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IL PROFESSOR MARIO FREGONI (DOCENTE DI VITICOLTURA UNIVERSITA’ DI PIACENZA) CONFERMA LA SUA TESI: "LA RICERCA GENETICA PER SALVARE LA VITE"

Il professor Mario Fregoni, docente di viticoltura all’Università di Piacenza ed uno dei massimi studiosi in materia, conferma, anche sull’ultimo numero de “Il Corriere Vinicolo”, con un lungo articolo, l’importanza della ricerca genetica per salvare la vite. Fregoni spiega che “il voto del Parlamento dell’Unione Europea sulla proposta di direttiva del Consiglio, relativa alla “commercializzazione del materiale di moltiplicazione vegetativa della vite”, ha suscitato sulla stampa italiana molto rumore ed una informazione non sempre tecnicamente corretta, con equivoci iniziati fin dal titolo della direttiva”. Fregoni, in questo interessante contributo scientifico, spiega che “è contraddittorio ammettere le ricerche genetiche per salvare l’uomo e impedire quelle per salvare la vite (spesso si tratta proprio di mortalità diffuse e di danni ingenti causati dai parassiti). E’ inutile e dannoso arrestare il progresso scientifico, perché l’uomo cercherà sempre il meglio, soprattutto dal lato qualitativo ed economico. Ciò non significa libertà assoluta ma vigilata, al fine di evitare errori e dirigere il progresso verso le mete desiderate. Gli Ogm vanno, inoltre, valutati caso per caso e non condannati in gruppo. La vite è, comunque, un caso a se stante e non può essere paragonata alle piante erbacee che si riproducono per seme”.


Riportiamo, inoltre, qui di seguito parte dell’articolo del professor Mario Fregoni dal titolo “La ricerca genetica per salvare la vite”:


… I Paesi più avanzati nelle ricerche sulle modificazioni genetiche con il transfer di geni sono gli Usa, l'Australia e Israele, nonché alcuni Paesi europei, che è meglio lasciare lavorare in pace. Per quanto attiene i tempi, si ritiene che nel giro di pochi anni potremo disporre di portinnesti transgenici resistenti ai virus, ma anche di uve da tavola di Ogm, mentre il traguardo per le uve da vino transgeniche è ancora lontano. Circa i rischi che si corrono con gli Ogm di vite si è già discusso parlando dei portinnesti, mentre per quanto attiene le varietà da vino ci soffermiamo ancora brevemente. Si sostiene che le viti transgeniche elimineranno le nostre varietà autoctone e tradizionali (per le quali non si spende gran che per salvarle). Al contrario facciamo presente l'obiettivo opposto e cioè che è proprio inserendo geni di resistenza e di qualità che si potranno conservare le nostre vecchie varietà di Vitis vinifera, complessivamente deboli e incapaci di reagire ai parassiti, dopo millenni di coltivazione e di propagazione agamica, cioè non attraverso il seme, che preserva dai virus e fornisce piante più resistenti, ma geneticamente diverse dalla pianta madre, perché il vinacciolo è provvisto di caratteri mescolati (padre e madre). La vite è una pianta altamente eterozigote, perché derivante da molti inserimenti di geni esterni di varietà geneticamente differenti.

Un'altra obiezione riguarda la qualità del vino: si ha paura dell'inquinamento della tipicità dei vini Doc, che sono il 20% della produzione e per i quali esiste una legge che prevede un controllo di 5 anni produttivi prima di usare una nuova varietà nella produzione delle denominazioni di origine. Inoltre, per fortuna, sono i produttori a decidere la coltivazione di una varietà ed è evidente che se il vino è peggiore non la coltivano. Così è avvenuto per i vecchi ibridi produttori diretti. Per quanto attiene i vini da tavola (80% della produzione) la tipicità è più blanda per le Igt e nulla per i vini da tavola correnti. Si può quindi immaginare di iniziare la coltivazione degli Ogm (una volta seriamente controllati), prima per i vini da tavola anonimi e per le uve da tavola, poi per le Igt, indi per le Doc e Docg. Ci domandiamo, tuttavia, come mai non ci si preoccupa del radicale cambiamento che sta avvenendo a livello di Doc con l'introduzione dei vitigni internazionali. Ormai molti vini sono cabernettizzati, merlottizzati, syrizzati, chardonizzati, sauvignonizzati ... Questo scandalo sta veramente annullando la tipicità delle nostre produzioni, omogeneizzando la produzione, assimilandola a quella dei vini dell'emisfero sud e degli Usa. Eppure nessuno prende posizione.

Un altro rischio che viene paventato è quello dell'immissione nell'atmosfera di polline di varietà Ogm che impollinando le altre varietà indurrebbe un'evoluzione genetica contraria alla salvaguardia dei nostri vitigni. Nessuno si chiede come mai, dopo un secolo di coltivazione di viti americane, accanto alle nostre varietà, non sia mai avvenuta un'ibridazione che abbia creato una varietà nuova. Finora gli ibridi ottenuti sono stati tutti programmati dai genetisti. Fatto è che per la vite non si usa il seme (se non per scopi genetici), ma il legno (per le talee e per gli innesti), il quale legno (o tessuto verde) non viene minimamente influenzato dal polline circolante. Per la vite, pertanto, questo rischio genetico di liberazione nell'ambiente di polline Ogm non esiste. Tutto semplice? Assolutamente no, perché non vi sono fondi, i giovani ricercatori sono scoraggiati e se ne vanno all'estero, i programmi sono complessi e assai lunghi …

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