“In Italia possono nascere distretti del vino, ma in numero davvero limitato. Non ne vedo altri oltre alle Langhe, Chianti, Valpolicella, Collio, Franciacorta, Verdicchio ... Forse, la Maremma e Montalcino (anche se il territorio del Brunello è troppo piccolo, per essere considerato tale)”. Davide Paolini, l’esperto giornalista già ribattezzato “gastronauta” o “food trotter”, non condivide molto le stime del Censis (che parla di 59 distretti enoturistici) e non ha dubbi anche sul fatto che in Italia “ci siano più distretti del cibo che del vino” e che “in questi territori, potrebbe essere più funzionale il distretto, rispetto alla spezzettamento in tante strade del vino o in percorsi vari …”. “E poi - ricorda Davide Paolini - non è sufficiente, comunque, un vino noto, riconosciuto, importante per formare un distretto: la dimensione, l'omogeneità, la manodopera, l'imprenditorialità sono altrettanto importanti. L’Italia, insomma, ha più distretti del cibo che del vino”. Dello stesso avviso, sembra essere la professoressa Madga Antonioli Corigliano (Università Bocconi di Milano - Economia del Turismo), l’“ideologa” del turismo del vino in Italia, che di recente ha spiegato che “purtroppo, oggi, in Italia, si assiste a una proliferazione di “strade del vino”, la cui nascita, fondata peraltro anche sulle indicazioni contenute nella legge nazionale 268/99, rileva l’esistenza di un approccio che difficilmente può essere classificato come imprenditoriale”. Ed a questo proposito, la Madga Antonioli è molto chiara: “è il caso di sottolineare che una “strada del vino” non è un banale percorso tracciato su una carta geografica, ma agisce quale network formalizzato di operatori. L’esistenza di ben 68 (dato ufficiale) “strade enogastronomiche” spuntate come funghi in Italia negli ultimi anni, fanno pensare ad un “assalto alla diligenza” dove chiunque sia l’assalitore, ci va di mezzo il malcapitato passeggero. Si dimentica spesso che la loro probabilità di successo, come offerta turistica, è strettamente dipendente dal livello dei propri standard di qualità (oggi allo studio da parte del Movimento del Turismo del Vino, ndr)”. Una situazione, quella della proliferazione delle “strade del vino”, che certo non va nella direzione voluta dal mercato: “in Italia, le "strade del vino" - commenta il presidente del Movimento Turismo del Vino, Ornella Venica - ce ne sono ormai troppe, perchè sono nate in modo disordinato. E questo perchè la legge nazionale ha il grosso difetto di non pianificare gli interventi dei diversi interlocutori pubblici e privati. Anche per questo c’è la necessità di creare un tavolo permanente di lavoro tra il Movimento, le Città del Vino e le enoteche pubbliche”.
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