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I vegetariani inquinano come i carnivori. A dirlo una ricerca italiana pubblicata dalla rivista ambientale “Science of the Total Environment”. Ma la questione non può essere affrontata solamente con una serie di dati per quanto rilevanti

Non è vero che il carnivoro inquina più del vegetariano. La rivista scientifica ambientale “Science of the Total Environment” ha certificato la validità della “Clessidra Ambientale”, il modello che valuta l’impatto sull’ambiente della Dieta Mediterranea, elaborato da “Carni Sostenibili”, organizzazione che raccoglie le associazioni delle tre filiere delle carni in Italia (bovino, suino e avicolo, http://carnisostenibili.it). Gli autori dell’articolo, e tra questi Maria M. Ulaszewska ricercatrice presso l’Istituto di San Michele Edmund Mach, sostengono che il consumo di alimenti ricchi in proteine (carne, pesce, uova, legumi, salumi) ha un impatto ambientale simile a quello generato dal consumo di frutta e ortaggi.
Nonostante sia opinione diffusa ritenere l’impatto ambientale generato dal consumo di carne superiore a quello di frutta e verdura la quantità raccomandata settimanalmente di alimenti ricchi in proteine genera un impatto sui gas serra che corrisponde a 5,7 chili di CO2 eq/settimana nella Dieta Mediterranea e 6,4 CO2 eq/settimana nella Dieta Nordica, simile all’impatto ambientale generato dal consumo di frutta e ortaggi (5,32 kg CO2 eq/settimana per la Dieta Mediterranea e 6,04 kg CO2 eq/settimana per la Dieta Nordica).
La Clessidra Ambientale supera la valutazione dell’impatto ambientale in termini assoluti (emissioni di CO2 per kg di carne rapportate a quelle prodotte da un kg di altri ingredienti) e incoraggia un nuovo approccio che pone l’attenzione sulle quantità consigliate nell’ambito di una dieta corretta ed equilibrata.

Una “vexata quaestio” che già, per esempio, nel 2010, aveva visto un contributo del Wwf che andava nella medesimo direzione. L’equipe di scienziati della Cranfield University (Inghilterra) che hanno lavorato per conto del Wwf, dimostravano che a creare più danni, erano i vegetariani. Rinunciare ad una bistecca di manzo o ad un cosciotto di agnello, favorendo a questi fonti proteiche sostitutive come il tofu, avrebbe l’effetto di aumentare il numero delle terre da coltivare, contribuendo spesso alla distruzione delle foreste. La produzione dei surrogati della carne consumati dai vegetariani, inoltre, richiede un impiego “altamente intensivo” d’energia. È vero che gli allevamenti intensivi contribuiscono all’incremento dei gas serra nocivi ma, secondo gli esperti, i danni per l’ambiente sarebbero comunque inferiori rispetto a quelli creati indirettamente dai vegetariani. Ed ancora, sulle pagine del “Washington Post” del 10 marzo 2014, era si proposto il fatto che la dieta vegetariana è più attenta al pianeta rispetto a quella carnivora: se nutriamo gli animali con le piante e poi mangiamo gli animali, utilizziamo più risorse e produciamo più gas serra rispetto al consumo diretto delle piante.
Ma come la maggior parte delle argomentazioni a proposito delle nostre scorte alimentari, però, non è così semplice. Fermo restando che la carne bovina è sempre più costosa in termini climatici, il maiale o il pollo possono essere una scelta migliore dei broccoli, caloria per caloria.
“Gran parte dell’attenzione in merito all’impatto della carne sul clima è caduta sul bestiame, con ottime motivazioni. In qualsiasi modo la si veda, il manzo ha il più alto costo ambientale rispetto a quasi tutti i prodotti alimentari ed è da biasimare l’apparato digerente del ruminante. I ruminanti - mucche, pecore, capre, ma anche yak e giraffe - hanno uno stomaco in quattro compartimenti che digerisce le piante per mezzo della fermentazione. Un sottoprodotto della fermentazione è il metano, un gas serra che genera calore fino a venti volte più del carbone. Una produzione annua di metano prodotto da una mucca è di circa 100 kg ed è equivalente alle emissioni generate da una macchina che consumi 235 litri di benzina”.
Ma il metano non è l’unico aspetto deteriore dei ruminanti: c’è anche la fertilità. “Le mucche possono avere un vitello all’anno, il che significa che l’impronta di carbonio di ogni vacca comprende il costo di mantenimento di un adulto per un anno. I maiali, al contrario, possono avere due cucciolate all’anno, con 10 o più maiali per figliata”. Poi c’è la conversione alimentare. “Ci vogliono 6 kg di mangime per fare un chilo di carne di manzo, ma solo 1,5 kg per avere lo stesso di carne di maiale e poco più di mezzo chilo per la stessa quantità di carne di pollo. Considerando il metano, la fertilità e l’alimentazione, è chiaro che i ruminanti fanno più danni rispetto ai loro compagni mono gastrici da cortile”.
Ma se si smettesse di mangiare carne, non sarebbe possibile sostituire 1 kg della stessa, “da 2.280 calorie, con 1 kg di broccoli, da 340 calorie. Dovreste sostituirlo con 6,7 kg di broccoli per avere lo stesso nutrimento. Le calorie sono il grande equalizzatore, e ha senso usarli come base per il calcolo”.

