hanno criticato”.

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