Se il Friuli Venezia Giulia del vino è tra le Regioni che i consumatori mettono tra le primissime se si parla di vini bianchi fermi di qualità, il Collio, terra di confine con la Slovenia, mezzaluna che si sviluppa da Dolegna del Collio a San Floriano del Collio, è considerato il territorio più vocato per la tipologia (insieme al Soave, in Veneto). Con i vini bianchi del Collio (1.300 ettari di vigneti, spesso “giardini di casa” di tanti piccoli produttori, di cui l’88% coltivate con varietà a bacca bianca), che sono conosciuti praticamente da tutti, mentre meno conosciuto, o meglio, meno visitato, ancora, è il territorio stesso, cosa che spiega bene quante siano le potenzialità di crescita di questa “enclave bianchista” del vino italiano, ricca di storia, bellezza e perle gastronomiche da scoprire, lavorando di più su promozione e comunicazione. Messaggi che emergono dalla ricerca “Collio Experience” by Nomisma Wine Monitor per il Consorzio di tutela dei Vini del Collio, presentata oggi, per “Collio Evolution” a Cormons (di scena anche il 26 e 27 ottobre), il primo evento istituzionale della denominazione (con il vicedirettore del “Corriere della Sera”, Luciano Ferraro, e Denis Pantini, a capo Nomisma Wine Monitor), in un evento voluto dal Consorzio, guidato dal presidente Luca Raccaro e dalla direttrice Lavinia Zamaro (e che mette insieme 288 aziende), e che, per l’edizione n. 1, ha per protagonista il Friulano, vino identitario per eccellenza, interpretato da oltre 50 aziende attraverso un ampio ventaglio di annate, a testimoniare l’evoluzione di un territorio unico per storia e vocazione.
Dalla ricerca, che ha sondato le opinioni di 1.500, in particolare, emerge che, in termini di posizionamento, il Friuli-Venezia Giulia emerge tra le principali regioni italiane per la produzione di vini bianchi di qualità: lo pensa il 13% dei consumatori abituali di vino bianco, con la Regione preceduta solo dall’Alto Adige (15%). Seguono, nell’ordine, al terzo posto la Sicilia (11%), il Trentino (10%) e il Veneto (9%). Ma tra i territori collinari vocati alla produzione di vini bianchi di qualità, il Collio figura al primo posto assieme al Soave, roccaforte bianchista del Veneto (con il 13,4% di prime risposte), seguiti dalle Colline di San Gimignano, terra della Vernaccia, in Toscana, e dalle zone di Terlano, Appiano e Termeno, in Alto Adige. Quasi tutti i consumatori italiani di vino bianco dichiarano, poi di conoscere (o aver sentito parlare di) almeno uno dei vini prodotti nel Collio, ma “solo” il 53% è anche consapevole della provenienza effettiva di questi vini dal Collio. Se poi si considera chi li ha consumati nell’ultimo anno, emerge una particolare differenza tra il totale degli intervistati e la quota dei cosiddetti “consumatori consapevoli” (vale a dire coloro che conoscono i vini e sanno che sono prodotti nel Collio). In particolare, tale gap è più alto per vini ottenuti a partire da vitigni autoctoni (Ribolla Gialla, Friulano) rispetto a quelli prodotti da vitigni internazionali (Pinot Bianco, Pinot Grigio, Sauvignon), evidenziando come la conoscenza del territorio può rappresentare una leva per accrescere la consumer base dei vini del Collio. Per chi beve vini del Collio, il consumo fuori-casa (ristorante, wine bar) prevale rispetto al consumo domestico, mentre l’equilibrio tra corpo e freschezza e la complessità aromatica rappresentano i due principali punti di forza che fanno maggiormente apprezzare i vini del Collio (lo pensa un consumatore su due).
A bere consapevolmente i vini del Collio (ovvero i “real user”, colore che al tempo stesso li conoscono, sono consapevoli della corretta provenienza territoriare e considerano il territorio tra quelle più vocati alla produzione di vini bianchi di alta qualità), sono prevalentemente persone con reddito medio-alto, istruzione elevata, esperto di vini e appassionato di enoturismo. Dall’indagine, illustrata da Denis Pantini, ancora, emerge che tra chi non consuma i vini del Collio, il 46% lo fa perchè non li conosce, il 24% perchè non li trova nei ristoranti e nei negozi che frequenta, ma 9 “non consumatori” su 10 li proverebbe volentieri. Ma una grande risorsa, per il territorio, può essere anche l’enoturismo, un fenomeno in forte crescita e che, è emerso dall’indagine Nomisma, nell’ultimo anno ha interessato un consumatore italiano di vino su due, con percentuali più elevate nel caso dei consumatori con elevato livello di istruzione (68% di enoturisti in questa “categoria”), con reddito medio-alto (66%), wine expert (63%) e millennials (63%). Di questi, il 13% ha dichiarato di aver visitato il Collio, ma soprattutto che sarebbe interessato a tornarci. In particolare, la probabilità di una vacanza o di una visita futura da enoturista nel Collio risulta alta tra chi già consuma vini del Collio (43%), ma è elevata anche sul totale degli enoturisti (40%). E questa alta probabilità deriva anche da un elevato grado di soddisfazione espresso da chi è stato in questo territorio e che ha valutato positivamente l’esperienza sia nel complesso che rispetto a singoli aspetti che hanno contribuito a renderla tale come la bellezza del paesaggio (valutata positivamente dal 94% degli enoturisti), la qualità dei vini (90%), l’organizzazione del sistema ricettivo e del personale dedicato in azienda (83%).
Alla luce di tutto questo, conclude la ricerca “Collio Experience” by Nomisma Wine Monitor per il Consorzio di tutela dei Vini del Collio, per far crescere ancora il territorio, “la leva della comunicazione diventa importante e, secondo le preferenze espresse dai consumatori italiani, le modalità più indicate riguardano le degustazioni nei ristoranti (preferite dal 21% dei rispondenti), l’organizzazione di eventi dedicati (17%) e l’enoturismo (13%). Social e consigli di influencer rappresentano invece modalità che, se complessivamente vengono indicate dal 13% dei consumatori italiani, ma nel caso dei consumatori più giovani (fino a 29 anni), la percentuale sale fino al 18%”.
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