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IL 17 GENNAIO ALLEVATORI IN PIAZZA SAN PIETRO PER LA FESTA DI SANT’ANTONIO ABATE

La Festa di Sant’Antonio Abate è anche un modo di rendere omaggio ai veri protagonisti della zootecnia nazionale: allevatori, tecnici, operatori ai più diversi livelli, che rappresentano un importante patrimonio di competenza e professionalità. Anche per questo il presidente dell’Aia, Nino Andena, invita i cittadini romani ad unirsi alla festa degli allevatori portando i propri “amici a quattro zampe”, animali domestici da compagnia e d’affezione, a benedire nella Piazza Pio XII di fronte al colonnato della Basilica.

Nato nel villaggio di Coma, nel cuore dell’Egitto, intorno al 250 d.C., Sant’Antonio Abate è morto ultracentenario nel deserto della Tebaide il 17 gennaio del 356, nel suo eremo sul monte Qolzoum. Seppellito in un luogo segreto, soltanto nel 561 fu scoperto il suo sepolcro e le reliquie cominciarono un lungo viaggio, da Alessandria d’Egitto a Costantinopoli, fino in Francia, dove, tra il IX e il X secolo, a Motte - Saint-Didier, fu costruita una chiesa in suo onore e dove sorse l’ordine degli Ospitalieri, detti appunto “Antoniani”; ordine poi approvato nel 1095 da Papa Urbano II e che avrà proprio il compito di prestare aiuto ed assistenza ai malati di “fuoco sacro”. Attualmente è sepolto nella chiesa di Saint Julien, ad Arles (Francia). Antonio Abate, cresciuto in una famiglia cristiana di agricoltori, dopo la morte dei genitori, tra i 18 ed i 20 anni, si ritirò nel deserto della Tebaide (Alto Egitto) a lavorare e pregare, in un’antica tomba scavata nella roccia, rispondendo con digiuni e penitenze ad ogni genere di tentazioni del demonio.

E’ l’ispiratore del motto “Ora et labora”, poi adottato dai Benedettini. Nell’iconografia della Chiesa il Santo è quasi sempre effigiato con a fianco il maialino. Per questo nella religiosità popolare il maiale cominciò ad essere associato al grande eremita egiziano, considerato il santo patrono di questa specie e, per estensione, di tutti gli animali domestici e della stalla. Così il patrono degli animali preserva maiali, buoi, cavalli, galline, conigli e tutte le altre bestie del podere da ogni epidemia e da ogni disgrazia. Nella sua iconografia compare, oltre al maialino, anche il bastone degli eremiti a forma di T, la “tau” ultima lettera dell’alfabeto ebraico e la campanella, quasi sempre in mano al Santo.

Nel giorno della sua festa liturgica, il 17 gennaio, si benedicono le stalle e si portano a benedire gli animali domestici sui sagrati delle chiese. E’ anche patrono di quanti lavorano con il fuoco, come i pompieri, perchè guariva da quel fuoco metaforico che era l’herpes zoster, nota appunto come “Fuoco di S. Antonio” o “fuoco sacro”. Per millenni, ed ancora oggi, si usa in molti Paesi accendere nella ricorrenza i “falò di Sant’Antonio”, che avevano una funzione purificatrice e fecondatrice, come tutti i fuochi che segnano il passaggio dall’inverno alla primavera.

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