Con i suoi oltre 33 ettari di storia, arte e natura, il Giardino di Boboli a Firenze, rappresenta non solo il giardino storico più importante d’Europa, tra i più fulgidi esempi di giardino formale al mondo, ispirazione per i più grandi giardini principeschi di tutto il Vecchio Continente, e uno dei più spettacolari esempi di museo a cielo aperto popolato di statue ed ornato di grotte e imponenti fontane di grandi artisti, ma anche il centro agricolo della corte dei Medici. Voluto nel Cinquecento da Eleonora di Toledo, moglie di Cosimo I de’ Medici, la sua storia è raccontata in “Eleonora di Toledo and the creation of Boboli Gardens”, muovo volume a 500 anni dalla nascita della Duchessa di Firenze, oggi nota soprattutto per il ritratto dell’artista di corte Agnolo Bronzino esposto agli Uffizi, nel quale Bruce Edelstein, storico dell’arte e professore alla New York University Florence, mette per la prima volta in luce le intuizioni della più importante collaboratrice del marito, esempio di leadership femminile, nell’amministrazione grande polmone verde nel cuore della “culla del Rinascimento”. Modellato infatti per rispondere alle esigenze dell’“illuminata” Duchessa fiorentina, che desiderava godere dei piaceri della vita agreste mentre affiancava il marito nelle questioni di Stato, il giardino divenne ben presto una vera e propria campagna all’interno delle mura di Firenze, all’insegna del cibo sano, dell’aria pulita e dell’esercizio fisico.
Fu proprio Eleonora di Toledo, come racconta Bruce Edelstein nel suo libro (Edizioni Sillabe, pp. 240, in lingua inglese, prezzo di copertina 35 euro), la vera protagonista dell’acquisto e della gestione del Giardino di Boboli nel 1550 e della sua trasformazione in uno dei più bei parchi del mondo. Ma la sua acquisizione è da considerarsi anche i culmine di un sempre maggiore interesse da parte di Eleonora di Toledo nei confronti della vita rurale: tra le sue prime operazioni ci fu infatti l’aggiunta di un giardino pensile sul tetto dell’ex Palazzo della Signoria, una serie di “orticini” con lo scopo di ampliare l’offerta di cibi disponibili per la tavola ducale. “Nel libro di Edelstein emerge come con lo stesso spirito imprenditoriale essa riuscì a fare di Boboli non solo un luogo di delizie, ma anche un piccolo centro agricolo con aree dedicate all’orticoltura e ad altre coltivazioni, per il fabbisogno della corte”, ha detto il direttore delle Gallerie degli Uffizi Eike Schmidt, che ha illustrato anche “Boboli 2030”, il maxi progetto da oltre 50 milioni di euro che nei prossimi anni lo renderà ancora più bello, accessibile - anche per una sosta nella storica Kaffeehaus, la caffetteria granducale, tra affreschi settecenteschi e una terrazza panoramica affacciata sul panorama mozzafiato di Firenze, che riaprirà dopo i restauri, aspettando la nascita di caffetterie anche nel Prato dei Castagni e nella Palazzina di Annalena - e, soprattutto, sostenibile sotto il profilo ambientale. A distanza di 500 anni, ha aggiunto, “il riscaldamento climatico impone al giardino storico più importante dell’Europa sofferenza e difficoltà, che richiedono risposte celeri e forti per proteggere il nostro patrimonio nel presente e per le generazioni future. Questa sfida straordinaria offre anche l’opportunità di sfruttare metodi mai utilizzati prima, potendoci avvantaggiare delle tecnologie ecosostenibili sviluppate solo in anni recenti”. Ma già grazie alle intuizioni di Eleonora di Toledo, Boboli si distinse dai precedenti tentativi “green” della città fiorentina, anticipando le moderne tendenze e riforme ecologiche.
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