Due provvedimenti giudiziari, un sequestro penale e una sospensiva del Tar, impediscono in Puglia i tagli degli ulivi condannati a morte dalla Xylella: si tratta degli alberi individuati dalle autorità che si trovano nella cosiddetta “zona di contenimento”, poco più a nord del cuore del Salento dove ormai il batterio ha provocato danni irrimediabili. La fascia “a rischio” eradicazioni è a cavallo tra le province di Lecce e di Brindisi, proprio lì dove in queste settimane si lavora forsennatamente per arare, potare, curare gli uliveti nella speranza di scongiurare il peggio: evitare gli abbattimenti.
La posizione della Corte di Giustizia Europea è chiara: favorevole alle eradicazioni anche degli alberi che non mostrano una sintomatologia di disseccamento, cioè che gli ulivi e le piante ospiti potenzialmente malati di Xylella devono essere abbattuti. E l’Italia deve applicare queste misure, altrimenti rischia di veder avanzare la procedura d’infrazione Ue già aperta.
Agricoltori e ambientalisti del fronte di protesta, che si era acquietato una volta bloccate le rimozioni sono tornati sul piede di guerra.
Se anche il Tar del Lazio, alla luce di quanto stabilito ora dall’Ue, dovesse revocare la sospensiva concessa, resterebbe il sequestro degli ulivi disposto dalla Procura di Lecce e convalidato dal gip dello stesso Tribunale per impedire azioni invasive. Un provvedimento però che, per quanto non abbia termini di scadenza, non potrà essere in vigore in eterno. Prima o poi i magistrati, a quanto si apprende da fonti della procura che indaga per inquinamento ambientale e diffusione di malattia, su 10 persone, tra cui l’ex commissario straordinario Giuseppe Silletti che aveva redatto un programma di interventi nell’ambito del quale sono stati effettuati circa 1.600 abbattimenti, ne disporranno la revoca. Sarà allora che il rischio abbattimenti, nel rispetto della decisione di esecuzione dell’Unione europea del maggio del 2015 e al decreto ministeriale che l’ha ratificata nel giugno successivo, ci sarà la resa dei conti.
In Puglia continua a prevalere la netta contrarietà a ogni ipotesi di eradicazione intensiva. Lo ha ribadito anche oggi il governatore Michele Emiliano in una nota: “La sentenza ribadisce l’assenza della prova scientifica del nesso causale fra batterio ed essiccamento. Purtroppo nonostante l’assenza di tale evidenza scientifica la Corte ha ritenuto di confermare misure drastiche che rischiano di produrre conseguenze inimmaginabili per il nostro paesaggio e anche per la nostra economia. Ho convocato una Task force per una valutazione nel merito degli effetti della sentenza”.
Subito dopo Emiliano chiederà un incontro con la Procura di Lecce e con il Ministero dell’Agricoltura e poi anche con le massime autorità del’Ue, in cima alla lista il commissario per la Salute, Vytenis Andriukaitis. La Regione, dopo aver approvato misure di prevenzione immediatamente esecutive, intende definire un percorso di lunga prospettiva che “tenga conto delle misure compensative e degli indennizzi a favore dei soggetti colpiti dalle eventuali misure imposte dall’Unione Europea”.
Dunque, la sentenza della Corte europea di giustizia, a cui si è rivolto il Tar del Lazio dopo i ricorsi presentati da alcuni agricoltori per bloccare le eradicazioni degli alberi nel brindisino, pende come una “spada di Damocle” sul futuro agricolo pugliese.
Coldiretti, che ha chiesto un incontro urgente con il Governatore della Puglia Michele Emiliano che a sua volta ha parlato di “conseguenze inimmaginabili”. Secondo i giudici di Lussemburgo, che hanno esaminato la causa con una procedura accelerata vista l’urgenza della situazione, la Commissione Ue “può obbligare gli stati membri a rimuovere tutte le piante potenzialmente infettate” incluse quelle “non presentanti sintomi d’infezione, qualora esse si trovino in prossimità delle piante già infettate” nel raggio di 100 metri. Questa misura, infatti, per la Corte “è proporzionata all’obiettivo di protezione fitosanitaria” ed “è giustificata dal principio di precauzione”, in base alle prove scientifiche in possesso della Commissione. Due gli ulteriori corollari importanti della sentenza. Primo: in caso di nuovi dati scientifici da cui emergesse che non è più necessario procedere all’abbattimento delle piante ospiti, la Commissione dovrebbe modificare le sue misure. Secondo: sebbene queste ultime non prevedano di per sé un regime di indennizzi per gli agricoltori, questo non può però essere escluso.
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