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“Fu Bocuse a dirmi 30 anni fa che la cucina francese decadrà quando cuochi italiani si renderanno conto del patrimonio di ricette e prodotti che hanno invece di dimenticarlo per ignoranza, esterofilia, per moda”: così rettore Alma, Gualtiero Marchesi

Non Solo Vino
Il rettore della Scuola Internazionale di Cucina Alma, Gualtiero Marchesi

“Fu proprio un cuoco francese, un grande cuoco, che stimo, Paul Bocuse, a dirmi 30 anni fa che la cucina francese decadrà quando i cuochi italiani si renderanno conto di quale patrimonio di ricette e prodotti dispongono, ammettendo sportivamente quello che in Italia si tende a dimenticare per indifferenza, ignoranza, per un atavico senso di inferiorità o per semplice esterofilia: meglio gli altri, meglio se strano o esotico come se l’obiettivo di un cuoco italiano dovesse essere inseguire le scelte altrui, la moda, dimenticando che, in un Paese in cui la grande varietà di microclimi ha dato vita, nei secoli, a un numero incredibile di prodotti e tradizioni (una vera cucina fusion, ndr), terra e cultura sono le nostre risorse, lo scrigno aperto a cui attingere per la giusta ispirazione” che deriva “dalla conoscenza diretta dei luoghi, che danno sostanza e gusto alle materia prime così come della storia e delle usanze che formano il carattere di una popolazione”. Lo ha detto il maestro della cucina italiana moderna, e di tanti dei suoi chef, Gualtiero Marchesi, rettore di Alma-La Scuola Internazionale di Cucina Italiana da lui fondata, il 3 ottobre, alla Reggia di Colorno, aprendo l’Anno Accademico 2016/2017 di fronte alla scenografica folla di giovani studenti in divisa e toque.
“Il gusto italiano, l’eleganza che possiamo insegnare al mondo, il nostro primato, ha sempre a che fare con due aspetti - ha sottolineato Marchesi - la conoscenza delle materie prime e l’abilità nel trattarle. Quando riusciamo a farli coincidere, quando facciamo qualità, reinterpretando con stile le nostre tradizioni regionali, locali e familiari, allora, come si dice: non ce n’è per nessuno”. Ma, ha aggiunto, “la fortuna e la storia ci mettono, però, davanti anche una grande responsabilità, che si chiama educazione”. Per arrivare alla piena “padronanza delle tecniche” e per imparare “a cucinare bene perché nelle mani del cuoco c’è la salute della società”.
“La cucina è una cosa serissima - ha ricordato Marchesi - un impegno duro da mantenere. Io distinguo e rispetto molto tre figure di cuoco che corrispondono a tre diversi gradi di esperienza e di conoscenza: l’esecutore, l’interprete e il compositore. Se poi, in uno di questi si cela un artista, qualcuno che sia in grado non di pasticciare, complicandosi la vita, di osare solo per ottenere l’applauso, di stupire senza proporre qualcosa che duri, sarà il tempo, la genialità e la fortuna a deciderlo”.
“Tra le citazioni che più mi sono care - ha concluso il grande chef - c’è quella di Toulouse-Lautrec, il pittore dei cafè chantant di Montmartre, che ha scritto un libro di ricette curiose. Le sue parole ci illuminano sul rapporto tra il bello e il buono. “L’accuratezza, la precisione, l’umiltà sono il segreto di ogni successo artistico e culinario. L’arte e la cucina hanno in comune il rispetto per le stesse qualità e cioè l’abilità, la tenacia, l’originalità dell’ispirazione, la fedeltà alla tradizione”. Aggiungendo che: “in ogni arte, e ciò vale anche per la cucina, la grande raffinatezza consiste nella sintesi e nella semplicità. È necessario rifarsi alla tradizione, ma bisogna dimenticarla, senza tuttavia tradirla per ignoranza o per negligenza. È così che si diventa cuochi senza pregiudizi, anarchici che nella confezione di un piatto riconoscono soltanto la legge dell’equilibrio imposto della natura””.

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