La Federazione italiana dei pubblici esercizi - Fipe è sul piede di guerra. La norma relativa alla ristorazione del codice-riforma varato dal Ministro del Turismo, Michela Brambilla, proprio non va giù ai pubblici esercenti. Consentire a tutte le strutture ricettive di estendere la propria attività a quella di somministrazione di alimenti e bevande per le persone non alloggiate nelle stesse strutture produrrà, secondo la Fipe, conseguenza disastrose.
“Intanto, nonostante la ristorazione svolga un ruolo cruciale per il turismo italiano, non c’è stato alcun riconoscimento di questo status da parte della Brambilla, nonostante le nostre continue richieste” - esordisce Edi Sommariva, segretario generale della Fipe. “Ciò che ha fatto è stato riconoscere implicitamente questo ruolo alle imprese turistiche, quindi addirittura permettendo lo svolgimento dell’attività ristorativa, liberamente, da alberghi, pensioni, campeggi, villaggi turistici, bed & breakfast, residence. Non acquisendo e rispettando le regole del ristorante o del bar, ma avendo un diritto di status per il fatto stesso che sono affittacamere - prosegue Sommariva. Quindi senza alcun requisito di onorabilità né di professionalità”.
Chi vuole, quindi, avendo una qualsiasi delle licenze elencate dal segretario generale Fipe, può entrare nel mercato della somministrazione, in diretta concorrenza con i 250.000 esercizi esistenti, figli di professionalità, trafile burocratiche, mutui.
“Cosa succede allora? Che se aumenta dismisura la possibilità per gli impreparati di entrare nel mercato, rischiamo di perdere il piacere di curare la qualità della nostra ristorazione. Se nel marasma generale l’offerta si dequalifica, specie in tempi di crisi economica, la reazione non sarà di una maggiore qualificazione, semmai di una deriva” spiega Sommariva, che prosegue “inoltre, nell’approvare un Codice del Turismo che non piace alle regioni, si uccide la ristorazione. Specie perché non verranno richieste le specifiche che troviamo in una normale licenza di ristorazione, ma la norma dice che è insito nel fatto stesso di esercitare l’attività di affittacamere, il diritto a fare il ristoratore”.
La Fipe si riserva, a questo punto di attivare forme di protesta più idonee sui territori, coinvolgendo le 260.000 imprese di pubblico esercizio, ma la tensione tra Ministero ed esercenti si preannuncia fortissima.
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