Cena in famiglia, film alla tv e a letto presto non è proprio il programma preferito dagli italiani, che a casa non ci sanno stare, né di giorno, né di sera, per questo nel 2011 il food & beverage fuori dalle mura domestiche ha fatto registrare un giro d’affari di 5,5 miliardi di euro, divisi tra i 3,15 miliardi di euro del settore food (pari al 56,3% del totale) ed i 2,35 del beverage (43,7%). Emerge dal “Forum Consumi Fuori Casa”, organizzato da Fiera Milano Media, con testimonial come Oscar Giannino e Paolo De Castro, presidente della Commissione Agricoltura del Parlamento Europeo.
Un consumo che, in gran parte, avviene durante il giorno dove bar e tavole calde, tra colazioni e coffee break di metà mattinata e pause pranzo, fanno la parte del leone, assorbendo il 69,3% dei consumi diurni, mentre la ristorazione commerciale contribuisce per il 30,7%, che sale al 52,7% nel caso del food. Ma quando cala la sera, l’Italia assomiglia più all’Inghilterra o alla Germania che alla vicina Francia: il 36%, infatti, sceglie la birra, la bevanda più amata, mentre il vino raccoglie solo il 16% delle preferenze. Sarà perché nelle città i pub spuntano come funghi, mentre i wine bar, che pur si stanno diffondendo, non sono ancora così presenti come, per esempio, i “bars à vins” francesi.
Ma c’è un aspetto, tanto che si parli di food o di beverage, che incide particolarmente: “il consumatore appare sempre più orientato verso scelte che siano caratterizzate e caratterizzanti. Sceglie i prodotti da consumare - spiega il sociologo Aldo Bonomi - sulla base di esigenze e possibilità specifiche, ed ecco che ottengono successo quelli di alta gamma, scelti da chi può o da chi magari decide di selezionare e concedersi pochi, ma buoni, momenti di piacere. Ma incontrano, per ovvi motivi, il gradimento del pubblico anche prodotti a basso costo. A soffrire restano quindi quei prodotti che definiremmo di “fascia media” e, cioè, poco caratterizzati, e chi fa il mercato non può non tenerne conto”.
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