“Oggi più che mai, i grandi vini sono quelli che hanno alle spalle storie importanti e la Vigna Gustava, più che mai, ce l’ha. Poi, i vini devono essere autoctoni, perché, rappresentando la tradizione, sanno stimolare quel misterioso desiderio di origine, ma anche onesti, trasparenti e vinificati al 100% con le stesse uve. I nostri sensi impazziscono di gioia quando sorseggiamo vini che ci rimandano alle origini facendoci ritrovare gusti e riconoscibilità; vini autentici che non si fanno dimenticare”. Parole di Donato Lanati, uno degli enologi più autorevoli e visionari del panorama italiano che, nei giorni scorsi, nel suo Centro di Ricerca Applicata all’Enologia, Enosis Meraviglia, a Fubine (che abbiamo raccontato in questo video), ha condotto la degustazione tecnica dei Barolo prodotti dalle uve Nebbiolo raccolte nella storica Vigna Gustava che fu di Camillo Benso Conte di Cavour, con le annate 2020, 2021 e 2022, con quest’ultima che, come le precedenti, in 12 barriques che andranno all’asta benefica “Barolo en primeur”, in programma il prossimo autunno, il 27 ottobre 2023, promossa dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Cuneo e dalla Fondazione Crc Donare Ets, in collaborazione con il Consorzio di tutela Barolo Barbaresco Alba Langhe Dogliani, che, nelle prime due edizioni, ha raccolto poco meno di 1,5 milioni di euro destinati allo sviluppo di progetti sociali e culturali. Degustazione in cui siamo stati guidati in viaggio tra le annate, le diversità di ogni parcella in cui è divisa la Vigna Gustava, a Grinzane Cavour, avendo come bussola i concetti e la filosofia enologica di Lanati.
Dodici i Barolo degustati, rispettivamente quattro per ogni annata a partire dalla 2020 fino alla 2022 passando per la 2021 e, di ognuna, un campione riferito alle diverse parcellizzazioni del vigneto disegnate in base all’altitudine, all’esposizione e all’età del vigneto stesso, che sorge di fronte al Castello di Grinzane Cavour, su terreno composto da Marne di Sant’Agata Fossili, caratterizzato da marne argilloso-siltose grige, plastiche e omogenee. Ogni calice degustato ha rivelato descrittori, talvolta, anche molto diversi tra loro a comprova delle previsioni dello stesso Lanati che, da sempre, ritiene importante cogliere gli specifici caratteri identitari di ogni vigneto a seconda del terroir, inteso nell’accezione francese che coniuga suolo, clima, esposizione e lavoro dell’uomo.
“Se avessimo prodotto un unico Barolo proveniente dall’intero vigneto avremmo potuto migliorare di poco il risultato, e perdere tantissimo. Vinificare distintamente per ogni parcella - ha sottolineato Lanati - ci ha invece permesso di valorizzare le singole porzioni di vigneto, dando sfogo all’identità di ognuna. Per l’80% la vita di una vite risiede nel suolo da dove trae nutrimento e vigore: va da sé che, inevitabilmente, a seconda dei diversi elementi ritrovati nel suolo ne viene definito uno specifico profilo identitario, scientificamente documentabile. La qualità dipende dalle molecole che ha inventato la natura, dalla simbiosi mutualistica tra le micorrize e le radici. È sotto terra che avviene il miracolo più grande; poi, a noi enologi il compito di metterci testa, mano e cuore, ma il carattere lo definisce il terroir (sistema complesso tra uomini di qualità e natura). Le parole chiave del successo sono: squadra, intesa, intuizione, impegno, conoscenza e feeling. Inoltre, per comprendere appieno il sapore di un territorio, occorre produrre non più di 5.000 bottiglie ad ettaro”.
E così, nel calice, si sono espressi Barolo più eleganti di altri, e ancora più grintosi e più delicati, con una punta di qualità sensoriale che è arrivata dai Nebbiolo delle viti più vecchie. Delle tre annate - di cui la 2020 già imbottigliata - la più longeva, secondo le previsioni dell’eno-scienziato Lanati, sarà la 2022. Il che, visto che la longevità, per i grandi vini, è un importante valore aggiunto, lancia la volata ad un’edizione di “Barolo en primeur” n. 3 di garantito successo. “L’Asta è un modo veloce per fare alleanze col mondo, promuovere la storia e la cultura nonché le conoscenze di un territorio, ma è anche un modo pratico e concreto per fare sistema tra i produttori e i partner di un territorio creando quel feeling magico che determina il successo delle imprese, anche, le più audaci” ha apprezzato Donato Lanati; “questo progetto è il primo grande esempio italiano di sistema di filiera corta applicato all’enologia, esteso al sociale e alla cultura”.
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