Già 2.000 anni fa, gli antichi Romani si erano posti il problema di come tenere sotto controllo la qualità del vino. Intimoriti dalla capacità inebriante della bevanda, i Romani prestavano particolare attenzione alle adulterazioni, e individuarono nel legno di edera il modo per scoprire il vino annacquato: la pianta ha la straordinaria capacità di assorbire il vino in purezza ma non l’acqua, riuscendo anche a “riconoscere” quella aggiunta da quella naturalmente contenuta nel vino. Presso i Greci e i romani l’edera era infatti ritenuta in grado di “assorbire i fumi dell’alcol”, dal momento che i recipienti fatti con questa pianta, assorbendo il vino, lasciavano l’acqua sul fondo. Per questa ragione Bacco, Dio del vino e dell’ebbrezza, veniva sempre raffigurato con la testa cinta da una corona d’edera. La validità del metodo è stata messa alla prova dal Laboratorio di Ricerche applicate della Soprintendenza di Pompei (raccontato dal “National Geographic”, in edicola ad ottobre), i cui esperimenti ne dimostrano il perfetto funzionamento, a riprova della grande esperienza pratica del mondo naturale posseduta dagli antichi.
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