Quando si riordina la tabella degli alimenti tenendo a mente l’impatto climatico e avendo come base le calorie, il paesaggio appare diverso. “I ruminanti sono ancora in cima alla classifica dei meno convenienti - spiegava il “Washington Post” - ma i monogastrici sembrano andare molto meglio. Le coltivazioni a basso contenuto calorico, come i broccoli, non ne hanno giovamento. Sebbene il manzo vada male e i fagioli vadano bene, maiale e pollame sono alla pari con le verdure. Ciò significa che una dieta “carne-e-foglie” è la scelta peggiore da fare dal punto di vista ambientale”.
Ma se, ad esempio, “i cervi e le oche canadesi fanno danni nelle zone dove sono troppi; i cinghiali seminano distruzione nel loro percorso ovunque vadano. Mangiate uno di quelli, e farete un favore al pianeta”. A favore della carne, sosteneva il giornale americano, vanno considerate, per esempio, “le capacità di un animale di contribuire in modo costruttivo alla produttività di una fattoria (i polli aiutano con il controllo dei parassiti), la possibilità di trasformare i rifiuti alimentari - come le “trebbie”, il siero di latte, e i prodotti lattiero-caseari scaduti - in proteine di alta qualità, e la capacità di utilizzare praterie, inadeguate per la coltivazione, per la produzione di alimenti per l’uomo (ad esempio con le mucche o le capre al pascolo)”.
Impatto ambientale a parte, “i broccoli sono battuti dal maiale, e alla grande”. Anche se l’impatto sul clima è la priorità assoluta, è importante guardare “i dati alimentari nel contesto di altri fattori dello stile di vita. Mangiare fagioli è sicuramente meglio che mangiare carne di manzo. Guidare una Prius (auto ibrida ad energia elettrica) è meglio che guidare un Hummer (enorme Suv dai consumi spropositati). Ma una decisione distrugge ogni altra argomentazione - come ordine di grandezza - e sarebbe il numero di figli che ognuno sceglie di avere. Nessuna quantità di fagioli o di Prius compenserà la riproduzione, e sono coloro senza figli, ad avere maggiori probabilità di salvare il pianeta. Il che non significa che dovremmo ignorare i vantaggi di fagioli e delle Prius - o che dovremmo non avere figli: significa semplicemente riconoscere come la sopravvivenza umana necessiti un tributo climatico. Il nostro dovere non è di ridurre al minimo le emissioni di carbonio a discapito di tutte le altre considerazioni, ma tentare di essere prudenti tenendo in considerazione tutti i fattori in movimento”.

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