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Il Commissario Ue Phil Hogan presenta il primo studio della Commissione Europea sulle ricadute che avranno gli accordi commerciali tra Ue e mercati terzi sul settore agroalimentare. Conclusioni positive, ma dall’analisi restano fuori vino e olio

Il futuro del commercio europeo passa per gli accordi con i mercati terzi, a partire dagli Usa, passando per il Canada e la Cina. Ma l’intesa non è affatto facile, le trattative per il Ceta, ossia l’accordo economico e commerciale tra Ue e Canada, è stato tenuto in sospeso per giorni dal voto popolare espresso dalla Vallonia, mentre il ben più famoso Ttip, che già ha percorso una strada a dir poco accidentata, dopo l’elezione di Donald Trump alla presidenza Usa, potrebbe venire definitivamente affossato. Il mondo agricolo ed alimentare, anche in Italia, è stato a guardare l’evoluzione delle trattative, cercando, senza grande successo, di capirne i punti di forza e di debolezza. Già, perché comprendere la portata di una simile rivoluzione non è facile, e se da una parte il Ministro delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali, Maurizio Martina, ancora crede alla possibilità di un accordo con gli Usa, una prima analisi sulle ricadute in campo agricolo arriva dalla Commissione Europea, che ha analizzato gli effetti ipotetici sul settore di ben 12 accordi commerciali in ballo tra Unione Europea ed altri mercati.

Non è uno studio completo, né vincolante, come si è affrettato a spiegare ieri il Commissario Europeo Phil Hogan ai Ministri dell’Agricoltura dei Paesi europei, ma è il primo del genere, per quanto limitato. Prende in considerazione solo una parte della produzione agroalimentare Ue, che rappresenta appena il 30% dell’export del Continente, lasciando fuori prodotti di importanza fondamentale, specie per il bacino del Mediterraneo, come il vino, l’olio d’oliva e, in generale, tutti i prodotti trasformati. Un altro limite evidente è che lo studio della Commissione Europea ha analizzato solo gli effetti della liberalizzazione delle tariffe, senza tenere in conto i costi delle misure sanitarie, né i probabili effetti sui prezzi, che difficilmente cresceranno, o le ricadute sul costo del lavoro. Insomma, un’analisi che fa acqua da tutte le parti, ma che non vincolerà l’azione della Commissione. “Le conclusioni dello studio sull’impatto degli accordi commerciali tra Ue ed altri mercati - dice infatti Hogan - non sono una previsione completa su ciò che comporteranno i 12 accordi in ballo, dato che si basano su una serie di presupposti molto specifici, che possono riflettere, in parte o in toto, la posizione della Ue in sede di negoziazione. In ballo, infatti, ci sono la protezione delle indicazioni geografiche e le politiche di sussidio delle filiere più deboli”.

La conclusione, comunque, è tutto sommato positiva, con filiera come quella del latte e della carne suina che potrebbero godere di vantaggi significativi, viste le difficoltà vissute in questi anni. D’altro canto, lo studio mostra l’esistenza di punti deboli, come la carne bovina e il riso, sia da un punto di vista commerciale che di costi di produzione, anche se i risultati confermano che l’approccio tenuto fin qui dall’Europa, di limitare la liberalizzazione delle importazioni di prodotti agricoli sensibili in tutte le negoziazioni commerciali, è quella giusta. Nel caso dell’accordo raggiunto, faticosamente, con il Canada, ad esempio, la Ue eliminerà il 92,2% delle imposte agricole all’entrata in vigore, per arrivare al 93,8% nei prossimi sette anni. La quota di carne bovina dell’accordo, così, riguarda 45.838 tonnellate di prodotto nei prossimi cinque anni, che corrisponde approssimativamente allo 0,6% del consumo totale della Ue.

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