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HUGH JOHNSON: L’ITALIA DEL VINO CRESCE ... I MIGLIORI TERROIR, VINI E PRODUTTORI

“La strada della qualità è ormai imboccata: si sacrifica la quantità alla qualità, si dedica maggiore attenzione ai cloni ed alla gestione dei vigneti, si ammodernano le cantine e soprattutto, per la prima volta, il genio italico rivolge il proprio stile anche i suoi vini. La Toscana è la regione più vivace, ma i fermenti ad Est ed a Sud sono da seguire con attenzione ed in Piemonte ed in Friuli è tutto al posto giusto. Ma se l’Italia fosse capace di realizzare qualcosa di simile all’ordine ed all’affidabilità del sistema francese delle “Appellations Controlées”, i vini italiani sarebbero indubbiamente ben più prominenti sulle carte dei vini di tutto il mondo. Non esiste un altro Paese al mondo capace di produrre una simile varietà di rossi originali e piacevoli”. Questa la considerazione di sintesi dell’”Italia del vino” di Hugh Johnson, il più famoso ed autorevole wine writer del mondo. Nella sua guida, uscita proprio in questi giorni, come sempre, giudizi molto articolati, che, purtroppo, anche WineNews, per un discorso di lettura, deve sintetizzare. Johnson giudica come i migliori (con le “quattro stelle”) questi “vino-territorio” d’Italia: Amarone della Valpolicella, Barbaresco, Barolo, Bolgheri, Brunello di Montalcino, Chianti Classico, Colli Orientali del Friuli, Collio, Franciacorta, Patriglione, Sagrantino di Montefalco. Ma il condivisibile sistema di valutazione di Hugh Johnson, autore della guida cult del vino nel mondo (4 milioni di copie vendute, con traduzione in 13 lingue), non è rigido e schematico, come quello usato nella maggioranza delle guide e riviste specializzate. E quindi, oltre all’eccellenza dei “vini-territorio”, Johnson assegna le quattro stelle, suo massimo livello qualitativo, anche a 23 produttori: Castello di Ama, Antinori, Avignonesi, Biondi Santi, Ca’ del Bosco, Cavalleri, Aldo Conterno, Giacomo Conterno, Romano Dal Forno, Fattoria di Felsina-Berardenga, Angelo Gaja, Bruno Giacosa, Josko Gravner, Isole e Olena, Silvio Jermann, Montevertine, Ornellaia, Giuseppe Quintarelli, Tenuta San Guido, Mario Schiopetto, Edoardo Valentini, Vie di Romans, Roberto Voerzio. Il critico inglese, poi, premia, con le quattro stelle, i seguenti vini: il Vinsanto di Avignonesi, il Sassicaia della Tenuta San Guido, il Franciacorta Annamaria Clementi di Ca’ del Bosco, il Tignanello ed il Solaia del marchese Piero Antinori, il Darmagi di Angelo Gaja, le vecchie annate di Marsala dei migliori produttori (tra i migliori mette Florio, Pellegrino, Rallo, Vecchio Samperi-Bartoli). I produttori italiani per i primi anni del 2000, secondo Johnson, saranno: Sant’Antonio (Amarone e Valpolicella, Veneto), Lomazzi & Sarli (Primitivo e Brindisi, Puglia), Abbazia di Santa Anastasia (Igt Passomaggio, Sicilia), Agricoltori del Chianti Geografico (Chianti Classico, Toscana), Gianni Brunelli (Brunello di Montalcino, Toscana), Villa (Franciacorta, Lombardia), Barone Ricasoli (Castello di Brolio Chianti Classico, in veste completamente rinnovata, Toscana). Hugh Johnson, poi, seleziona alcuni vini italiani per il 2001: Graticciaia (Agricole Vallone, Lecce, Puglia), Primitivo di Manduria (Consorzio Produttori Vini, Manduria, Puglia), Chianti Classico Riserva (Badia a Coltibuono, Gaiole in Chianti, Toscana), Vino Nobile di Montepulciano Boscarelli (Montepulciano, Toscana), Brunello di Montalcino Casisano-Colombaio (Montalcino, Toscana), Barolo Fratelli Oddero (La Morra, Piemonte), Barbaresco Cascina Luisin (Barbaresco, Piemonte), Barbera d’Asti Trinchero (Agliano, Piemonte), Gavi di Rovereto Castellari Bersaglio (Rovereto, Piemonte), Franciacorta Comari del Salem Uberti (Erbusco, Lombardia). La valutazione del “grande” Johnson, insomma, è molto articolata, ma è tanto più leggibile, semplice e condivisibile di molte altre guide. E, forse anche per questo, è considerata la migliore guida al mondo.
Nella sua prefazione, poi, Hugh Johnson avverte: “il mondo dei vini si sta sviluppando sempre più verso la competizione, come risultato del numero sempre crescente di viticoltori capaci, enologi ambiziosi e consumatori esigenti. Non crediate che mi stia lamentando. Il risultato finale e che avremo un vino migliore per tutti. La competizione è sana e dà buoni frutti, ma c’è un trucco. Il mondo del vino si sta dividendo sempre più in due emisferi: i vini che ottengono il miglior punteggio dai critici e sono i vini più scuri, ricchi, forti, più fruttati, più boisé e di solito più alcolici; sono i vini che vincono le degustazioni alla cieca, soffocando in tutta tranquillità i concorrenti più moderati e delicati. Sono in verità vini da Formula Uno, imbattibili sul circuito, ma del tutto fuori posto se messi a tavola ad accompagnare il cibo del luogo cui appartengono …” Hugh Johnson poi spiega poi con un esempio questo importante concetto: in Francia, i vini esclusivi (oggi si chiamano “garagistes”) di St Emilion e Pomerol, superano i classici “Premiers Crus” per la densa concentrazione e l’immediato richiamo tattile - e li surclassano - per rarità e prezzo. Cose simili avvengono anche in Toscana con alcuni “supertuscan”, in Spagna … In realtà, alzare in volume non è un trucco poi così difficile: il fatto è che i volumi alti, come la musica in discoteca, ben presto stordiscono i sensi, o peggio fanno dimenticare la ragion d’essere del vino, cioè ristorare il palato mangiando”. Hugh Johnson rivolge poi un appello a favore dell’apprezzamento del vino, che in sostanza suona così: abbandoniamo la mentalità, competitiva, secondo la quale ci deve essere un vincitore: “un intenditore può essere definito con queste parole del mio mentore André Simon ‘una persona che distingue il buon vino da quello cattivo, ed è capace di apprezzare le diverse qualità di diversi vini’. Ovvero amarli per quello che sono, senza dare un voto, da 1 a 100. Insomma, il mondo dei vini offre molte più ricompense (e molte altre possibilità) a coloro che degustano in una prospettive libera, senza ignorare i vini meno ovvi, o i vini che esprimono qualcosa che non si riesce a capire.

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