La vivacità e i tassi di crescita del mercato del vino, italiano e non, di qualche anno fa, sono una chimera. Ma oggi, nonostante tante difficoltà contingenti, come quelle economiche, o strutturali, come il cambio del modello di consumi, con una diminuzione legata anche alla crescita del salutismo, le cose sembrano pian piano migliorare mentre il 2024 si sviluppa. Lo dice, tra le altre, la semestrale di Masi Agricola, società quotata nell’Euronext Growth Milan e tra i leader italiani nella produzione di vini premium, Amarone della Valpolicella in testa, il cui Cda ha approvato i risultati consolidati del primo semestre 2024 che mostrano ricavi per 30,2 milioni di euro (a -8,8% sulla prima metà 2023, ma anche a +1,5% rispetto alla prima metà 2019 pre-Covid), e una buona apertura degli ordini del secondo semestre. Anche grazie ad un secondo semestre in netto recupero, a -1,2%, migliorando di 7 punti il dato progressivo al 30 giugno dopo un primo trimestre a -15,7% sul 2023.
Secondo Sandro Boscaini, presidente Masi Agricola, dunque, quello trascorso è “un primo semestre 2024 in cui abbiamo visto attenuarsi, quantomeno nella seconda parte, l’effetto-destock che ha fortemente penalizzato i ricavi sia nostri che di tutto il settore vinicolo fin dall’anno scorso. Permane però un generalizzato rallentamento dei consumi di vini premium un po’ in tutti i mercati. Per quanto ci riguarda abbiamo investito ancora nell’innovazione di prodotto, arricchendo il portfolio anche quest’anno, con un focus particolare sugli spumanti e sui rosé”.
Secondo l’analisi di Masi Agricola, nei mercati serviti, ovvero 140 Paesi del mondo (con una quota export sul fatturato del 68%, ndr), la riduzione generalizzata dei consumi “sembra derivare principalmente dalla riduzione della capacità di spesa dei consumatori, a seguito dell’impatto dell’inflazione sui redditi reali”. E ancora, “i vini di fascia premium e ultrapremium risultano maggiormente penalizzati di quanto non siano quelli nel segmento entry level”. Elementi che se da un lato preoccupano, ovviamente, dall’altro fanno sperare che quando l’economia tornerà a crescere, come sempre successo ciclicamente dopo periodi di calo, anche i consumi di vino possano tornare a farlo.
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