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IL PREZZO DELLA CRISI

Il 2020 della pandemia ha fatto sparire 243.000 posti di lavoro tra bar, ristoranti e discoteche

I dati Inps, analizzati da Fipe/Confcommercio: a pagare di più sono stati cuochi, camerieri e barman, soprattutto tra gli under 40
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Il 2020 della pandemia ha fatto sparire 243.000 posti di lavoro tra bar e ristoranti

Le enormi perdite economiche della ristorazione (34 miliardi di euro su 86 di fatturato 2019), come ovvio e atteso, si sono trasformate in un tracollo dei posti di lavoro. Per bar, ristoranti, discoteche e imprese di catering e banqueting i numeri sono impietosi, e parlano di -243.000 occupati sul 2019, quando nel settore si sfiorava 1 milione di lavoratori. A “sparire” sono stati principalmente cuochi, camerieri, barman e tra questi anche poco meno di 20.000 apprendisti. Proprio i giovani pagano il conto più salato di questa crisi: 7 su 10 di coloro che hanno perso il lavoro hanno meno di 40 anni. A dirlo l’Ufficio Studi di Fipe-Confcommercio, la Federazione Italiana dei Pubblici Esercizi, che ha raccolto ed elaborato i dati Inps relativi ai livelli occupazionali del 2020.

In termini assoluti la contrazione maggiore ha interessato ristoranti (-25,2%) e bar (-26,2%) mentre in termini relativi il settore più penalizzato è quello delle discoteche con una flessione dell’occupazione dipendente di 3.000 unità, pari al 57,4%. Il blocco dei licenziamenti ha scaricato gli effetti della crisi sul lavoro a tempo determinato e stagionale: 166.000, il 54,9%, erano infatti lavoratori assunti con contratto a tempo determinato, mentre il 40,7% erano contratti stagionali. Non si trattava di “lavoretti” perché in 6 casi su 10 l’orario di lavoro era a tempo pieno.

A pagare il dazio più alto son state le regioni del Centro Italia, Toscana e Lazio in testa, dove gli occupati sono scesi del 27,6%, seguite a ruota dalle regioni del Nord Ovest, dove il crollo si è fermato mediamente al 25,8%. “Le nostre peggiori previsioni si sono avverate - sottolinea la Fipe/Confcommercio - le imprese sono ormai allo stremo, senza più l’ossigeno necessario per respirare. Il mondo della ristorazione nel 2020 è dovuto stare chiuso forzatamente per 160 giorni, mentre ai locali da ballo e alle imprese di catering è andata persino peggio. Ogni volta che si intravedeva uno spiraglio di ripresa, ecco arrivare nuove chiusure. In questo modo si è smesso di investire sul futuro e infatti tra i più penalizzati ci sono stati i giovani e i giovanissimi. La speranza è che si possa invertire il trend una volta per tutte e che questo sia davvero l’ultimo sforzo. Ma occorre programmare la ripartenza sin da subito”.

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